Chiesto il proscioglimento di Sogno, Cavallo, Pacciardi

Chiesto il proscioglimento di Sogno, Cavallo, Pacciardi Il giudice non ha prove sul "golpe bianco,, Chiesto il proscioglimento di Sogno, Cavallo, Pacciardi Roma, 9 dicembre. Il tentato «golpe bianco» che, secondo la magistratura torinese, avrebbe messo in pericolo la Repubblica nell'estate del '74, non ci sarebbe stato. Secondo il pubblico ministero, Alberto Dell'Orco, l'ex ambasciatore Edgardo Sogno e Luigi Cavallo non possono essere accusati di aver cospirato «per mutare la Costituzione dello Stato con una azione violenta, spietata e rapidissima», dal momento che non ci sarebbero a loro carico prove sufficienti. Dell'Orco ne ha chiesto il proscioglimento con una requisitoria di 69 pagine, e nel trasmettere gli atti al giudice istruttore Francesco Amato, ha sollecitato il «non luogo a procedere» per gli altri cinque imputati: Randolfo Pacciardi, Remo Orlandini, Antonietta Nicastro, Andrea Borghesio e Vincenzo Pagnozzi non avrebbero commesso il fatto. L'iniziativa del magistrato romano ribalta completamente l'inchiesta avviata tre anni fa dal giudice istruttore torinese Luciano Violante che, indagando sui «partigiani bianchi», aveva indiziato di «cospirazione» Edgardo Sogno già nel settembre del '74. Solo nella primavera del '76 il magistrato tramutò in imputato l'ex ambasciatore e il 5 maggio Edgardo Sogno e Luigi Cavallo furono arrestati dall'antiterrorismo a Torino. La sera stessa i due personaggi furonu trasferiti a Roma perché Violante, nell'ordinarne la cattura e nell'accusare altre nove persone di «cospirazione», si spogliò del processo e trasmise gli atti a Roma A Roma arrivarono i risultati dell'inchiesta: sei volumi di atti, documenti, assegni e verbali di inte/rogatorio di imputati e di testimoni, tra i quali figuravano personaggi ormai noti alle cronache giudiziarie come l'ex capo del Sid Vito Miceli o l'ammiraglio Eugenio Henke, suo predecessore. L'indagine venne affidata al sostituto procuratore Alberto Dell'Orco che già lavorava su una fetta d'istruttoria rimasta dal processo per il tentato golpe del '70 di Valerio Borghese (attualmente in fase di dibattimento). Il magistrato romano si recò ad interrogare Sogno e Cavallo, due volte ciascuno. Decine di ore di interrogatorio andarono a riempire fitti verbali e un mese e mezzo dopo a Sogno e Cavallo fu concessa la libertà provvisoria. Agli atti dell'istruttoria sul «golpe bianco» c'era il materiale che raccontava la storia di questa cospirazione: i congiurati avrebbero dovuto rapire a Ferragosto il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, per costringerlo a sciogliere il Parlamento. Il «nuovo» governo di tecnici e di militari sarebbe stato reso possibile da due operazioni: una avrebbe spezzato il fronte antifascista, l'altra sarebbe stata rivolta «ad acquisire consensi nel Paese». Del resto Miceli, interrogato da Violante su un documento con il quale il Sid aveva avvertito i suoi centri di controspionaggio il 13 luglio del '74 che «possibilità di atti eversivi su scala nazionale sarebbero potuti avvenire intorno al Ferragosto», si era rifiutato di dire come il servizio aveva acquisito la notizia «ritenuta seria» e si era appellato al segreto di Stato. Violante si era allora rivolto alla Corte Costituzionale, sollevando una questione di illeggittimità sul segreto che, nella sua inchiesta, gli aveva impedito di chiarire anche quali rapporti «Sogno aveva avuto con i servizi segreti stranieri». La Corte Costituzionale si pronunciò alla fine del maggio di quest'anno e attribuì al presidente del Consiglio la possibilità di sciogliere il vincolo. Durante l'estate, per due volte, sui due punti già sollevati da Violante, il pm Dell'Orco interpellò il presidente del Consiglio, Giulio Andreotti che rispose confermando la validità del segreto di Stato. Un mese dopo, sul finire dell'istruttoria, il magistrato romano «ridusse» gli imputati del processo: effettuò uno stralcio per le posizioni processuali di quattro personaggi già rinviati a giudizio per lo stesso reato di cospirazione nell'inchiesta sul tentativo golpista fatto da Valerio Borghese e dal suo «Fronte nazionale» nel dicembre '70 e per le azioni successive. Gli atti riguardanti Salvatore Pecorella, Lorenzo Pinto, Salvatore Drago e Ugo Riggi, furono così inviati alla corte d'assise che attualmente sta processando i 77 «cospiratori» di Borghese, il gruppo che lo stesso ex generale Vito Miceli è accusato di aver «favorito». Quando è partita da Torino, nel maggio dell'anno scorso, l'indagine sembrava avere tutte le carte in regola per promettere sviluppi clamorosi. Ora il processo è stato ridimensionato, anche se l'istruttoria noi; è finita. Silvana Mazzocchi Edgardo Sog-ao

Luoghi citati: Roma, Torino