Le lezioni degli altri

Le lezioni degli altri Le lezioni degli altri Fra le tante lettere e articoli di commento die riceviamo, sul tema del terrorismo, di Torino, degli intellettuali, due ne scegliamo, ambedue critiche; per il prestigio di chi le scrive, ma anche e soprattutto perché sono critiche; tralasciandone altre che ci sono giunte, anche inattese, anche da antichi avversari politici, e che suonavano soltanto caldo consenso ed appoggio a noi nel momento in cui il nostro giornale, e con esso tutta la società torinese, e al di là di essa tutta la democrazia italiana, si sentono, anche letteralmente, sotto tiro. I consensi ci danno forza. Le critiche ci stimolano ad approfondire, a scavare, a cercar di capire. Leonardo Sciascia svolge due argomenti, il primo dei quali non ci tocca direttamente: l'accusa alla democrazia cristiana d'esser la prima responsabile di quella corruzione del sistema politico italiano che spiegherebbe anche il terrorismo. Ricordo a Sciascia che l'ul'imo scritto di Casalegno, prima d'esser colpito, era proprio una sua polemica con il settimanale della de, sul tema medesimo che egli tocca: era un invito netto e forte ai democristiani a non dar colpa ai giornali e agli intellettuali delle denunce di scandali che essi facevano, ma a ripulir prima senza riserve la loro casa. Questo è un tema che il nostro giornale non ha toccato solo retoricamente: su alcuni dei più clamorosi scandali di tempi recenti abbiamo dato un contributo attivo, perfino determinante (cito solo il caso Lockheed) di denuncia e rivelazioni. Ancora in questi giorni, nei nostri articoli, o quando ci è toccata l'insolita esperienza di parlare in piazza a una folla solidale e sconvolta, abbiamo detto e ripetuto che si difende bene una repubblica che si governa bene, una repubblica pulita e onesta. Sciascia non dice nulla che contraddica una linea di ragionamento e d'azione, non solo nostra, ma di larghissima parte della slampa italiana. Ma ci consenta Sciascia di rabbrividire di fronte ai suoi paragoni: via, l'onorevole Flaminio Piccoli non è Hitler, proprio questa esasperazione di toni suscita, e non a torto, indignazione ed ira nella stessa de, che, caro Sciascia, non ha dato un piccolo contributo per conservare, in anni assai difficili, a lei e a tutti noi la libertà di dire ciò che pensiamo, di votare come vogliamo, di denunciare come vogliamo. Le cause storiche del terrorismo non possono essere spiegate con un determinismo semplicista di questo tipo così come non le spiegano quelli che danno colpa di tutto al passato stalinista del pei. La campagna per pulire lo Stato è sacra e santa ed ha anche noi tra i protagonisti: ma attenti a non dimenticare, facendola, che le più nere colpe spiegano e giustificano la protesta, ma non — e Sciascia lo dice benissimo — ;7 terrorismo, che altra cosa è, al di là di un salto irrazionale di qualità che non può esser trascurato. Vengo al secondo tema di Sciascia: non posso rispondere seriamente all'accusa di fascismo, solo perché ho richiamato l'ultrasinistra a portare avanti quel rigoroso esame autocritico della sua politica di « violenza programmatica ». che almeno una parte dell'ultrasinistra sta già angosciosamente e criticamente analizzando. E dir questo sarebbe anche solo «ombra» di fascismo? Anche questo ci tocca sentirci dire? Quanto agli intellettuali: caro Sciascia, Lei mi attribuisce semplicemente cose che non ho mai scritto; non ho mai neppure accennato al tema degli «intellettuali che strizzano l'occhio al terrorismo». E come Le è venuta in mente questa idea? Degli intellettuali, nel senso ristretto degli specialisti dell'intelligenza, proprio non ho mai parlato in questo contesto, anche perché — mi perdoni — non credo che pesino molto. Ho parlato di cose politiche, di movimenti politici, di idee politiche proposte o propagandate. In una parola, ho detto e ripeto che fare propaganda e pratica di violenza, e poi stupirsi del terrorismo, è ingenuità o ipocrisia. Ma questo dicono e scrivono anche molti dell'ultrasinistra, fino al «manifesto», fin dentro a «Lotta continua»: perché, se io lo dico, i questo diventa fascismo? Poche parole all'amico Gior| gio Bocca, che si è sentito offeso dalla veemente invettiva di ancora un amico. Furio Colombo, forse più sconvolto di tutti noi, perché lontano, dai fatti di questi giorni. Io non respingo affatto, caro Bocca, la discussione sulla realtà di Torino. Ho contestato, perché ne sono profondamente convinto (e con me molti altri) che la rappresentazione che alcuni giornalisti hanno dato della città o della fabbrica, come estranee o ostili all'universale sdegno per l'attentato a Casalegno, era, semplicemente, falsa e sbagliata. Non ho a. 1. (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Luoghi citati: Torino