Wanninger: la moglie di Pierri racconta come l'ha conosciuto e la vita insieme di Silvana Mazzocchi
Wanninger: la moglie di Pierri racconta come l'ha conosciuto e la vita insieme Continua il processo a Roma, ieri un'udienza tranquilla Wanninger: la moglie di Pierri racconta come l'ha conosciuto e la vita insieme "Guido non ha mai fatto del male, lo aspetterò" - Ieri è stato ascoltato un interrogatorio dell'imputato avvenuto un anno fa - Il pittore ha avuto un passato disordinato Roma, 13 dicembre. «E' come se una rete lo avesse avvolto, stretto fino ad imprigionarlo senza che lui, puro e gentile, se ne rendesse conto». Nella Pierri, la moglie di Guido, acculato in corte d'assise di aver ucciso a coltellate, il 2 maggio del '63, Christa Wanninger in un ascensore, parla del marito sposato dieci anni fa, lo difende, lo ricorda, lo aspetta. In una parola: dimostra di adorarlo. Guido Pierri aveva trent'anni all'epoca del delitto. Secondo la magistratura, egli scrisse in sei diari la storia di se stesso, autore dell'omicidio Wanninger e potenziale uccisore di altre donne tutte belle, tutte sconosciute. Motivo: la schizofrenia che è la caratteristica principale del personaggio-chiave dei diari che secondo l'accusa equivarrebbero ad una confessione, mentre la difesa insiste nel sostenere che sono solo la traccia di un romanzo, della storia di un uomo daU'«Io-diviso» che per realizzare il suo «superego» uccide. La storia del delitto, le inchieste giudiziarie, le illazioni non hanno risolto il giallo legato alla morte della giovane fotomodella tedesca e rimane tuttora imprevedibile la soluzione di questo processo: colpevolisti e innocentisti si fronteggiano come accadeva molti anni fa nelle aule delle corti d'assise. C'è però da capire, al di là del giudizio, chi è Guido Pierri, chi è stato nella vita quest'uomo accusato di aver ucciso una donna senza averla mai conosciuta. Per tentare di avere una chiave di lettura del personaggio non resta che parlare con le donne importanti della sua esistenza: la madre, le sorelle, la moglie. Cominciamo da quest'ultima. Nella Pierri accetta di venire fuori dell'aula; dentro procede stancamente la lettura di una bobina che riporta un interrogatorio dell'imputato, reso lo scorso anno. E' timida, cerca con gli occhi il cognato Attilio, supertestimone nel processo e «coordinatore» e consigliere dell'intera famiglia. «Ci conosciamo da quando eravamo ragazzi, le nostre famiglie abitavano nello stesso stabile, a Carrara», comincia la signora Nella. Appare di parecchi anni più anziana del marito, parla con frasi brevi, guardinghe. «Da giovani ci vedevamo tutti i giorni e Guido è sempre stato dolce, educato, gentile. Poi andò a Roma e non lo vidi per anni; tornò infine nel '65, mi chiese di cercargli uno studio dove dipingere. Era morta mia madre, io vivevo sola, ci sposammo» . Attilio Pierri aggiunge: «Così lo ricorda anche Silvia, la prima fidanzata di Guido, stellerò insieme due anni». Continua Nella: «Ora Silvia, a Carrara, ha i figli grandi ma anche lei lo stimava». E' l'immagine fugace di un'altra donna comparsa nella vita dell'uomo che ora è accusato di aver nascosto, dietro un'esistenza da impiegato, una vocazione per il delitto. «A Roma c'è stata anche una ragazza egiziana — dice ancora il fratello — una certa Mary». «Si sa, è normale — riprende comprensiva la signora Pierri —, ma Guido è sempre stato buono, da piccolo era sempre così pronto a ubbidire alla madre, io io ricordo. Della Wanninger invece non abbiamo mai parlato — precisa —; quando ci siamo sposati la giustizia lo aveva già messo sotto inchiesta una prima volta e lo aveva prosciolto ed io evitavo di fare domande e lui, da parte sua, non amava forse ricordare. Era un artista, dipingeva, ed era così gentile La sera per esempio, in tanti anni, mai una volta è uscito senza di me. Violenza? Io posso dirlo, io che sono & "titolare" di questa faccenda posso dirlo: anche nei rapporti più intimi, Guido è sempre stato gentile, delicato, mai un sopruso, mai mi ha fatto del male» . Il racconto scivola. «Figli? non ne abbiamo avuti perchè to non posso». Dalla descrizione degli anni di vita in comune ne esce idealizzato: gli stessi interessi (anche la signora Nella dipinge, «ma non sono all'altezza di Guido», si giustifica) una vita tranquilla in una città di provincia, fino all'arresto avvenuto la vigilia dello scorso Natale. Arrivano due delle tre sorelle di Guido: «Ti ricordi, da piccole ci faceva i ritratti», dice una e l'altra: «Io ero la più piccola e Guido, il più grande di noi otto fratelli, mi portava spesso al cinema prendendomi per mano all'improvviso, lo faceva quasi con paternalismo». «Era un po' ribelle — riprende Germana (che ha sposato un nipote di Nella Pierri) — ma molto amato, stimato: a Carrara ancora tutti lo ricordano». E' ormai un coro: prende forma il ritratto di un uomo schivo, autodidatta, pittore, scrittore «di novellette e raccontine per divertirci» (come dicono le sorelle), di un uomo nato in una numerosa famiglia piccolo borghese (suo padre lavorava come cancelliere) e cresciuto senza ribellioni se si esolude quella verso la scuola — smise di studiare a tredici anni —. Dopo, dai ventanni in poi ecco la vita disordinata, un lavoro dopo l'altro trascinato senza soddisfazione. Nei suoi diari, il protagonista della storia, che l'accusa sostiene essere «autobiografica», è un uomo che vuole realizzare il suo «super-io» nella perfezione e nella morte, una specie di persona dimezzata che nasconde dietro una grigia esistenza «l'aspirazione all'assoluto». Per arrivarci, nei manoscritti l'uomo uccide una donna e poi forse vorrebbe assassinarne altre: giovani, belle, esuberanti o, come Christa Wanninger, anche sole, libere, indipendenti. Ritratti di donne mai comparse nella vita di Guido Pierri ox>ve, oltre alle sorelle minori, ci sono solo tre figure femminili: due amiche d'infanzia e un incontro casuale. E la madre, l'unica che forse potrebbe dire di più, invece tace. Silvana Mazzocchi Il pittore Guido Pierri ripreso con la moglie a Carrara
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