Lettere dall'«Itaglia» di Luciano Curino
Lettere dall'«Itaglia» I contadini meridionali al fronte Lettere dall'«Itaglia» « Lettere dall'Itaglia » a cura di Gianni Raviele. Guida Editori, pag. 98, lire 2200. Una trentina di lettere e cartoline di soldati meridionali spedite sessant'anni /a dal fronte. Scritte in mona di querra» o in mona di guerre», indirizzate alla «carissima moglia», terminano con uno struggente «adìo, adio». Sono piene di errori e di calda umanità e, presentandole, Gianni Raviele nota che raramente la guerra si colora in queste lettere dì toni epici, che non ci sono imprecazioni né disperazione, è un confidarsi sommesso ma virile, retaggio della condizione contadina, tessuta da pazienti attese e lunghi silenzi. «Mi sembra che tutte le disgrazie esistono per me sulla terra» scrive un soldato, e un altro: «Sul fronte sta per cominciare l'azzione» e non c'è difesa, c'è soltanto un remissivo bisbiglio: «speriamo che non fosse». Il soldato Francesco Capuano termina la lettera alla moglie: «Sono tuo Francesco pero nato chon una brutta fortuna». Il soldato Lucciano Adamo: «La mia salute è ottima solo che mi trovo in una posissione cattiva, cioè in prima linea. Speriamo presto la sospirata Pace». Anche in altre lettere la parola pace è sempre scritta con l'iniziale maiuscola. Nella prefazione Sergio Zavoli scrive: «Ogni lettera è una sola voce e un'unica vita, ancha se nasce da un grande fatto corale. Non è per caso che le trincee non ebbero i cori dei meridionali, ma solo, qua e là, qualche singolo canto». Sono lettere belle, è bellissima qujlla di Clemente G. Battista; «Veniamo trapalati come tanti cavalli... ci dobbiamo arrampicare come tanti gatti nei punti disastrosi nei fordi cespugli... pariamo tanti muli montagnoli». Il naif descrive la propria condizione rapportandosi alle bestie, allo stato animalesco. «Qui c'è molta neve» ed è marzo, il soldato ricorda che a San Martino, il suo paese in provincia di Avellino, ora i peschi sono in flore, la campagna è tiepida e verde. La nostalgia è lacerante. Ogni lettera è gonfia dì nostalgia e ricorrente è il lamento perché troppo poche sono le notizie da casa. «Mio padre perché non mi scrive e ho tanti mali pensieri...». «Sono circa due mesi che non ricevo loro notizie, non posso darmi pace, non sò come descrivere solo che da un momento all'altro farò straggi». Il grande sogno di tutti è la licenza agricola, il «miraggio dell'Italia contadina in armi». Il caporale Michele Ciullo scrìve al farmacista del suo paese pregandolo di spedire un telegramma al comandante della compagnia «dicendo che la mia mamma sta gravemente ammalata, cosi potrò venire in licenza». E' dubbio che l'ingenuo tentativo sia riuscito, perché sulla cartolina del caporale c'è il timbro: «Verificato per censura». Tra tutte queste lettere sgrammaticate e umanissime, ve ne è una scritta in italiano corretto, ma burocratico e gelido. E' dell'Ufficio Informa zioni del 30° Reggimento Fanterìa, dice: «Si comunica, con rincrescimento, che il soldato Clemente Giovanni è deceduto, sul campo, il 29 Giugno u. s. in seguito ad asfissia Pregasi esternare alla famiglia a nome del Reggimento vive e sentite condoglianze». Luciano Curino
Persone citate: Francesco Capuano, Gianni Raviele, Michele Ciullo, Sergio Zavoli
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