Nella "giungla retributiva,, ai banchieri la parte del leone di Benedetto Marzullo

Nella "giungla retributiva,, ai banchieri la parte del leone Polemiche dopo i risultati di un'inchiesta parlamentare Nella "giungla retributiva,, ai banchieri la parte del leone Un'apposita commissione parlamentare si è incaricata di far luce sulla inquietante giungla retributiva. A Ferragosto ha concluso i suoi lavori: sono alle stampe due volumi, per circa 1200 pagine. Un autentico ginepraio, certo di difficile lettura, ma soprattutto inattingibile. La pubblicazione del ponderoso materiale si avrà (disinteressatamente?) alle calende greche, soltanto indiscrezioni sono filtrate attraverso i giornali: nel cuore dell'estate, quando l'opinione pubblica frescheggia, e trionfa — non solo per chi esercita l'opinare — il privato sul sociale. Dagli sbalorditivi accertamenti della commissione, un alto magistrato si è incaricato di costruire una sommaria graduatoria, allineando un centinaio di voci fra le più significative. Gli scompensi, accortamente evidenziati, gridano vendetta. L'estensore della denuncia è mosso non soltanto da encomiabile spirito civico (egli ha raggiunto il grosso pubblico, malgrado il macchinoso riserbo della burocrazia), ma anche da una più che giusta istanza perequativa. Il primo presidente della Corte di Cassazione (massimo ed unico magistrato di tale rango) riceve infatti men che la metà (24 milioni) dei semplici direttori di sede della munifica Banca d'Italia, e dei signori direttori dell'Enel o dell'Itavia. Lo superano del resto non solo gli ambasciatori di prima classe, ma anche i capi tecnici dell'Alitalia, e gli archivisti (che si dicono « principali ») della Camera dei deputati. Per non parlare dei redattori della Rai-tv, e dei capi servizio della infaticabile istituzione. Questi ultimi, in verità, o almeno i redattori del Tg 1, si sono affrettati a dichiarare pubblicamente che «le cifre fornite sono frutto quanto meno di un errore, che contribuisce però a creare spiacevoli equivoci». Nessun errore, nessun equivoco: nella bozza della « relazione conclusiva », elaborata dalla commissione, si avverte che « i dati retributivi non sono quelli contrattuali e tabellari, ma quelli conclusivi di fatto erogati nel corso dell'anno al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali a carico del prestatore d'opera ». Le cifre indicate rappresentano dunque il tetto e non la generalità, costituiscono al limite un caso unico. I contestatori del Tg 1 (cui altre categorie si sono aggiunte) hanno dovuto riconoscere che solo 25 giornalisti su 895 ottengono il compenso incriminato (27 milioni). Una giungla nella giungla, dunque. Si rileva, ad esempio, che i « professori cattedratici di università» guadagnano 20.186.444 lire, al lordo di ogni balzello. Ma tale privilegio compete solo dopo 16 anni di carriera ed ulteriori dieci scatti biennali. Più di un terzo di secolo: sarà difficile che raggiunga il beneficiario, se non nei pressi del Creatore. Un cattedratico di grado appena inferiore non sfiora neppure la metà di questa risibile somma, un cattedratico di primissimo pelo si accontenterà di sette milioni e mezzo, sempre lordi. Il massimo e tuttavia inattingibile beneficio degli universitari è superato, sebbene di poco, da qualsiasi funzionario dell'Iri, dai segretari della Banca d'Italia (quanti saranno?), dai capi sezione della Cassa del Mezzogiorno, ma più largamente dagli impagabili stenodattilografi (soltanto i « capi », si intende) della Camera dei deputati. Per non dire degli archivisti, che sappiamo « principali », della medesima (26 milioni), e dei tribolati redattori e capi-servizio della Rai-Tv. I cui «dirigenti» si accontenteranno di circa 50 milioni. In coda alla classifica sono i professori di scuola media e superiore (ed i maestri?), seguiti dagli assistenti universitari, e dalla massa degli « impiegati di concetto » dello Stato: nessuno di loro supera gli otto milioni, soltanto il tre per cento oltrepassa i sei. Ma gli operai di quinto livello della Olivetti o del luminosissimo Enel sono, e meritoriamente, adagiati oltre gli 11 milioni. I primi sette posti della gloriosa graduatoria sono riservati agli amministratori delegati delle banche: oltre 144 milioni per il responsabile dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, minimo 103 milioni per il collega della Banca Nazionale del Lavoro. Lo sfascio dello Stato è indicato, ma anche prodotto, da questo palese difetto di razionalità, pertinenza, equità. Cui nessuna commissione ha messo o metterà riparo. Un palazzinaro, non compreso negli elenchi parlamentari, perché libero imprenditore in libera economia, denuncia 4 milioni di reddito all'anno, ITtalcasse (di Arcami) gli concede un prestito di 250 miliardi, la metà di quello che, con dignitoso accattonaggio, abbiamo ottenuto dal Pondo monetario internazionale. Perde in un sol colpo, a Montecarlo, un miliardo e duecentosettanta milioni. Si propone, per celia, di nominarlo cavaliere del lavoro. E' stato realmente insignito della meritata onorificenza. Benedetto Marzullo

Luoghi citati: Montecarlo, Torino