L'onorevole ha due lavori di Luca Giurato

L'onorevole ha due lavori DOPO LE POLEMICHE SULLE LIQUIDAZIONI D'ORO L'onorevole ha due lavori Parecchi parlamentari occupano posti importanti in compagnie d'assicurazioni o altri enti - La questione delle incompatibilità è sempre rispettata? - Spesso si parla con troppa facilità di scandalo, ma resta un'esigenza etica e di correttezza Roma, 13 novembre. « La liquidazione è mia e me la tengo », tuona da Bologna l'ex sottosegretario alla presidenza Angelo Salizzoni, tirato dentro per Quei pochi capelli che gli sono rimasti nel cosiddetto «scandalo delle assicurazioni ». « Non vedo perché Salizzoni dovrebbe rinunciare di sua iniziativa a cifre che gli spettano, giusta o sbagliata che sia questa spettanza », commenta da Padova il ministro Toni Bisaglia, assicuratore anch'egli. dal « '61 o '62, non ricordo bene ». Si dice che Salizzoni, deputato per tante legislature, dovrebbe intascare, come indennità di quiescenza per il suo « secondo » lavoro d'assicuratore, quasi un miliardo e mezzo. Ma l'ex sottosegretario smentisce, con una autodifesa veemente e appassionata: « L'indennizzo che otterrò non supererà i 350-400 milioni, al netto dalle trattenute fiscali e del carico degli impegni di chiusura degli esercizi ». E lei, se andasse in pensione oggi, quanto avrebbe di liquidazione, ha chiesto un malizioso intervistatore della « Repubblica » a Toni Biscglia. « Sono conti che francamente non ho ancora fatto e che non ho voglia di fare — ha risposto il ministro — anche perché non ho nessuna intenzione di mollare. Io sono ancora giovane ». E' vero. E' ancora molto giovane, almeno come uomo politico. Toni Bisaglia. Ha solo 48 anni e di carrie- o , a e a a a r l e a o à lù di di a ri ae ro a n o, ti al di di ouno à o » e cn ae E ra ne ha già fatta tanta. Ma lui guarda avanti ed ha perfettamente ragione. Nella de, dopo aver stravinto la guerra con Rumor, oggi Bisaglia è un leader ed il futuro di chi davvero conta, nel partito più forte, è quasi sempre assai roseo. Questa vicenda delle assicurazioni, dei parlamentari con il doppio lavoro (a Montecitorio e in un centro qualsiasi dell'« orticello elettorale ») sta lasciando lentamente le pagine dei giornali per entrare rapidamente in qualche scaffale d'archivio. Una vicenda sgradevole, dunque. Però anche una vicenda assai controversa di quelle che suscitano perplessità specialmente quando si vede usare la parola « scandalo », sia pure tra virgolette. Il tema del « doppio lavoro » dei parlamentari, dei « confini » tra il manda| to politico e la professione d'origine è tra i più complessi: è tra quelli, in altre parole, che più possono far cadere gli osservatori in trappole che si chiamano « semplicismo » ed anche « qualunquismo ». Le sembra giusto che Bisaglia, di professione assicuratore, faccia il ministro delle Partecipazioni statali, di un dicastero che ha competenza anche in materia di assicurazioni? è stato chiesto a un « testimone interessante », Mario Vesco, socio di Bisaglia nell'agenzia padovana delle « Assicurazione Generali ». « Su questo — ha risposto Vesco — si esagera. C'è il ministro di professione avvocato, c'è l'onorevole di professione medico o industriale, c'è pure il Capo dello Stato che è, o era, avvocato; non vedo proprio perché non possa esserci il Bisaglia politico e assicuratore. Almeno noi assicuratori le tasse non possiamo evaderle perché è registrata ogni lira che ci viene data ». Forse, quello di questo signor Vesco non sarà un parere molto qualificato ed importante. Però le sue considerazioni, comunque le si girino, di grinze ne fanno poche. O si va a fondo, magari con il bisturi, sulla compatibilità del doppio-lavoro di ogni singolo parlamentare della Repubblica oppure, salvo interventi e denunce tutte poi da provare, di alternative a quanto egli dice ce ne sono poche. Ha spiegato del resto proprio Bisaglia in una lettera di chiarimento alla « Repubblica »: « Nessuno negherà che un uomo politico abbia il diritto (e credo anche il dovere) di mantenere la propria attività professionale: per quanto mi riguarda ero già assicuratore prima di essere eletto deputato. Ovviamente — insiste Bisaglia — la mia attività professionale risente dei miei impegni politici: è un problema che con giusto diritto sollevano i miei soci dell'agenzia di Padova, ma ciò non configura alcuno "scandalo". Né solleva problemi di incompatibilità formale o morale con il mandato parlamentare o con l'incarico di ministro. E' una condizione nella quale si trovano, o si sono trovati, molti uomini politici ». Non c'è dubbio. La lettera di Bisaglia è un documento molto interessante, di quelli da meditare. Lo diciamo sinceramente, senza malizia alcuna, anche se non si può far a meno di notare che il ministro, proprio all'inizio della sua missiva, rovescia un tantino quella che ci sembra la questione di fondo: lui dice che la sua attività professionale risente dei suoi impegni politici e che j i suoi soci assicuratori si lamentano (e giustamente, aggiungiamo noi). Ma chi segue il problema dal di fuori della fortunata o sfortunata assicurazione di Bisaglia (e sono i più) avrà forse azzardato un'altra ipotesi: che siano i suoi impegni di parlamentare e di ministro a risentire — in una misura tutta da stabilire — delle sue attività di assicuratore. Ma i la questione non si esaurisce qui. « E' una condizione nella quale si sono trovati e si trovano molti uomini politici », dice Bisaglia. Non facciamo fatica a credergli. Il problema, a questo punto, è il seguente: fino a che punto è davvero una condizione daseganovotanenasgmralo«schradnocomhororil'aletoo umo riscgiritatoqfesuininrivznSpdcltcqtbqcmsmipmcnplqsetadcc| legittima? E, se si vuole an- [ dar oltre i confini angusti e sempre controversi della legalità più o meno rigida, sino a che punto il doppio lavoro si confà con quella certa etica che a torto o ragione moltissimi italiani si ostinano ancora a non veder disgiunta dal mandato parlamentare? Il problema, naturalmente, non se lo pone solo chi viene coinvolto in «scandali» veri o presunti o chi segue, a diverse temperature d'interesse, tali vicende sui giornali. Se lo pongono anche a Montecitorio, sia con leggi sia con una commissione parlamentare «ad hoc ». Il collega Antonio Di Mauro, che lavora a Montecitorio da una vita, ha ricordato l'altro giorno sul suo giornale, « l'Unità », che al momento della elezione il deputato o il senatore deve compilare un modulo nel quale è chiamato a dichiarare le cariche o gli uffici coperti al dì fuori del Parlamento. « Ciò allo scopo di consentire alla giunta delle elezioni di verificare la compatibilità di tali incarichi con il mandato parlamentare, giusto quanto prescrive la legge 15 febbraio 1953 numero 60 e successive modificazioni: la incompatibilità, ad esempio, interviene nei casi di incarichi in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del governo o di organi di amministrazione dello Stato, di amministratore, presidente, liquidatore, sindaco o revisore, direttore centrale o generale, consulente legale o amministrativo in enti o associazioni che gestiscano servizi di qualunque genere per conto dello Stato o della pubblica amministrazione, o ai quali lo Stato contribuisca con interventi finanziari ». I medesimi incarichi non possono essere esercitati dai membri del Parlamento in istituti bancari o in società per azioni che abbiano, come scopo prevalente, l'esercizio di attività finanziarie, né possono essere assunti il patrocinio o la consulenza o l'assistenza in vertenze di questi istituti con lo Stato. Ma chi rispetta queste disposizioni? La giunta delle elezioni è o non è un « porto delle nebbie »? Riuscirà a scoprire gli « altarini » al deputato che omette di dichiarare tutti gli incarichi che ricopre? Alcune posizio¬ ni sono note. Altre un po' meno. Su altre ancora corrono solo voci, sia pure molto insistenti e maliziose. Si sa che Egidio Carenini, ex sottosegretario all'Industria, è presidente di tre compagnie: l'Euro Lloyd, la NordItalia e la Norditalia Vita. L'ex sottosegretario e commissario straordinario del Friuli Zamberlettì è stato presidente della Compagnia di Varese. Giovanni Spagnaili presiede la Itas. Giuseppe Fella, uno dei firmatari della legge del 1953, oltre ad essere stato per diversi anni presidente dell'Ania, è ancora nel consiglio della Milano Assicurazioni. Infine Paolo Bonomi è presidente della Fata, Francesco Cattanei della Sic e Bernardo D'Arezzo della Sida. E fra i socialdemocratici Giuseppe Lupis è consigliere dell'Intereuropa, mentre Alessandro Reggiani dirige la Site di Treviso. Fra i liberali ci sono due casi: Badini Confalonieri e Brosio che sono rispettivamente presidente e consigliere dell'Unione Subalpina di Assicurazioni. Fra i missini il senatore Domenico Latanza è consigliere del gruppo Nazionale. C'è poi il caso davvero singolare del de Francesco Bovo, 50 anni, nativo di Catanzaro, eletto a 28 anni sindaco di quella città. E' sottosegretario alle partecipazioni (cioè vice di Bisaglia). Ma anche presidente della « Latina assicurazione », vice-presidente della assicuratrice « Flaminia nuova » e «Consigliere della Latina Renana ». Bova non ha ricordato queste sue tre notevoli « benemerenze » sulla « navicella », il manuale con le biografie di tutti i deputati e i senatori del settimo parlamento repubblicano. Non hanno taciuto i giornali e Bova — udite, udite — l'altro giorno si è dimesso d'un colpo dai tre incarichi. Ha spiegato che le ragioni delle dimissioni sono « strettamente personali » e non hanno nulla a che vedere con « insussistenti » incompatibilità del mandato parlamentare. Forse le ragioni non sono cosi « insussistenti », per usare una definizione evidentemente cara al sottosegretario e a pochi altri specialisti della lingua italiana. Però si è dimesso. Viva la faccia sua. Luca Giurato

Luoghi citati: Bologna, Catanzaro, Friuli, Latina, Padova, Roma, Treviso, Varese