Le radici della disgregazione

Le radici della disgregazione Le radici della disgregazione Secondo il sen. Umberto Agnelli il '68, in Italia, ha esaltato la negazione del valore del lavoro - Ricreare la solidarietà civile Che senso ha, oggi, parlare di cultura? Che cosa rappresenta nel mondo moderno? Sull'«Jmportanza della cultura nel mondo moderno» ha parlato ieri sera 11 senatore Umberto Agnelli nella villa del Collegio San Giuseppe di corso G. Lanza. Parlare di cultura significa non tanto chiudersi in un'ermetica torre d'avorio, ma analizzare la situazione attuale, il «vuoto culturale che coincide con la fase di sbandamento e sgomento attraversata dal Paese». Sottintende, ha aggiunto Agnelli, «la sempre maggiore labilità di quel retroterra di valori che serve ad animare e a ricomporre un impegno e una solidarietà collettivi ». La disgregazione di culture diverse, quel processo di decomposizione che pare inarrestabile, è rappresentato, sintetizzato quasi, da una città come Torino, nella quale, dopo l'atroce attentato a Carlo Casalegno, si è aperto un «duro dibattito». Solo una cultura che poggi sulla razionalità e non sull'utopia, risponde, secondo Umberto Agnelli, alle esigenze di una società industriale. «Ho in mente una cultura consapevole dei rischi di burocratizzazione e di alienazione del citiadino nelle società avanzale che non per questo ri- fiuta la società industriale, ma si propone di recuperare la sostanziale dimensione umana e la democrazia attraverso la partecipazione, la responsabilizzazione e il decentramento: una cultura che guardi al cittadino sia come individuo, sia come parte di una collettività». Ha sottolineato poi l'oratore: «Non è una cultura di parte \ tica anche se si ricollega ad una matrice di democrazia occidentale: non è certamente conciliabile con il marxismo canonico e con la teoria della lotta di classe, mentre si collega ai filoni culturali popolari, siano essi cristiani o socialisti o llberal-democratici. E' una cultura laica nel senso che l'ideologia è uno degli strumenti per valutare criticamente la realtà, e per agire su di essa, ma non un prius cui subordinare la realtà stessa». In Italia la cultura industriale, ha detto, ha avuto un ruolo «assolutamente marginale». In ritardo rispetto a molti Paesi, e comunque soltanto negli Anni Sessanta « con il primo centro-sinistra, la programmazione, le scelte europee, si è avuto il manifestarsi frammentario ed embrionale di una cultura industriale, aiutato in questo dalla rivoluzione industriale e dalla grande emigrazione interna Sud-Nord». A questa trasformazione «tumultuosi!,, nessuno ha saputo dare risposte valide e in questa situazione, secondo Umberto Agnelli, si è Innestato il Sessantotto studentesco e poi l'«autunno caldo». Per altri Paesi quelle esperienze si rivelarono un arricchimento in termini di crescita deinocramentre in Italia ha esaltato « gli elementi di populismo, ai .legazione del valore e del ruolo del lavoro, di disgregazione sociale, di intolleranza. Ne è nata una cultura fortemente anti-industriale sia come complesso di atteggiamenti ostili nei confronti dell'industria privata o pubblica, sia come retroterra dt valori radical-contestativi di disaffezione luddistica, di assistenzia¬ lismo accoppiato ad una visione pubblicizzante e socializzante di ogni aspetto della vita collettiva». Tutto questo, ha concluso Agnelli, propone una sfida alla quale occorre rispondere. «Gli sforzi di ognuno devono essere indirizzati a ricreare sviluppo economico e solidarietà civile», riscoprendo i valori della cultura industriale, in particolare, la funzione sociale del lavoro.

Persone citate: Agnelli, Carlo Casalegno, Umberto Agnelli

Luoghi citati: Italia, Torino