Praga fa ancora paura di Ferdinando Vegas

Praga fa ancora paura Praga fa ancora paura Il colpo di Stato del 1948 e la politica dei comunisti cecoslovacchi I Francois Fejto: « Il colpo di steta a Praga Bompiani, pag. 5000. 1948 », ed, 293, lire L'espressione «colpo di Praga» osserva l'autore nelle prime righe di quest'opera, è diventata un luogo comune del vocabolario politico; richiamato specialmente quando si accenna alla possibilità della partecipazione dei comunisti al governo di qualche Paese, specie in questi tempi di «eurocomunismo». Le differenze tra la Cecoslovacchia del 1948 e l'Italia o la Francia di trent'anni dopo sono certamente tanto profonde da non consentire un paragone, così come sarebbe assurdo accostare V«eurocomunista.» Berlinguer allo stalinista Gottwald; non per questo, però, risulta meno interessante studiare che cosa avvenne realmente a Praga nel febbraio 1948. Tanto più che, se l'espressione «colpo di Praga» è am- piamente diffusa, estremo mente carente è invece un'e¬ satta conoscenza storica dell'avvenimento. Dobbiamo quindi essere grati a quel grande esperto dell'Europa orientale che è il Fejto (autore di una fondamentale Storia delle democrazie popolari, dal 1945 al 1971, ora nei «tascabili Bompiani») di avere attentamente ricostruito e chiaramente esposto senza partire da alcuna tesi preconcetta, «in che modo i rivolgimenti di quell'epoca siano stati possibili, se non necessari, come e perché la società cecoslovacca sia passala da una struttura democratica pluralista... a una struttura integrata, dittatoriale, intollerante dì qualsiasi opposizione». La crisi che venne a maturazione nelle, «giornate di feb. braio» del '48, per concludersi così disastrosamente, va collocata, ovviamente, nell'ambito di una situazione storica, interna ed interna- zionale, che si sviluppa da Monaco, attraverso le vicende della seconda guerra mondiale, sino alla «guerra fredda». Tradita e abbandonata a Monaco dalle democrazie occidentali, la Cecoslovacchia dopo la guerra non poteva non stringersi all'Unione Sovietica, divenuta la potenza dominante nell'Europa centro-orientale. D'altra parte Benes, tornato alla presidenza della Repubblica, fidando sul proprio prestigio personale e sulle tradizioni democratiche del Paese, sperava che questo si ponesse come ponte tra l'Occidente e l'Oriente con la «via cecoslovacca» al socialismo. Il divampare sempre più acceso della «guerra fredda» doveva ben presto vanificare la speranza. Sul piano internazionale la Cecoslovacchia ricadeva di fatto nella sfera d'influenza sovietica, con le inevitabili ripercussioni sul piano interno, dove già di per sé diventava sempre più difficile la convivenza tra comunisti ed altri partiti in seno al governo di coalizione presieduto dal comunista Gottwald (capo del partito che nelle elezioni del 46 aveva ottenuto la maggioranza relativa, il 38%). Così mentre i comunisti si preparavano accuratamente alla prova di forza, con le sperimentate tattiche dell'infiltrazione, dell'occupazione di posti chiave, dell'agitazione sociale, dall'altra parte non si andava al di là di «una politica alla giornata». Finché, al momento culminante della crisi, i non comunisti commetteranno l'«enorme errore tattico» delle dimissioni dei ministri, per forzare Gottwald a cedere sulla questione della polizia o per aprire la via ad elezioni che si speravano favorevoli. La soluzione sarà invece, appunto, il «colpo di Praga», cioè la mobilitazione comunista di massa e le pressioni sull'anziano e malato Benes, che il 25 febbraio finirà per cedere, accetterà le dimissioni dei ministri moderati e riconfermerà Gottwald al governo: lo stesso Benes che due giorni prima aveva accusato i comunisti di fare un putsch, di preparare una seconda Monaco. Ferdinando Vegas

Persone citate: Benes, Berlinguer, Fejto, Francois Fejto, Gottwald