Ultimo "esaurito" per Maria Callas di Giorgio Gualerzi

Ultimo "esaurito" per Maria Callas Cerimonia alla Scala gremita Ultimo "esaurito" per Maria Callas Cantanti, sovrintendenti, musicisti hanno rievocato la sua carriera - Come Siciliani rivelò l'indimenticabile interprete Ieri alla Scala commemorazione di Maria Callas, la grande cantante morta un mese fa, con la partecipazione di Renata Tebaldi, Francesco Siciliani, Paolo Grassi, Giulini, Di Stefano, e l'ottantatreenne commendator Meneghini, marito dell'indimenticabile soprano. Accanto ai grossi nomi, l'ultimo saluto di un pubblico commosso, nel teatro zeppo come nelle maggiori occasioni. (Nostro servizio particolare) Milano, 16 ottobre. Nell'ottobre 1948 Maria Callas (non ancora Meneghini) stava per fare le valigie e ritornare negli Stati Uniti. Era venuta in Italia l'estate dell'anno precedente alla ricerca di lavoro e, possibilmente, del successo e della fama, ma, esauriti i primi impegni, i vari teatri italiani le avevano chiuso le porte, compresa la Scala (il cui direttore artistico di quel tempo, aggiungo io, aveva sentenziato: «Io di grande in questa cantante non trovo proprio nulla»). Fortunatamente per lei, e per noi, almeno uno però c'era che, sollecitato dal vecchio Serafin, capi subito le straordinarie possibilità racchiuse in quell'ugola e in quel cervello: Francesco Siciliani, il più autorevole partecipante, con Paolo Grassi, all'amplissima «tavola rotonda» che oggi pomeriggio ha visto sul palcoscenico della grande Scala quindici persone riunite per un atto d'amore verso Maria Callas, esattamente a un mese dalla morte. Nel clima di convinta emozione e di scontato trionfalismo — quella e questo sobriamente quanto intelligentemente amministrati da Grassi — la precisa (e per me non ignota) testimonianza di Siciliani ha avuto il grande merito di restituire una inequivocabile dimensione storica alla nascita e al- l'affermazione del mito callasiano, scrostandola di interessati postumi riconoscimenti e di colpevoli silenzi, ma in compenso cogliendone i momenti decisivi nel quinquennio 1948-1953. Il resto della manifestazione, molto bene organizzata da Carlo Mezzadri, ha percorso un prestabilito cliché rievocativo per il quale in fondo era nata. Inspiegabilmente assente la critica qualificata (e non credo mancasse chi poteva degnamente rappresentarla), ci sono state: testimonianze di colleghe (la Barbieri, la Favero, una commossa Simionatc, un'intimidita Tebaldi, oltre a un intenerito Di Stefano) oscillanti fra limiti di gusto, desiderio di mettersi in mostra e professioni di eterna amicizia per la defunta; la presenza autorevole di gente di tea¬ tro che ha contato parecchio nella vicenda artistica della Callas (Giulini, la Wallmann, Benois, Zuffi); i simpatici contributi di Romano Gandolfi, attuale direttore del coro scaligero, e di Claudio Intini, un loggionista di provata fede callasiana. Ma, al di là delle presenze dei singoli, una cosa soprattutto conta: che la Scala è stata e resta grande con l'immutabile suo fascino, e che Maria Callas ne è stata, e per molto ancora ne resterà, la profetessa. Giusta conclusione quindi, preannunciata dall' attuale sovrintendente Badini, un concorso internazionale per voci di soprano intitolato al suo nome. Servirà, se ancora ce ne fosse bisogno, a ribadire che di Callas ce n'è stata davvero una sola. Giorgio Gualerzi I partecipanti alla tavola rotonda della Scala

Luoghi citati: Italia, Milano, Stati Uniti