Barone è rimesso in libertà Continua l'inchiesta Sindone di Sandro Doglio

Barone è rimesso in libertà Continua l'inchiesta Sindone Ancora mistero sui 500 conti privilegiati Barone è rimesso in libertà Continua l'inchiesta Sindone Il giudice ha sentito anche Ventriglia e il direttore del Banco di Roma, Puddu (Dal nostro inviato speciale) Milano, 10 novembre. Ventiquattr'ore dopo essere stato arrestato per reticenza e falsa testimonianza — per avere presumibilmente negato di conoscere l'elenco dei cinquecento nomi a cui erano intestati i conti privilegiati che Sindona diede ordine di rimborsare quindici giorni prima della liquidazione della Banca Privata Italiana, nel settembre 1974 — il dottor Mario Barone, amministratore delegato del Banco di Roma, è stato oggi rimesso in libertà. Stasera alle 18,30 all'uscita dal carcere di San Vittore — nella cui infermeria aveva trascorso la notte, e dove oggi pomeriggio era stato nuovamente interrogato dal giudice istruttore Urbisci — Barone è stato affrontato da giornalisti e fotografi. «La situazione è stata chiarita» , ha detto con un sorriso. «Come?» gli è stato domandato. «Mi spiace, ma questo è un segreto istruttorio» , ha risposto. E se n'è andato, salendo su un'automobile che lo attendeva da parecchie ore. Stesse domande al giudice Urbisci e al p.m. Viola: nessuna risposta. Sulla vicenda re sta un grosso interrogativo, che si può tentare di sciogliere soltanto con ipotesi e supposizioni, o cercando di interpretare voci e fatti. Prima di interrogare in carcere Barone, il giudice istruttore aveva oggi sentito nuovamente gli altri due testimoni chiave dell'istruttoria in atto contro Sindona per bancarotta fraudolenta: Ferdinando Ventriglia (attuale presidente dell'Isveimer, ex vicepresidente del Banco di Roma, ex direttore generale del ministero del Tesoro e antico consigliere economico di Emilio Colombo), e Angelo Mauro Puddu, direttore centrale del Banco di Roma. Ventriglia, entrato dal giudice alle 12,10, tranquillo, sorridente, è uscito dopo un'ora e mezzo di interrogatorio: «Non ho nessuna dichiarazione da fare» , ha detto, «ho fatto soltanto il mio dovere come testimone». Domanda: «Ha detto qualcosa sui cinquecento nomi per i quali è stato arrestato Barone? ». «Chiedetelo al giudice. Vi prego di non insistere». E se ne è andato. A quanto si sa, sarebbe stata proprio la testimonianza di Ventriglia a mettere in difficoltà Barone: il presidente dell'Isveimer avrebbe detto — e confermato oggi — che la lista dei 500 conti lui l'aveva vista, ma senza conoscerne i nomi degli intestatari (si tratterebbe infatti di una serie di numeri o di sigle). La stessa tesi avrebbe sostenuto l'altro testimone, Puddu. E così il giudice ha avuto dei dubbi quando anche Barone ha detto di non saperne niente. Possibile che nessuno sapesse quei nomi? Lo ha minacciato di arresto, lo ha lasciato riflettere, lo ha nuovamente interrogato, infine lo ha arrestato, senza riuscire però a saperne di più. Dopo la notte in carcere, Barone ha cambiato testimonianza? Oppure è riuscito a convincere il giudice che davvero non sa a chi corrispondono i numeri di codice che figurano in test- ai cinquecento misteriosissimi conti privilegiati per un totale di 54 milioni di dollari, che dopo essere stati frettolosamente immessi nelle casse deposito della Banca di Sindona, sono stati altrettanto frettolosamente restituiti ai legittimi proprietari, sfuggendo alla liquidazione e al fallimento dell'istituto di credito? Alcuni cronisti, avendo notato che subito dopo l'ultimo interrogatorio e la liberazione di Barone, il giudice Urbisci ha fatto una serie di telefonate dall'ufficio stesso del direttore di San Vittore, ne hanno tratto l'impressione che l'amministratore delegato avesse fatto qualche nome o suggerito qualche strada da seguire per approfondire le indagini. Secondo indiscrezioni riferite da un'agenzia di stampa, i magistrati avrebbero addirittura già dato incari co alla Guardia di Finanza di svolgere «una serie di accertamenti per riscontrare alcune circostanze di notevole interesse per l'economia processuale». «Non è escluso», conclude l'informazione, «che siano disposte anche delle perquisizioni». Altri pensano che Barone sia semplicemente riuscito a convincere il giudice della sua buona fede, della sua ignoranza dei nomi che si nascondevano dietro i famosi numeri in codice. Se questa è la verità, la palla toma nelle mani di Sindona, apparentemente unico depositario della chiave interpretativa dei cinquecento misteriosissimi conti privilegiati. Circola anche voce che Barone avrebbe detto al giudice che gli consegnerà l'elenco dei 500 nomi entro due giorni. C'è infine chi dice — riferiamo la voce a tìtolo di cronaca — che l'insistenza di Urbisci nell'interrogare Barone sarebbe dovuta a una misteriosa lista di nomi, giunta anonimamente a palazzo di Giustizia: sarebbe l'elenco dei proprietari dei famosi conti, rivelato da qualcuno che ha interesse a trascinare molta gente nello scandalo. Urbisci avrebbe cercato di sapere proprio da Barone se quei nomi erano quelli veri. Mentre Barone corre, libero, verso Roma su una «132» blu, è giunta stasera notizia a Milano che il giudice americano che sta giudicando la richiesta di estradizione per Sindona, ha dichiarato in udienza pubblica che «le prove raccode finora sono sufficienti». Da questo a prevedere che il finanziere siciliano possa essere estradato e rispedito da New York in Italia c'è ancora un lungo passo. Sindona stesso non ritiene ancora di aver perso la sua battaglia per sfuggire alla magistratura italiana: a quanto si apprende ha ripetuto oggi di considerarsi un «perseguitato politico», e il giudice gli ha dato tempo fino al 22 novembre per indicare i testi che vorrebbe fossero ascoltati per confermare questo suo presunto stato di «perseguitato». Sindona darà i nomi, ci sarà qualche altro scandalo, molte polemiche. La trafila per l'estradizione rischia di essere ancora lunga. E più lunga ancora sarà presumibilmente la strada per accertare le molte verità che scottano in questo scandalo. Sandro Doglio

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