Il capufficio-bandito racconta ai giudici come avvenne la tentata rapina in Liguria

Il capufficio-bandito racconta ai giudici come avvenne la tentata rapina in Liguria Dichiarazioni poco credibili al processo di Imperia Il capufficio-bandito racconta ai giudici come avvenne la tentata rapina in Liguria Rischia almeno cinque anni di carcere - L'assalto a San Bartolomeo al Mare il 10 novembre scorso ■ Si aggrava la posizione degli imputati - Il dibattimento riprenderà il primo dicembre (Dal nostro inviato speciale) Imperia, 18 novembre. Mauro Coramusi, il bancario «modello» genovese coinvolto nella tentata rapina del 10 novembre ad un cantiere edile di San Bartolomeo al Mare, rischia cinque anni di carcere se il tribunale gli concederà le attenuanti generiche poiché incensurato. Le prospettive sono peggiori per Giovanni Scanu, l'operaio di Celle Ligure, sposato con due figli, coimputato per lo stesso episodio, il quale ha dei precedenti penali per rapina e furto. Il processo per direttissima iniziatosi oggi al tribunale di Imperia è stato rinviato, dopo la fase dibattimentale, al primo dicembre per la requisitoria e le arringhe. La posizione dei due imputati appare questa sera molto compromessa. A dare il colpo di grazia al già traballante racconto di Giovanni Scanu, 31 anni, è stata la deposizione di Mauro Coramusi, 33 anni, il quale non poteva negare la propria partecipazione (stabilirà il tribunale se volontaria o meno) al fallito colpo negli uffici della «Pfs costruzioni». Coramusi ha indicato in Scanu l'autista della «128» scura partecipante al raid. Inoltre, Caterina Bosio, l'amica di Sergio Noardo, il rapinatore uccisosi ad Albenga, ha deposto in questura a Genova affermando che Scanu e Noardo si conoscevano dal periodo in cui il rapinrtore torinese aveva abitato ad Albissola. Antonino Napoli, 31 anni, altro bandito torinese, è stato riconosciuto — sia da Coramusi che dalla Bosio — come il quarto partecipante ! (sfuggito alla cattura) al col{ po di San Bartolomeo. Una giornata, dunque, risonasi a favore della pubblica accusa, anche se i due imputati hanno mantenuto un atteggiamento spavaldo, qua- si al limite della sfrontatezza. Come giustifica Mauro Coramusi, capufficio dell'agenzia della Banca d'America e d'Italia in largo San Francesco da Paola a Genova, la sua partecipazione all'impresa? Nella mattinata del 10 no- vembre il Noardo (conosciu- to circa cinque mesi prima, e col quale si vedeva un paio divolte la settimana) gli telefo-na in ufficio invitandolo ad «una passeggiata in Riviera». Partono da Genova verso le 14. Poco dopo Albenga, sull'autostrada, sostano su una piazzola dove c'è in attesa una «128» scura con due persone: breve conciliabolo tra queste ed il Noardo che risale a bordo e dice al bancario: «segui quell'auto». Coramusi chiede spiegazioni, e dalla risposta intuisce che c'è di mezzo qualche faccenda poco pulita, ma prosegue ugual! mente. Le due auto arrivano 1 a San Bartolomeo ed il Cora- musi viene invitato a tornare sull'autostrada, in un punto prefissato, e attendere, cosa che esegue puntualmente avendo la precauzione di alzare il cofano dell'Alfasud per simulare un guasto. Poco dopo, arriva la «128» guidata dallo Scanu, anch'essa in attesa (per la tentata rapina, era stata usata una «Mini» rubata | la notte precedente ad Andora). Le cose precipitano: sopraggiungono, dalla scarpata, Noardo e Napoli, quest'ultimo sale sull'Alfa del Coramusi urlando: «La polizia». Inizia la fuga e l'inseguimento della «polstrada», conclusosi ad Albenga con il suicidio del Noardo e l'arresto del bancario. Giovanni Scanu insiste nella primitiva versione. Sta tornando da Sanremo, quando si ferma per prestare aiuto ad un automobilista che crede in panne. Arrivano i banditi ed uno, il Noardo, lo minaccia con la pistola intimandogli di prenderlo a bordo e fuggire. Presso Albenga, Scanu sarebbe costretto a rallentare per far scendere il bandito, dopodiché prosegue sino a casa, a Celle Ligure, dove si reca dai carabinieri a raccontare la sua storia. A smentirli, però, ci sono gli agenti della «polstrada», i quali affermano concordi che presso il casello di San Bartolomeo le due auto («128» ed Alfasud) erano in posizione diversa da quella indicata dagli imputati, e con gli stessi al rispettivo posto di guida pronti a partire a razzo. Alla domanda del presidente Aschero (giudici a latere Schiavo e Piana, pjn. Penco) sul perché né l'uno né l'altro si fossero fermati alle intimazioni della polizia, hanno risposto: «avevo paura, non so, ero fuori fase» il Coramusi; lo Scanu: «pensavo alla mia pelle, avevo una pistola puntata contro». Il Coramusi non ha saputo spiegare l'improvvisa amicizia con il pregiudicato Noardo, giunta al punto da cercargli alloggio prima a Lavagna e quindi a Recco, e tale da offrire un tetto a Caterina Bosio (amica del Noardo) nella casa di Vincenza «P atrizia » Oneto, con la quale il bancario aveva una relazione. Per i due imputati (non riconosciuti dai testimoni alla tentata rapina, poiché fungevano da autisti) la posizione appare aggravata e non se lo nasconde il collegio difensivo (aw. Torrigino di Genova e Viale di Imperia per il Coramusi; Coniglio di Savona e Agnese di Imperia per lo Scanu), che ha chiesto ed ottenuto il rinvio. Unica figura patetica, in aula, Amleto Coramusi, padre del bancario, un pensionato del porto di Genova dove ha prestato servizio a lungo presso lo scalo petroli di Multedo. All'apparire del figlio in mezzo ai carabinieri è scoppiato in lacrime: «Chi lo poteva mai immaginare? Non gli mancava niente, guadagnava bene. Adesso, o mi sparo per la vergogna, o aiuto mio figlio». E per aiutarlo sta dando fondo ai propri risparmi per provvedere alle necessità della difesa. Vittorio Preve Imperia. Da sinistra Mario Coramusi e Giovanni Scanu