Sciascia: intellettuali e terrorismo

Sciascia: intellettuali e terrorismo Sciascia: intellettuali e terrorismo Vinta la Francia e trovata armonia col governo del maresciallo Pétain, i tedeschi, perseguendo il loro programma di accattivarsi l'intelligenza francese, convocarono anche Picasso in un loro ufficio tra poliziesco e culturale; e per cominciare, mostrandogli una riproduzione di Guernica, con tono blandamente accusatorio e che lasciava intravedere la magnanimità del perdono, l'ufficiale tedesco, l'intellettuale-poliziotto, l'intellettuale a chiusura lampo (cosi Giacomo Debenedetti definisce questo tipo di ufficiale in quel mirabile 16 ottobre 1943), affermò: «Voi avete fatto questo». Al che Picasso semplicemente rispose: «No, voi». L'ufficiale si riferiva al quadro, Picasso al bombardamento della città. Non so se l'aneddoto sia vero o apocrifo: ricordo di averlo letto in una di quelle riviste che gli alleati distribuivano nella Sicilia occupata, tra la fine del '43 e la primavera del '44. E me ne sono ricordato seguendo la polemica che democristiani e comunisti muovono contro coloro che presentando «// sistema politico italiano soltanto come putridume» finiscono col dare «indirettamente una giustificazione a quegli intellettuali che, a proposito della rinuncia dei giurati nei processi contro i brigatisti rossi, esaltano quella rinuncia perché questo sistema non merita alcunché, marcio e corrotto com'è». Le parole tra virgolette sono dell'onorevole Flaminio Piccoli, presidente del gruppo parlamentare democristiano alla Camera dei deputati. E bisogna ricono¬ scere che almeno su questo punto ha ragione: che chi vede corruzione e putridume nel sistema, e sostiene che va denunciato, non è molto lontano da chi ha cercato di capire e ha giustificato (non esaltato, onorevole Piccoli) la rinuncia dei giurati. «Chi non è con noi è contro di noi». «Questi uomini di cultura, continua l'onorevole Piccoli, non concorrono a creare una riserva morale contro il terrorismo. Non sono mai stato d'accordo con Amendola come quando ha polemizzato con quegli intellettuali». Come don Abbondio quando il Cardinale gli annuncia la conversione dell'Innominato («Perierat, et inventus est»), di questo accordo non posso che dire: «Oh quanto me ne rallegro!»; ma riguardo al terrorismo e alla responsabilità che ne avrebbero «questi uomini di cultura», la risposta che si deve all'onorevole Piccoli e a coloro che pensano come lui è qucV.a stessa di Picasso all'ufficiale della Gestapo: non noi abbiamo fatto questo, ma voi. Il terrorismo alligna e cresce come erba tra le rovine; e queste rovine siete stati voi a farle. Gli uomini di cultura, «questi uomini di cultura», ne danno la rappresentazione, ne fanno il quadro; ma il bombardamento, la devastazione, è tutta opera vostra. E non solo: dello stesso terrorismo voi oggi state servendovi, e perché appunto nasconde le rovine, e perché vi consente di accusare coloro che sotto l'erba ancora le scoprono e le denunciano. Ma lasciando stare l'onorevole Piccoli e tutti quelli che dalla sua parte (la parte del «voi» di Picasso) la pensano come lui, quel che preoccupa è la diffusione di un tale atteggiamento accusatorio in area, per così dire, laica. Anche Arrigo Levi, direttore di questo giornale, ha parlato di intellettuali che strizzano l'occhio al terrorismo e ha mostrato irritazione verso quei giornalisti che hanno registrato le reazioni dei lavoratori della Fiat allo sciopero proclamato a protesta dell'attentato a Casalegno. E a lui — a lui perché dirige La Stampa alla quale collaboro e su cui finora ho scritto con la massima libertà, a lui perché magari apra con questa mia nota una chiara, franca c diretta polemica — io domando, ceco, in che consista lo strizzare l'occhio al terrorismo, come precisamente lui faccia a riconoscere questo gioco o doppiogioco. quali possano essere la posta e i termini di una simile scommessa che dovrebbe essere occulta ma non è, se lui e altri la scorgono e classificano. Davvero si può credere ci siano degli intellettuali, o anche un solo intellettuale, cui si possa attribuire questo ruolo, rivolgere questa accusa? L'intellettuale è uno che esercita nella società civile — almeno dall'affare Dreyfus in poi — la funzione di capire i fatti, di interpretarli, di coglierne le implicazioni anche remote e di scorgerne le conseguenze possibili. La funzione, insomma, che l'intelligenza, unita a una somma di conoscenze e mossa — principalmente e insopprimibilmente — dall'amore alla verità, gli consentono di svolgere. Ora, che il terrorismo possa oggi essere strumento di liberazione e di rivoluzione, non pare ci sia uomo intelligente che lo creda; e tanto meno quel professionista dell'intelligenza che sarebbe l'intellettuale. L'intellettuale, anzi, non può che essere convinto del contrario; e cioè che il terrorismo non solo produce, come ormai è evidente, forme di terrorismo contrario e che servono a consolidare il potere come è; ma ugualmente sortirebbe ad effetti reazionari, più vastamente e tragicamente reazionari, anche se riuscisse a collegarsi con gli strati popolari più disagiati e disperati o addirittura con la classe lavoratrice. E quel che c'è da temere è proprio questo: che il consenso cresca intorno alle azioni terroristiche a misura che disagio e disperazione crescono; e che il consenso si muti in effettuale collegamento. Un certo consenso è già avvertibile; negarlo significa mettersi dalla parte della menzogna; e della menzogna suicida per di più. Se ci si lascia prendere dalla rabbia per questo consenso che serpeggia e, negandolo, ci si vuole dare alla caccia all'intellettuale che denuncia, si arriverà a promuovere un bel fascismo chesi può anche continuare a chiamare antifascismo, ma non si salverà certamente la democrazia. Ha ragione Umberto Eco: «Ora sappiamo chi sono i veri lascisti». Mi piacerebbe che su questo giornale non se ne intravedessero nemmeno le ombre. Leonardo Sciascia

Luoghi citati: Francia, Guernica, Sicilia