Sadat accolto a Gerusalemme con gioia e speranze nella pace

Sadat accolto a Gerusalemme con gioia e speranze nella pace Il viaggio del Presidente egiziano è una svolta per il Medio Oriente Sadat accolto a Gerusalemme con gioia e speranze nella pace Ricevuto all'aeroporto da tutti gli uomini del governo Begin, calorose strette di mano, dialogo con Golda Meir ("Signora, da tempo volevo conoscerla", "Anch'io") - La folla lungo le strade esprime la grande emozione di vedere il capo di un Paese che oggi non è più nemico - Stamane il discorso in Parlamento (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, 19 novembre. In questa fresca sera di novembre in Israele, all'aeroporto di Lod-Tel Aviv circondato dall'esercito e paralizzato da una emozione che non so descrivere, l'Impossibile è accaduto: un presidente egiziano, Anwar Sadat, è arrivato in pace, da eguale, non da conquistatore né da sconfitto, per parlare di pace con gli israeliani, i nemici di trent'anni di guerra. Alle 20,01 il capo dello Stato egiziano ha toccato il suolo di Israele sul suo Boeing 707 accolto dal presidente Katzir, dal primo ministro Begin e dal ministro degli Esteri Dayan che l'hanno salutato fra le note dell'inno egiziano suonato da una banda militare che solo 48 ore prima aveva ricevuto gli spartiti del « nemico ». Sadat ha stretto la mano, dopo Katzir, Begin e Dayan a Golda Meir ( « Da tanto tempo volevo conoscerla, signora ». « Anch'io ». «Era proprio tempo»), a Rabln, ad Allon, ad Eban, e c'era in questi protagonisti di un conflitto feroce — mi è parso — il rispetto dei leaders veri e la gioia umana di non scoprirsi condannati per sempre all'odio. Nell'aerostazione, dove la vernice non ha ancora cancellato il ricordo della strage dei 26 innocenti sei anni fa, si è consumato un avvenimento che i discorsi di domani, le conseguenze politiche, diplomatiche o militari non potranno comunque ridurre nelle sue proporzioni. E che ha fatto esplodere in Israele la gioia di un popolo che stasera vuol credere — come non ha mai osato in trent'anni — alla pace e dunque alla sua vittoria. Per la prima volta i tre milioni di israeliani sospettano che i sacrifici del passato non siano stati inutili: si ha quasi paura a immaginare che cosa accadrebbe se l'attesa, la felicità che scuotono Israele da giovedì scorso, dovessero sgonfiarsi e lasciare il posto alla disperazione. E non si può non restare indifferenti ] davanti al coraggio — quali che ne siano i moventi — di Anwar Sadat, al rischio | personale e politico che egli | sta correndo. Dall'aeroporto di Lod, illuminato solo dalle fotoelettriche e dai lampi del cannone a salve di benvenuto, gli israeliani ed egiziani insieme , — e come è già incredibile | di poter usare in un reportage medio-orientale questa parola « insieme » — si sono mossi sulla strada che porta a Gerusalemme, tra i ricordi di una storia terribile, senza pronunciare alcun discorso in pubblico. Le macchine blindate — sulla prima Katzir e Sadat, sulla seconda Begin e il vicepremier israeliano Yadin, sulla terza Dayan e il nuovo ministro degli Esteri Ghali — hanno attraversato i campi di battaglia del '48 segnati ancora dalle carcasse degli autoblindati, la foresta cresciuta piantando un albero per ogni ebreo ucciso dai naI zisti, il bivio dove gli uomini di Begin (nella Irgun Zwey Leumi) uccisero il mediate-re dell'Orni Bernadotte, per calare in ripida discesa su Geiusalemme illuminata nella notte come un presepe. Sol-dati equipaggiati con fucili li 16 e mitra Uzi, le stesse armi che uccisero soldati di Egitto nel Sinai, vegliavano j — uno ogni 50 metri lungo 1 70 km di percorso, sulla si | curezza del presidente, il pri ! mo egiziano a trovarsi die i tro e non davanti al mirino 1 dei commandos di Israele, J All'hotel King David di Ge \ i-usalemme, svuotato di forza | giovedì notte da turisti e I viaggiatori per essere trasfor¬ mato in una fortezza riservata agli egiziani (99 camere sono occupate dalla delegazione) e sigillato ad ogni visitatore, Sadat e Begin hanVittorio Zucconi (Continua a pagina 2 in quinta colonna)