Quando morire uccisi è ritenuto "infortunio,, di Giuseppe Alberti

Quando morire uccisi è ritenuto "infortunio,, Quando morire uccisi è ritenuto "infortunio,, Di fronte al dilagare della criminalità, agli omicidi per rapina ed ai delitti di ogni genere, le compagnie di assicurazioni hanno visto aumentare le richieste di polizze sulla vita specialmente da parte di coloro che appartengono alle categorie più esposte (gioiellieri, portavalori, uomini politici). Le normali polizze vita comprendono qualsiasi causa ad esclusione del suicidio, ma anche questa eccezione è limitata ai primi due anni di assicurazione. Quelle «infortunio» invece fanno eccezioni, le risse, le azioni delittuose ad opera dell'assicurato, i tumulti di piazza e simili. La magistratura in più occasioni (ad esempio la Cassazione con riferimento al delitto Fenaroli) ha affermato che anche l'omicidio volontario è un «infortunio» nel censo che si tratta di azione violenta ed estranea alla volontà dell'assicurato. Il fatto eh ; si siano fatte delle esclusioni (come per l'omicidio pc tumulti politici o quello avvenuto mentre l'assicurato compie un reato) dimostra che le azioni delittuose «altrui» sono di regola comprese nella garanzia assicurativa. Quindi i capitali dovuti per una polizza vita devono esser pagati come quelli per «infortunio» (salvo le eccezioni di cui si è detto, ma talune delle quali possono essere eliminate con una speciale clausola). Questa dovrebbe essere la regola, e coloro che firmano le polizze e vedono magari scritto (polizza dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, ente di Stato) che la compagnia pagherà entro 5 giorni, si sentono tranquilli. Nella realtà, purtroppo, le cose non sono sempre cosi. Sintomatico è il caso di una causa pendente davanti al tribunale di Torino, IV sezione civile: la vedova dell'industriale Giuseppe Valente assassinato il 13 giugno scorso a Torino, ha citato in giudizio l'Ina, che contesta la richiesta sostenendo che, essendo ancora pendente un procedimento «contro ignoti» per omicidio volontario, non sono ancora chiare le circo-1 stanze della morte. Pertanto,! fino a chiusura dell'istruttoria penale non è sufficiente la documentazione da cui risulta la morte per «ferita da arma da fuoco trapassante il torace». La somma in questione è di 200 milioni di lire (100 milioni per morte naturale e altrettanti per i casi di infortunio) ed è chiaro l'interesse che ha la compagnia rinviare il pagamento che frutta in banca interessi considerevoli. Nelle sue difese l'istituto assicurativo di Stato, oltre a sostenere che l'omicidio non sarebbe «infortunio» (ma abbiamo già visto le sentenze della magistratura che dicono il contrario) contesta anche la voce morte «naturale» (100 milioni di lire), sottolineando che il segreto istruttorio pendente del procedimento penale contro ignoti renderebbe impossibile pagare anche questa voce. In altre parole, secondo questa tesi, in tutti i casi in cui si apre un procedimento penale (ad esempio in quasi tutti gli incidenti mortali), le compagnie non avrebbero alcun dovere di pagare sino a chiusura dell'istruttoria che di solito si trascina per anni. Fortunatamente la maggioranza delle società non adottano tale sistema e di regola liquidano rapidamente. Giuseppe Alberti Le assicurazioni e le polizze-vita

Persone citate: Fenaroli, Giuseppe Valente

Luoghi citati: Torino