Entro l'80 sarà pronto il piano per eliminare i "fanghi rossi,,

Entro l'80 sarà pronto il piano per eliminare i "fanghi rossi,, Raggiunto l'accordo tra i ministri della Cee Entro l'80 sarà pronto il piano per eliminare i "fanghi rossi,, Bruxelles, 13 dicembre. I ministri della Cee incaricati della protezione dell'ambiente sono giunti ad un accordo di massima sul programma per la graduale eliminazione dell'inquinamento del mare provocato dal biossido di titanio, noto come «fango rosso». Sottoprodotto delle fabbriche di vernici, 11 «fango rosso», da molti anni, è causa di inquinamento specie nel Mediterraneo. E' stato, tra l'altro, all'origine di una vertenza fra la Francia e le autorità italiane per i danni arrecati da alcuni impianti delle coste italiane alla zona di pesca della Corsica. L'intesa raggiunta fra i ministri della Cee prevede che entro il luglio 1980 ogni Paese membro presenti un programma che impedisca gradatamente gli scarichi di «fanghi rossi» nel mare, oppure che elimini tali scorie da alcuni processi produttivi entro un periodo di sette anni. (Ap.) Il faticoso accordo, raggiunto a Bruxelles dai ministri della Cee, su un problema tanto grave come quello degli scarichi dei «fanghi rossi» nel Mediterraneo, presenta indubbi contenuti positivi per quanto riguarda una diversa politica dei Paesi rivieraschi in materia di difesa dell'ambiente marino. Concede inoltre un ampio arco di tempo, tuttavia impone grossi sacrifici alle aziende che nel nostro Paese producono il biossido di titanio, le cui scorie sono appunto denominate «fanghi rossi». Se non interverranno, come sembra che il Parlamento si appresti a fare, misure legislative a difesa della produzione interna, l'Italia infatti corre il rischio — proprio per gli alti costi della lavorazione del titanio — di essere cancellata dal novero dei Paesi che in Europa lo producono. Il problema riguarda, in maniera diretta, l'impianto Montedison di Scarlino. La vicenda è nota. I «fanghi rossi», che mediante due navi cisterna, ormai da anni, vengono scaricati in una zona dell'alto Tirreno, in prossimità della Corsica, da due «bettoline», minacciano la distruzione della flora e della fauna marine. Del progredire del disastro ecologico si fecero interpreti i pescatori corsi, nel processo celebrato a Livorno, due anni fa contro la Montedison e conclusosi con una i condanna della società (poi annullata in sede di appello). Sono venute anche denunce da parte di studiosi, come Cousteau il quale ha affermato che, entro il duemila, il Mediterraneo potrà diventare uno stagno melmoso. Il caso di Scarlino comunque ha risvolti anche economici. Nella fabbrica dei «fanghi rossi» lavorano circa 600 operai, altrettanti sono addetti allo stabilimento abbinato della Solmine (ex Egam), mentre la materia prima, cioè la pirite, viene fornita dal ba- j cino minerario della Maremma con circa tremila addetti. Di questo aspetto della questione (la Montedison di Scarlino ha accumulato in cinque anni qualcosa come 40 miliardi di deficit) si occupa lo stesso ministro per la Ricerca scientifica Mario Pedini, rientrato da Bruxelles. Rilevato appunto che l'accordo riguarda in particolare la Montedison di Scarlino, Pedini ha infatti sottolineato che «l'Italia proteggerà, durante il periodo transitorio, le proprie industrie con misure doganali che saranno tuttavia transitorie, secondo un disegno di legge già presentato dal governo al Senato». «Le industrie del Nord Europa — ha spiegato Pedini — che scaricano in mare senza i costosi impianti di depurazione, che in Italia ed in Francia sono già in corso di messa in opera, si troverebbero infatti avvantaggiate nei costi con danno delle nostre industrie e realizzando una distorsione di mercato incompatibile col trattato». Ciò significa che il nostro Paese, «proteggerà» con una sorta di dazio temporaneo, svila importazione di biossido di titanio, la produzione italiana, anche secondo le proposte avanzate anche dagli ambienti sindacali e dalla Regione Toscana, per la sopravvivenza della fabbrica di Scarlino e quindi per la garanzia di lavoro nel bacino minerario interessato. Adesso tutto dipende da quali saranno i criteri della gradualità nella riduzione degli scarichi nel Mediterraneo, dal momento che la Montedison, appena cinque mesi or sono, nel far presente la pesante situazione che si era creata a Scarlino, anche in conseguenza della «guerra» tra i pescatori corsi e le sue bettoline cariche di «fanghi rossi» (3000 tonnellate al giorno), aveva minacciato di compiere gli scarichi, addirittura, nel bel mezzo dell'Arcipelago Toscano. Omero Marraccim

Persone citate: Cousteau, Mario Pedini, Omero Marraccim, Pedini