La guerra dei somali nelVOgaden

La guerra dei somali nelVOgaden ETIOPICI ALLA CONTROFFENSIVA CON LE ARMI SOVIETICHE La guerra dei somali nelVOgaden L'avanzata nella regione contesa rischia di essere inutile: rifornito dall'Urss, l'esercito etiopico resiste nelle città assediate e si prepara al contrattacco - I somali si sentono traditi da Mosca: dopo le proteste popolari verrà la rottura diplomatica? (Dal nostro inviato speciale) Mogadiscio, novembre. L'ambasciata sovietica, circondata da un muro altissimo, sembra una fortezza costruita nel centro dilla capitale. Il suo aspetto è minaccioso, porte e finestre sono sbarrate, i cancelli non vengono mai aperti. Se non fosse per la rossa bandiera con la falce eu il martello che sventola sul tetto, si potrebbe pensare che l'edificio è stato abbandonato, i suoi ospiti fuggiti. Ogni sera a Mogadiscio, nei quartieri periferici ma anche in quelli centrali, gruppi di giovani manifestano contro la presenza dei russi in Somalia. Grida, slogans vengono scanditi dai dimostranti: sembra che qualche volta le manifestazioni siano trascese, si parla dì scontri fra polizìa e giovani contestatori; ma su questo punto è difficile saperne di più, i giornali non ne fanno cenno, le fonti ufficiali tacciono. Si vive di indiscrezioni, di frasi sussurrate da un amico, un conoscente, che hanno visto « qualcosa » ma hanno paura di parlare, di raccontare. E' certo, tuttavia, che in tutto il Paese serpeggiano sentimenti di rivolta contro i russi. Ad Hargeisa siamo stati accolti da manifestanti che protestavano perché il governo non aveva scacciato ancora i russi; a Giggiga, la prima città liberata dell'Ogaden, le donne hanno inscenato una dimostrazione contro il governo di Mogadiscio perché « mentre i nostri figli muoiono sotto i proiettili russi », i sovietici vivono ancora tranquillamente in Somalia. Un mare pescoso L'ira popolare, passionale ed incontrollata, vorrebbe dunque forzare la mano al presidente Siad Barre, pretendendo che scacci i russi e tronchi ogni rapporto, diplomatico e commerciale, con l'Unione Sovietica. Forse per la prima volta dalla rivoluzione, il « vecchio » (come qui viene familiarmente chiamato Siad Barre) è al centro di una contestazione che, se ancora non coinvolge l'intera popolazione, trova ogni giorno nuovi adepti. I russi non sono mai stati troppo amati dai somali. Qualcuno afferma che in tutti questi anni non hanno fatto nulla per farsi benvolere. Con una mano davano (poco), con l'altra prendevano (molto). In effetti, la presenza sovietica in Somalia è stata sempre mal tollerata dalla popolazione, che nei russi più che degli amici ha visto degli sfruttatori. I russi hanno dato armi al nostro esercito, dicono i critici, ma in compenso si sono assicurati, «con poca spesa», il controllo dell'Oceano Indiano, dove oltre alla flotta di Mosca navigano anche centinaia di pescherecci so- a a a è vietici che ripuliscono il mare pescosissimo con le reti a strascico. Ufficiali sovietici hanno addestrato i 25 mila soldati dell'esercito somalo e l'Urss ha equipaggiato questa armata con carri armati T 34 da trenta tonnellate, Mig 15 e 17, vedette guardacoste; ma ogni settimana, fino a poco tempo fa, centinaia dì tonnellate di carne dì cammello partivano su aerei sovietici verso la Russia mentre a Berbera e sulle isole di fronte a Kisimaio tecnici di Mosca allestivano misteriose basi militari. Notizia, quest'ultima, sempre smentita dal governo di Mogadiscio, ma in questi giorni è facile incontrare più di un somalo disposto a rivelare che gli abitanti di alcune isole negli anni scorsi erano stati fatti sloggiare senza alcuna spiegazione e l'accesso era stato interdetto a chiunque non fosse sovietico. Il problema delì'Ogaden, la regione settentrionale rivendicata dalla Repubblica somala e dall'Etiopia, ha definitivamente compromesso i già difficili rapporti fra il governo di Mogadiscio ed il Cremlino. Il voltafaccia dell'Unione Sovietica, che si è schierata a favore della Giunta militare di Addis Abeba, rimangiandosi le dichiarazioni sui diritti dì quelle genti all'autodeterminazione, ha portato la situazione ad un punto molto prossimo alla rottura. Ormai quasi tutti i consiglieri militari - sovietici hanno lasciato la Somalia, ogni settimana decine di tecnici e funzionari russi partono per Mosca, non stupirebbe nessuno, anzi qui sono in molti ad augurarselo, se entro breve tempo i rapporti diplomatici fra i due Paesi, una volta amici, venissero interrotti. Da secoli fra etiopici (che a Mogadiscio vengono però chiamati abissini) e somali si combattono guerre feroci per assicurarsi il controllo del Corno d'Africa. Nel XVI secolo il condottiero somalo Mohamed Gran, detto il Mancino, aveva cancellato l'Abissinia dalle certe geografiche; ma, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, la Somalia affondava sotto gli assalti congiunti delle armate dell'imperatore Menelik II e dei « colonizzatori » italiani, inglesi e francesi. Al termine di questo conflitto, nel 1897, l'Etiopia si impadroniva delle regioni dell'Haud e delì'Ogaden, mentre le potenze europee si dividevano il litorale somalo. Le popolazioni assoggettate, tuttavia, non si sono mai arrese ed hanno continuato a combattere per tentare di sottrarsi agli occupanti. Dal 1898 al 1920 la guerriglia degli irredentisti si è estesa in tutti i territori occupati, guidata dall'eroe somalo Sayyed Mohamed Abdallah che, per la temerarietà delle sue azioni ed il coraggio disperato, è stato soprannominato « Mollali il pazzo ». Da quasi un secolo, dunque, i somali hanno una sola idea fìssa: la liberazione della Somalia storica, delle cinque regioni che formano la grande Somalia cantata dai loro antenati: la Somalia italiana, quella inglese, l'Ogaden, Gibuti ed il Kenya settentrionale. Nel 1960 le regioni assoggettate all'Italia ed all'Inghilterra hanno ottenuto l'indipendenza; quest'anno, a giugno, le truppe francesi hanno lasciato Gibuti. Dal 1961 il governo di Mogadiscio infiltra dei partigiani nelVOgaden e nel 1964 una guerra somalo-etiopica si era conclusa con la disfatta delle truppe di Mogadiscio: l'imperatore Hailè Selassie aveva dichiarato ufficialmente che l'Ogaden faceva ormai parte integrante del suo impero. Tre anni dopo i somali riportano un' altra sconfitta: la guerrìglia degli « shiftà » che si battono per l'indipendenza dei territori del Kenya settentrionale, viene soffocata nel sangue. Questi due clamorosi insuccessi vengono attribuiti dall'opinione pubblica somala al regime tribale e corrotto del presidente Shemarke. Nell'ottobre del 1969, l'esercito si impadronisce del potere ed il generale Mohamed Siad Barre viene eletto presidente. Nel '76, la crisi All'inizio sembra che il nuovo regime non sia disposto ad aiutare i partigiani del Fiso (Fronte di liberazione della Somalia Occidentale), ma si tratta dì un'impressione errata. Prima di lanciarsi verso nuove avventure, il presidenie Siad Barre vuole assicurarsi tutti i mezzi e gli aiuti necessari. Prima di tutto si inizia una colossale campagna di alfabetizzazione: nasce la lingua somala, un sistema semplice ed efficace per rinforzare i sentimenti nazionalisti della popolazione. Poi si cercano aiuti esterni: per la prima volta nella storia del Corno d'Africa, Mogadiscio firma un trattato d'amicizia con Mosca. Con l'aiuto dei russi, i somali ricostruiscono l'esercito: trentamila uomini, battaglioni corazzati, paracadutisti, mentre l'aviazione, prima quasi inesistente, viene organizzata ed addestrata all'uso dei veloci caccia Mig e dei bombardieri Ilijuscin. Intanto l'accorta politica del presidente Barre incomincia a dare i suoi frutti. Sono sempre più numerosi i Paesi occidentali che guardano con simpatia verso Mogadiscio, mentre l'avvento del regime rivoluzionario del colonnello Mengistu ad Addis Abeba, ed il suo progressivo avvicinamento all'Unione Sovietica, allontanano, dopo 24 anni di relazioni privilegiate, gli americani. Anche le cordiali relazioni che esistevano tra la Francia e Hailè Selassie finiscono; lo stesso Kenya, che aveva stipulato con l'Etiopia un patto di assistenza militare implicitamente diretto contro Mogadiscio, sembra poco favorevole a collaborare col regime marxista del colonnello Mengistu. Nel frattempo i « principi del petrolio » che nel 1974 avevano appoggiato l'ingresso della Somalia nella Lega Araba, e che non nascondono le loro preoccupazioni per la penetrazione sovietica ad Addis Abeba, offrono importanti aiuti finanziari al presidente somalo in cambio di un allentamento dei rapporti fra Mogadiscio e Mosca. La situazione precipita nel 1976, quando il governo sornalo offre tutto il proprio appoggio ai partigiani del Fiso per risolvere la questione delì'Ogaden. Il Cremlino disapprova, sospende l'invio di armi e munizioni a Mogadiscio, ritira parecchie centinaia di consiglieri militari (che si trasferiscono ad Addis Abeba). Da par¬ te sua il presidente Siad Barre si assicura l'aiuto della Cina (Pechino ha dichiarato di essere disposta a fornire armamenti e pezzi di ricambio) e dell'Arabia Saudita, che finanzia l'acquisto di materiale bellico per decine di migliaia di milioni di dollari su mercati occidentali, dove è improvvisamente cessato l'« embargo » verso Mogadiscio. NelVOgaden, approfittando della critica situazione interna dell'Etiopia e delle difficoltà che le truppe di Addis Abeba incontrano sul fronte eritreo, i partigiani del Fiso (circa 15 mila uomini), rinforzati dall'arrivo di migliaia di soldati somali « volontari », ottengono uni serie di importanti vittorie, culminate con l'occupazione di Giggiga. Adesso, però, le operazioni militari sembrano bloccate. I partigiani sono stati fermati davanti ad Horror e Dire-Dawa e non riescono a progredire di un metro. Gli etiopici si sono saldamente attestati sulle loro posizioni e si stanno riorganizzando, forti del materiale fornito dall'Unione Sovietica. Da settimane i guerriglieri sono sottoposti notte e giorno al bombardamento dei cannoni da 150 mm arrivati da Mosca, mentre sono comparsi i primi carri armati T 54. Secondo i somali ci sono almeno 15 mila fra cubani e sud-yemeniti che combattono a fianco degli etiopici; secondo fonti diplomatiche sarebbero circa 500. Di certo l'esercito di Addis Abeba sta preparando una controffensiva: per la prima volta nella battaglia sono stati impiegati da parte etiopica degli elicotteri equipaggiati con missili anticarro; dalle trincee di Harrar, le micidiali Katiusce fanno piovere centinaia di razzi sulle truppe partigiane che tentano invano di sfondare le linee. Il tempo gioca a favore della giunta militare di Addis Abeba: è opinione diffusa fra gli osservatori stranieri che, al termine della stagione delle piogge, gli etiopici scateneranno la loro controffensiva per ricacciare i somali. Francesco Fornati Fronte delì'Ogaden. Un gruppo di partigiani si avvia alla linea di combattimento (Foto dell'autore)