Carter: sostenere Israele ma vanno riconosciuti i diritti dei palestinesi di Furio Colombo

Carter: sostenere Israele ma vanno riconosciuti i diritti dei palestinesi Forte discorso al Congresso ebraico Carter: sostenere Israele ma vanno riconosciuti i diritti dei palestinesi (Dal nostro corrispondente) New York, 3 novembre. Di fronte a una platea fredda e in qualche momento ostile o incredula, il presidente Carter ha pronunciato ieri a Washington il suo primo importante discorso sulla politica americana nel Medio Oriente, su quella che amici e nemici, per ragioni diverse, chiamano «la svolta» nei rapporti americani verso Israele. Ha detto il presidente americano: «Non illudiamoci, la strada sarà lunga e difficile. Ma il nostro obiettivo è una pace stabile nel Medio Oriente. Di fronte al rischio di guerra noi non possiamo restare spettatori, anche se giocare a distanza sarebbe stato più prudente e non avrebbe offerto lo spunto a tante interpretazioni sbagliate. Ma solo uno spirito di cooperazione ci potrà portare insieme verso una vera pace». Di fronte a Carter erano i membri delle maggiori organizzazioni ebraiche del mondo, raccolte a congresso al Capital Hilton Hotel di Wa¬ shington. Due giorni prima avevano ascoltato le dure critiche di Howard Baker, leader della minoranza repubblicana al Senato, che aveva accusato Carter di «giocare alla roulette russa nel Medio Oriente». Prima ancora del discorso di Carter (e delle dichiarazioni fatte ieri da Vance nella conferenza stampa al dipartimento di Stato sullo stesso argomento) molti commentatori politici a Washington avevano osservato la strana e discutibile ridisposizione delle forze politiche americane nella questione del Medio Oriente. Tradizionalmente il partito repubblicano è sempre stato freddo sul problema di Israele, ed è infatti il partito che raccoglie la maggior parte dell'opinione protestante americana, compresi i grandi gruppi finanziari e d'opinione che, a causa del petrolio, hanno sempre avuto eccellenti relazioni professionali e personali con i Paesi arabi. Un partito di massa come quello democratico non solo è stato sempre storicamente il riferimento degli emigrati (gli ebrei, come gli italiani, come gli irlandesi), ma storicamente il più sensibile ai grandi problemi morali d<>l mondo, come quello della difesa e della sopravvivenza di Israele. «E' esattamente questo impegno che ci motiva oggi nella nostra azione politica», ha affermato oggi Carter, come aveva spiegato iori ai giornalisti il Segretario di Stato. E ha inteso dire che è puro cinismo politico coltivare le illusioni di alcune correnti israeliane sulla fiducia esclusiva nella forza e nella perenne superiorità militare. In un dramma di queste dimensioni, aveva detto giorni fa in una intervista il Presidente americano, non possono esserci inganni e i veri amici hanno il dovere di dire la verità. La verità, secondo quanto ha affermato Carter nel suo discorso al World Jewish Congress, riunito a Washington, e che lo ha ascoltato con pochi applausi e spesso in un gelido silenzio, è che solo un accordo fra tutte le parti e un Impegno fra le maggiori potenze del mondo può portare ad una pace che duri, alla fine dello spave -toso logoramento di risorse e di vite umane che la ferita aperta continua a causare in quella zona del mondo. Nessuno, ha detto Carter, ha il diritto di avere dubbi sul nostro impegno accanto a Israele per la sua vita, la sua protezione, la continuità e il diritto di esistere. Ma il Presidente ha pure ribadito che gli Stati Uniti « continueranno a incoraggiare la ricerca di una soluzione costruttiva della questione palestinese, una soluzione che non minacci gli interessi dei Paesi interessati, pur rispettando i diritti legittimi dei palesti nesi ». E' questa ultima espressione, contenuta nella dichiarazione comune americano-sovietica del primo ottobre scorso, che aveva suscitato collera e inquietudine nella comunità israelita americana. Carter ha ricordato che gli Stati Uniti « non sono favorevoli alla formazione di uno Stato palestinese indipendente sulla riva occidentale del Giordano». Il Presidente ha poi detto che gli Stati arabi hanno attualmente « accettato lo status di Israele in quanto nazione » e ha aggiunto: « Essi non rifiutano più di sedere al tavolo dei negoziati con Israele e non contestano più il diritto di Israele a vivere all'interno di frontiere sicure e riconosciute ». Carter ha quindi dichiarato che Israele, dal canto suo, «ha accettato l'idea di una delegazione araba unificata comprendente palestinesi » alla conferenza di Ginevra. Il I residente ha così proseguito: « Continuo a credere che i tre principali problemi sono: in primo luogo gli obblighi derivanti dalla pace, compresa la totale normalizzazione delle relazioni politiche, economiche e culturali; in secondo luogo l'istituzione di efficaci misure di sicurezza unite al ritiro di Israele dai territori occupati; in terzo luogo una soluzione della questione palestinese». Carter ha voluto essere rigoroso nella sua esposizione del problema e ha rinunciato ad ogni accenno accattivante nel suo discorso, nonostante l'evidente difficoltà psicologica che lo divideva dai suoi Furio Colombo (Continua a pagina 2 in ottava colonna)

Persone citate: Howard Baker