Il boom dei marziani in libreria di Giorgio Manganelli

Il boom dei marziani in libreria La polemica sulla fantascienza con lo scrittore Giorgio Manganelli Il boom dei marziani in libreria Ne parlano Giovanni Arpino, il direttore della rivista "Robot", Frutterò e Lucentini per "Urania" e Valla della "Nord" Elegante, raffinato, trapezista eccelso, lo scrittore Giorgio Manganelli con un magnifico e rischioso salto mortale, ha rovesciato la polemica sollevata a proposito della fantascienza che, due settimane or sono sul Corriere della Sera, aveva definito tra l'altro «letteratura analfabeta, sconcio delirio». Ingenerosamente trattato da noi (non è plurale maiestatis, bensì scarsa dimestichezza giornalistica con la prima persona) come uno qualunque sorpreso a rubare l'uva nella vigna del vicino («la fantascienza è di nuovo da bruciare?» ci domandammo avventatamente), egli venerdì scorso ci ha spiegato che non avevamo capito proprio nulla. Il suo era un impetuoso omaggio e, «fatto ludibrio ai miei colti amici, io sono un patito, uno stravolto, un maniaco di quella letteratura». Ha colto quindi l'occasione per completare l'esercizio con una serie mirabile di piroette con le quali sviluppa l'inquietante ipotesi che sta nascendo un lettore oscuro. Noi, chiarisce Manganelli, abbiamo equivocato sulle trenta e più frasi ingiuriose che ha scritto, circa una ogni dieci righe, perché ci siamo evidentemente fatti leggere il suo articolo «da un amico balbuziente che doveva correre a prendere il treno» (quale mirabile parabola), ma gli altri? Sono forse signori che hanno bisogno di enunciati solidi perché si sentono instabili, lettori che scambiano parole come demenza e analfabeta per ingiurie anziché introduzioni a ragionamenti più complessi? Il direttore della rivista Robot, Vittorio Curtoni ci scrive: «Se Donaggio è stato sviato da aggettivi come "demente", allora sono stati sviati anche il sottoscritto e i numerosi lettori di fantascienza che si sono presentati in redazione con ritagli e fotocopie dell'articolo di Manganelli. Hanno protestato come me, incainatissimi, come se l'articolo l'avessi scritto io. Adesso Manganelli parla di lettore oscuro: beh, io confesso che fino ad oggi eravamo tutti convinti che oscuro fosse lo scrittore. Comunque una persona che legga da 25 anni — come afferma Manganelli — una letteratura analfabeta, infima, infantile, ebbe ne dev'essere masochista». A questo punto, viene il dubbio che Manganelli abbia peccato di eccessiva confidenza e che, trovandosi a Bologna, abbia voluto usare un saluto comunissimo tra amici: «Ti venga un cancro», ricevendone in cambio una di quelle plateali manifestazioni in uso contro la jettatura. Ma Riccardo Valla, curatore dell'Editrice Nord (uno dei responsabili del boom editoriale della «sf» in atto in Italia) non lo crede così amichevole e ben disposto al dialogo con chiunque: «Si noti come Giorgio Manganelli, nell'affermare che le accuse di "lesa fantascienza" nascono da un fraintendimento delle sue parole, dica che a pubblicare il "divertente e stupefacente articolo di commento" sia stato non, semplicemente, Donaggio, ma "il signor Emio Donaggio": come se Manganelli lo volesse considerare non in veste di giornalista, ma in quella di un qualsiasi passante occasionale cui si dà del "signore". Anzi, alla fin fine, neppure quella, poiché dice che non ha capito nulla. «Sarebbe fin troppo facile fare un parallelo, e segnalare come l'uso "distanziante" della parola "signore" corrisponda alla difesa ambigua e "pelosa" della fantascienza, cui Manganelli rende omaggio, certo, ma premurandosi di far capire che non ne parla in veste di letteratura, bensì di sotto-letteratura. Se ne ricaverebbe che Manganelli accetta la polemica con Donaggio, sì, ma da superiore a inferiore, così come il parlare di fantascienza era per lui una vacanza, un abbassarsi. «Però, polemizzare con Manganelli è un po' come cercare di afferrare Proteo. Nella poetica di Manganelli, l'essere frainteso non è motivo di turbamento per chiunque scriva, ma uno degli scopi stessi per cui si scrive. "Assai imperfetto è il colloquio dello scrittore con i contemporanei", diceva Manganelli nella "Letteratura come menzogna": ribaltando la frase si ha che essere compreso ed essere frainteso sono necessari entrambi, sono le due facce della stessa verifica». Esiste dunque un razzismo tra gli scrittori e i giornalisti e tra i primi e la fantascienza? A questa domanda risponde Giovanni Arpino: «La fantascienza fa disputare? E' già cosa onorifica, visto che almeno un anno è trascorso tra elzeviristi duellanti intorno al termine "pluralismo" con ogni sorta d'inchiostri. La fantascienza divide? Ma mi sembra cosa naturalissima: nella galassia dei pennini italiani, ogni "jeu de massacre" ha un fine occulto, razzistico, con varianti sadiche o dettate da Masoch. Il poeta si sente privilegiato rispetto al romanziere, il politologo spregia l'economista ancorché insigne, il narratore d'amori anciliari (ogni amore è ancillare, no?) spregia il "giallista" (perché uno scrittore di vero talento come Westlake resta confinato nel ghetto dei "gialli"? Ghetto secondo molti, non certo secondo me). Il giornalista di terza pagina guarda dall'alto in basso il critico sportivo, il critico sportivo non rivolge il saluto a chi scrive di bocce. E così via. La spirale dispettosa e razzista non ha fine, così come non ha confini, solo vortici mobili e pettegoli, risacche ammorbate. «A dir la verità: m'interessa un bel fico la diatriba prò o contro la fantascienza. E' talmente tipica (tipicizzata?) da annoiare. E' l'ennesima bega da salotto (che fu buono, oggi lo popolano i tarli). Ho appena finito di leggere le stupende paginette — fosforo più diamanti — che Giorgio Manganelli ha scritto per una nuova edizione de L'assassinio come una delle belle arti dell'inarrivabile Thomas de Quincey. Mi chiedo: ma a Manganelli, autore d'un recente Pinocchio parallelo e squisitamente abusivo (sulle spalle di Collodi), che gli importa della fantascienza? E se gliene importa, allora mi fa venire in mente quel tenore che, sentendosi disturbato da bambini vocianti in cortile, uscì in pigiama sul balcone e intonò dei "do" tremendi. spaccandosi le corde vocali. «Lasciamo a Cesare ed anche a Messalina cioè che è di Cesare e di Messalina, lasciamo ogni genere letterario alle sue inevitabili suocere. La fantascienza ha (avrebbe) diritto a un minimo di rispetto per via dello stemma ereditato da nonno Verne. Ma la "noblesse" che "oblige" non esercita più fascino entro i territori cespugliosi della Repubblica Letteraria, abitata da cannibali che azzannano se stessi. Buon appetito e a mai più rivederci». Tutto sommato, Manganelli mangi l'uva della sua vigna, ma continui a divertirci. E' un po' la morale che ne traggona i curatori di «Urania», Carlo Frutterò e Franco Lucentini: «Non abbiamo letto il corsivo del Corriere che è all'origine della controversia. Non sappiamo se l'intenzione di vilipendere la fantascienza, o quanto meno di prenderla sottogamba, ci fosse o no. Ma se non c'era dobbiamo dire che ci dispiace, che siamo delusi. La "battaglia" della fantascienza è stravinta. Un'indiscriminata marea di consensi, lodi, celebrazioni, simposi, riconoscimenti, medaglie, sta sommergendo questo ex parente povero, questo arricchito zio d'America della letteratura. E (parliamo, si badi, da volenterosi operatori del ramo e nell'interesse stesso del mercato) tra tanti osanna un tantino di dissenso, qualche ardimentosa riserva, un mìnimo, santoddìo, di vivace vilipendio, non avrebbero potuto che giovare». Emio Donaggio

Luoghi citati: America, Bologna, Italia