Una prova dei nervi di Giovanni Trovati

Una prova dei nervi Una prova dei nervi Numerosi parlamentari democristiani hanno messo sotto accusa il governo, e in particolare il ministro dell'Interno, per non aver preso iniziative proporzionate alla gravità della situazione dell'ordine pubblico. In un documento si chiedevano « concreti ed eccezionali interventi », poi Piccoli è riuscito a far togliere l'aggettivo « eccezionali » e la richiesta è ora di « concreti interventi e comportamenti ». Quell'aggettivo a nostro giudizio era di troppo. Le bombe che devastano le sedi della de (e non solo della de), i colpi di rivoltella non più sparati alle gambe, ma in parti più vitali e quindi più pericolosi, degli esponenti medi della de (e anche di altri cittadini) sono fatti concreti e destano preoccupazione. Tutti se ne rendono conto e capiscono. Ma una emotività troppo vistosa ci spiace perché vediamo in quello stato d'animo un punto acquisito dal « partito armato » con le sue delinquenziali azioni. La democrazia — per la quale è un dovere lottare — è un regime che reagisce in maniera ferma ma coerente, l'unica del forte, alla violenza di chi la combatte: sa capire i tempi, superare i momenti neri, e le sconfitte come possono essere considerate le sedi devastate dei partiti e le aggressioni agli uomini politici (ma sono sconfitte anche i negozi incendiati, le auto rovinate, i cittadini rapinati e rapiti). Il che non equivale ad accettare passivamente: equivale a ben meditare il comportamento giusto della reazione. Se si comincia con le misure eccezionali, non si sa dove si va a finire. La democrazia costa. E' in colpa il governo? E' in colpa il ministro Cossiga (che tanti elogi ebbe in passato)? La violenza non è soltanto in Italia, è in tanti o forse in tutti i Paesi cosiddetti civili. E' un frutto della società industriale, di un sistema che emargina troppa gente, in specie i giovani. Dovremo abituarci a vivere anche con la violenza, sino a quando non riusciremo a migliorare il si stema sociale. Chi è senza lavoro può diventare un neghittoso, un frustrato, un violento, un fanatico. Don Bosco cento anni fa andava a raccogliere i ragazzi disperati della cintura di Torino e si preoccupava di trovar loro un'occupazione, convinto che l'« ozio » è un pessimo consigliere. Anche la politica può diventare un'occupazione di supplenza per tanti giovani, con le conseguenze che vediamo nelle università e nelle strade. Credere d< estirpare la violenza, o anche solo contenerla, con la polizia o con misure di polizia, è un'impresa persa sin dall'inizio. Dobbiamo ripetere che, in proporzione, abbiamo la polizia più numerosa dei Paesi dell'Europa occidentale? E' una polizia che va meglio impiegata per accrescere la sua produttività. Ma da quanto sentiamo parlare di riforma? A che punto è? Il progetto proposto sarà insufficiente, ma è una base di partenza. Se non si procede, si dia colpa a tutti i partiti. La democrazia vive se le forze politiche hanno capacità di giungere ad un minimo di accordo. Sulla polizia, sui mezzi di prevenzione e di repressione ci sono idee confuse e contrastanti. Ancora sette anni fa si parlava di polizia disarmata. Evidentemente non si capiva che cosa stava per caderci addosso. Ma anche quando avremo un impiego più razionale della polizia, dobbiamo toglierci l'illusione che sia possibile tutelare tutto e tutti, mettere un agente al servizio di ogni uomo politico o di ogni cittadino che si senta minacciato. Una difesa dello Stato « ad personam » è improponibile. Una difesa contro la violenza sono le riforme, la fiducia, meritata, della gente nelle istituzioni. Lo Stato moderno ha bisogno del consenso, perché è troppo vulnerabile. Dell'interpellanza democristiana c'è un passo che si può sottoscrivere: la denuncia di un certo lassismo nel consentire l'uso di armi improprie e di bottiglie molotov. Il lassismo c'è, ma ci dimentichiamo i dibattiti parlamentari di alcuni anni fa dopo le manifestazioni di piazza? Adesso è più diffìcile ridurre l'uso di quelle armi. Adesso si deve constatare che la sicurezza personale e l'ordine pubblico in generale è problema non di un solo partito, ma di tutti i partiti. Giovanni Trovati tadchqvegMhuCcdgdvpqddvsnc

Persone citate: Cossiga, Don Bosco

Luoghi citati: Europa, Italia, Torino