Come finì il vero processo Tarnowska di Piero Zanotto

Come finì il vero processo Tarnowska Dalla realtà alla televisione il grande scandalo nella Venezia del 'IO Come finì il vero processo Tarnowska Il conte Kamarowsky, la vittima, morì anche a causa della clamorosa incuria d'un primario - Perché i personaggi dello sceneggiato tv sono diversi dai personaggi della cronaca - Qualche concessione al romanzesco da parte del regista Fina (Nostro servizio particolare) Venezia, 30 ottobre. Come finì il vero processo alla Tarnowska, ohe oggi appassiona soprattutto i telespettatori del mercoledì? Sono le 21,20 del 20 maggio 1910 quando la corte, dopo nove ore di camera di consiglio, al termine della quarantottesima udienza, emette il verdetto nei confronti di Maria Tarnowska e dei suoi due amanti, Prilukov e Naumov. Il presidente Angelo Pusitano legge la sentenza, che tutti considerano straordinariamente mite: 10 anni a Prilukov, 3 anni e 1 mese a Naumov, 8 anni e 4 mesi alla diabolica contessa. Pochi o tanti per un complotto che aveva portato all'uccisione di un uomo? A tutti e tre i protagonisti di quella squallida vicenda, il tribunale riconobbe la concausa essendosi potuto dimostrare che «all'esito mortale delle ferite (subite dal conte Kamarowsky con i colpi di pistola sparatigli dal giovane Naumov) aveva influito la carenza di misure antisettiche nelle cure prestate alla vittima». Una formula vaga, come si vede, emessa per non far ricadere sulle spalle di un primario ospedaliero il tragico risultato della propria imperizia professionale. E' accertato infatti che, allorché Kamarowsky venne accolto in ospedale, il primario era in campagna: operò l'uomo un assistente. Quando il primario tornò, visitò il degente e stabilì che bisogna intervenire nuovamente. L'uomo morì a seguito di questo secondo intervento chirurgico per infezione. Ma la gente, il popolo, gli osservatori superficiali, non potevaiio saperlo. L'indignazione in Venezia e nel mondo fu enorme. Tuttavia i protagonisti del fattaccio che tanto scalpore aveva suscitato, furono se non proprio dimenticati, persi di vista assai presto. Le cronache sul «caso Tarnowska» chiudono con la sentenza emessa dal tribunale di Venezia. Che cosa accadde, dopo? Nicola Naumov, 23 anni, ex ufficiale dello zar, venne subito liberato avendo scontato la -sena con il carcere preventi¬ vo. Tornò in Prussia, nella città di Orel dove ancora vivevano i suoi. Fu aiutato a liberarsi dall'alcoolismo che lo teneva prigioniero da tempo. Diversa sorte doveva toccare a Donato Prilukov, trentacinquenne, uomo insignificante, mezzo miope, con un principio di gibbosità, privo di carattere, una larva (esattamente il contrario, anche fisicamente, di come ce lo presenta il regista Fina in televisione, interpretato da Umberto Orsini); ricattato dalla Tarnowska che spegneva i suoi desideri sessuali costringendo la propria governante Elisa Perrier ad accompagnarsi a lui. Quando uscì dal carcere, nel 1917, in Russia scoppiava la rivoluzione. Vi si recò ugualmente, per constatare come nel turbine tutto ciò che possedeva s'era perduto. La moglie e i figli lo avevano abbandonato fin da quando egli era fuggito in Europa coi soldi dei clienti che s'erano affidati a lui, avvocato dotato di qualche furbizia professionale, per seguire l'uincantevole contessa». La sua figura si perse nella bufera. Forse riu- 1 sci a espatriare nuovamente. Comunque non lasciò tracce utili a seguirne i successivi passi. Quanto a Maria Tarnowska, qualcosa è rimasto. Sappiamo come fosse di lontana origine scozzese, addirittura discendente da Maria Stuarda. La madre era una contessa russa con entrature a corte e così il padre, dotato dello strano nome di O'Rurk. S'incontrarono, padre e figlia, come riferisce anche il Bertolini nel suo volume di studio sui processi celebri Anime turpi, alla prima udienza a Venezia. Maria non comprò, come taluni credono e come Fina afferma nel suo filmato, il passaggio dal carcere femminile della Giudecca al Tribunale a Rialto, in una gondola nera, addirittura con strascico in acqua come le gondole dei matrimoni. Si fece i suoi passaggi nell'infamante barca verde dei condannati. Esiste una fotografia in proposito, proprio come nel volume del Bertolini. Maria trovò nella «gabbia» dell'aula dibattimentale un fiore bianco, deposto da un ignoto ammiratore. Ebbe 8 anni e quattro mesi, s'è detto, con l'attenuante della parziale infermità di mente. Cinque anni dopo, ossia il 10 giugno 1915, era di nuovo libera: le fu concessa la grazia per decreto sovrano. Cinque anni che scontò nel carcere di Trani. Sembra che fin da quando si trovava nella sua cella alla veneziana Giudecca si fosse convertita al cattolicesimo, grazie all'assistenza del cappellano di quella prigione, don Luigi Talamoni. Fatto sta che a Trani, in cella con altre due donne, un'uxoricida e un'infanticida, potè presto liberarsi del numero (il 315) jhe recava sulla manica del camicione a righe. Ogni tre mesi suo padre intraprendeva il viaggio da Kiev per recarle visita: con ciò che ne riceveva, la Tarnowska beneficava le due compagne di pena che la consideravano una «fata» La guerra infuriava quando uscì di prigione. Fino al dicembre del '15 chiese ed ottenne ospitalità presso le monache del Cenacolo di Milano. Con la Rivoluzione d'Ottobre, i suoi beni e quelli della sua famiglia a Kiev vennero coni fiscati in forza degli editti di Lenin e Trotsky. Per cui Maria Tarnowska si spostò in Francia, stabilendosi a Le Havre, sulla Manica. Qui si occupò come impiegata presso una compagnia di spedizioni marittime. Fu poi tentata da Parigi e ci andò. Qualche anno più tardi, nel 1921, un giornale berlinese pubblicò con rilievo la notizia che Maria Tarnowska s'era fatta suora rinchiudendosi in un convento polacco. Niente suffragò tutto questo. E' vero invece che proprio nel 1921 s'invaghì di lei, a Parigi, un ufficiale americano, che la sposò, portandola a vivere in Sudamerica. Una semplice unione more uxorio, non essendo mai stato pronunciato il divorzio dal marito, conte Tarnowsky, dal quale viveva comunque da molti anni separata. A Santa Fè, dove visse stabilmente i suoi giorni fino alla morte avvenuta nel 1947 (aveva settantanni), la raggiunsero i figli: Zioka, il maschio, ormai un giovanotto, che al tempo del fattaccio contava quattro anni, e Tatiana, la femmina, più giovane di due anni e mezzo. Una maturità e una vecchiaia serena. Forse immeritate. Piero Zanotto Rada Rassimov impersona la Tarnowska sul video