Una società fantasma organizza la "tratta di italiani,, in Libia?

Una società fantasma organizza la "tratta di italiani,, in Libia? Tre sardi fuggiti da Tripoli denunciano il traffico Una società fantasma organizza la "tratta di italiani,, in Libia? Partiti con la promessa di un milione il mese, in tre sono stati costretti a dormire in 2 brandine Sassari, 8 novembre. Tre muratori sardi — due di Sassari e uno di Porto Torres, a 16 chilometri dal capoluogo — hanno annunciato oggi che presenteranno denuncia contro una società romana — la «Scorpion», che avrebbe sede in via Monte dell'Occhio n. 5 — per essere stati ingaggiati per un lavoro in Libia con la promessa non mantenuta di un compenso mensile di un milione di lire e di una sterlina al giorno per le spese di vitto. Ad un'indagine più accurata, si è scoperto che a Roma non si ha notizia dell'esistenza di alcuna società dal nome «Scorpion», come risulta dalla loro testimonianza. Anche il recapito con il quale viene indicata la «Scorpion» non trova alcun riscontro, dato che a Roma non esiste via Monte dell'Occhio. E' probabile quindi che si tratti d'un nome fantasma. I tre muratori, Giovanni Tanca, Nino Mureddu e Antonio Farris, sono tornati in Sardegna il primo novembre scorso e hanno detto di aver subito nel paese africano un trattamento «disumano» e, inoltre, di non aver percepito alcun compenso per il lavoro svolto. I tre hanno detto di aver lavorato in un cantiere edile a Zuara, una località desertica a 120 chilometri da Tripoli, e che a ingaggiarli sarebbe stato un rappresentante dell'agenzia romana, il quale avrebbe avvicinato per primo Tanca che era appena rientrato dall'Arabia Saudita. Sempre secondo la loro dichiarazione, due settimane dopo il primo contatto, e dopo che la stessa agenzia aveva sbrigato tutte le pratiche, i tre operai avevano ricevuto un telegramma col quale li si invitava a recarsi a Roma. Tanca e gli altri due sostengono di aver trovato nella capitale italiana altri diciotto operai, provenienti dal Molise, insieme con i quali avrebbero raggiunto in aereo Tripoli, dove già c'erano una quarantina di lavoratori italiani. Resisi conto però che le condizioni di lavoro non erano quelle stabilite, hanno chiesto di rientrare subito in Italia. «Ci risposero — affermano i tre — che non c'era niente da fare e scoprimmo che quello che nel passaporto avevamo creduto fosse un visto di ingresso era invece un contratto di lavoro, scritto in caratteri arabi, che ci impegnava per un anno». I tre sostengono di essersi quindi rivolti al console italiano, il quale avrebbe affermato di non poter fare niente, essendoci un contratto regolarmente firmato. Tanca, Mureddu e Farris avrebbero perciò accettato di andare a lavorare a Zuara, dove avreb¬ baav—p e e e e o n o e r , o a n a e . i n e r n e, o o bero però trovato condizioni ambientali che definiscono appunto «disumane». «Dovevamo dormire — affermano — in tre su due brandine e per mangiare ci davano la mattina un pezzo di pane e un pomodoro ». Per tentare di uscire da questa situazione, Tanca si sarebbe finto pazzo e si sarebbe scagliato prima contro un muro e poi contro un pilastro di cemento armato. Lasciato a riposo, il muratore avrebbe condotto una piccola «indagine», riuscendo a scoprire il nome e dove abitava il padrone dell'impresa. Recatisi da quest'ultimo, i tre muratori sarebbero riusciti a convincerlo a concedere loro il permesso di rientrare in Italia. Per quanto riguarda gli accordi per il lavoro in Libia, i tre affermano di essersi incontrati a Roma con un geometra molisano, del quale hanno indicato soltanto il cognome, D'Alessandro, e di aver poi incontrato a Tripoli un altro italiano che a loro parere è il capo di tutta l'organizzazione. Si chiamerebbe Argentieri e sarebbe stato «il più disumano e il più insensi¬ bile alle condizioni di lavoro». «Non ce l'abbiamo con gli arabi — sostengono i tre — ma con gli italiani che ci hanno turlupinato nel modo più vile. Ci era stato promesso un compenso allettante, ma quando abbiamo chiesto di poter riscuotere il salario gli arabi ci hanno detto che il corrispettivo era stato versato alla "Scorpion" in sterline e che avremmo dovuto rivolgerci ai nostri connazionali per averlo ». I tre muratori affermano anche che all'arrivo all'aeroporto di Fiumicino avrebbero voluto presentare denuncia al commissariato di polizia di frontiera, ma che purtroppo il primo novembre, giornata festiva, l'ufficio di pubblica sicurezaz era chiuso. Alla Farnesina risulta in effetti che esistono anche «sistemi non ufficiali», cioè irregolari, di reclutamento di lavoratori italiani all'estero. Di fronte a questi casi, appena se ne viene a conoscenza, si procede denunciando all'autorità giudiziaria i responsabili, che vengono perseguiti a norma di legge. Già in due occasioni, ultimamente, il ministe¬ ro degli Esteri si è comportato in questo modo nei confronti di due situazioni di reclutamento irregolare di lavoro italiano all'estero. A tarda sera si è appreso che a Roma esiste una società dal nome « Scorpios », che ha il recapito in un lussuoso edificio di via Colle Oppio 5. La società si occupa di importazioni ed esportazioni, tratta prevalentemente materiali per l'edilizia ed ha frequenti rapporti con paesi del Nord-Africa. Un esponente della :< Scorpios » ha riferito ai giornalisti che saltuariamente alcuni loro clienti chiedono alla società di aiutarli nella ricerca di operai specializzati da impiegare nelle loro imprese. E' accaduto talvolta anche per la Libia, ha affermato il funzionario, e la « Scorpios » ha cercato di fare del suo meglio per favorire i propri clienti: alcune persone incaricate dalla so cietà di importazioni ed esportazioni hanno quindi preso contatto con lavoratori italiani che, in qualità di operai specializzati, desideravano recarsi in Libia ed accettavano le buone condizioni retributive loro offerte. (Ansa)

Persone citate: Antonio Farris, Argentieri, D'alessandro, Farris, Giovanni Tanca, Mureddu, Nino Mureddu, Tanca