Tre cortei simili a fiumi in piena di Fabrizio Carbone

Tre cortei simili a fiumi in piena Tre cortei simili a fiumi in piena Roma, 2 dicembre. ; Come tre fiumi in piena trattenuti a stento negli argi- ni, tre cortei sono sfilati at- traverso la città, avendo co- me meta finale piazza San | Giovanni e il comizio del-1 lTlm. Forse duecentomila | persone, forse di più: operai,, giovani, studenti, femministe, disoccupati insieme, ognuno con le sue bandiere, i suoi striscioni, i suoi slogans. Ma per rendere esatta l'idea basterebbe dire che uno solo di questi «fiumi» è riuscito ad entrare tutt'intero a San Giovanni; gli altri due, quello partito alle 9 e mezzo dalla stazione Tiburtina, e l'altro mossosi da Porta San Paolo non sono riusciti a sfondare ìa piazza. A mezzogiorno, a comizio quasi finito, i metalmeccanici di Brescia erano ancora lontani, incolonnati all'altezza delle Terme di Caracalla. Dalla parte opposta della città arrivavano gli ultimi treni speciali dal Nord. Servizio d'ordine di ferro per i timori e le paure che, di fronte a una concentrazione cosi massiccia, potessero uscire fuori provocazioni e scaturire incidenti. Roma, in ! un passato recente, ha vissuto giornate di violenza e disordini soprattutto quando a manifestare scendevano in piazza gli studenti del «movimento » e si facevano coinvolgere nelle « spedizioni » della cosiddetta «autonomia». L'Flm ha accettato i giovani della «nuova sinistra» nel corteo e i patti erano da rispettare: concentramento a Porta S. Paolo, in ordine, e poi inserimento a metà di quel corteo. Per chi voleva «infiltrarsi» altrove ci sarebbe stata la porta sbarrata. Cosi è stato vicino a San Giovanni. Scambio di pugni e bastonate tra chi voleva entrare e chi non lo permetteva. Otto i feriti leggeri: guarigione tra i 4 e gli 8 giorni. Ed è stato questo l'unico episodio stonato di una giornata corretta, esemplare per organizzazione ed efficienza. La città ha ben tenuto all'urto esterno; il traffico è stato canalizzato altrove. Ordinato il deflusso dopo il comizio. Unici delusi erano quegli operai che, dopo una notte insonne e una lunga marcia, non erano neppure riusciti a vedere (non diciamo sentire) gli oratori sul palco. Si comincia all'alba co' primi treni e i pullman che arrivano. Roma è sferzata da una improvvisa tramontana. E' piovuto per tutta la notte e ora il vento sta spazzando via le nuvole. I convogli arrivano da Torino, Milano, Brescia, Venezia, Geno.a, Bologna, Firenze, Pisa, Lucca, Napoli, Bari, Taranto, Reggio Cala bria. Vengono smistati alle stazioni periferiche. Sono un bandierati e gli operai sono tutti ai finestrini, i pugni chiusi, i cartelli e gli striscio ni. Al Tiburtino, il servizio d'ordine lo fanno le operaie con il bracciale rosso e la scritta gialla dell'Flm. «O si entra ora — gridano — o nel corteo dopo non si potrà più, stare». Usano fischietti, sono energiche ma non dure. Di fronte alla battuta ridono e replicano con semplicità. A Porta San Paolo arrivano gli operai della Fiat. Ed è qui che ci spostiamo per vedere quale sarà l'impatto con il «movimento». Tutte le componenti dei gruppi universitari che non si riconoscono nel sindacato unitario e nei partiti della sinistra storica hanno aderito ad eccezione dell'«area autonoma», che non sconfessa violenza e terrorismo e che «contromanifesta» all'CJ- Fabrizio Carbone (Continua a pagina in sesta colonna)