Due grossi nomi nel cernet del sequestro De Martino di Francesco Santini

Due grossi nomi nel cernet del sequestro De Martino Le indagini stringono il cerchio Due grossi nomi nel cernet del sequestro De Martino Li avrebbe fatti il sindacalista costituitosi al giudice dopo l'arresto, avvenuto a Napoli, degli esecutori materiali del colpo (Dal nostro inviato speciale) Napoli. 26 ottobre. Dagli esecutori ai mandanti: l'inchiesta sul rapimento di Guido De Martino non si ferma agli autori materiali del sequestro ma risale più in alto e conferma la matrice politica del piano scattato a Napoli la notte del 5 aprile con la cattura del figlio di Francesco De Martino, leader storico del partito socialista italiano. Il «salto di qualità» che gli inquirenti inseguivano dalla settimana scorsa, dall'arresto della banda, è compiuto e stamane il procuratore capo Francesco Spinelli ha dichiarato: «L'indagine è in direzione politica. Smentisco, allo staito, qualsiasi nome di parlamentare ma, sia chiaro, nessuna remora, nessun meccanismo giuridico o ostacolo tecnico, comunque, ci fermerà». L'alto magistrato ha poi aggiunto: «C'è, adesso, da chiarire II movente, capire perché Guido De Martino sia stato rapito». E' questione di tempi. A Castelcapuano, in procura, il dottor Lancuba si chiude nel segreto istruttorio e con i cronisti che lo assediano si limita a un consiglio: «Non perdete tempo — dichiara — con gli ambienti del porto, di lì nulla più può venire». Eppure, proprio da un sindacalista della Filpa-Cgil, il magistrato ha avuto la chiave dell'inchiesta: è quel Vincenzo Tene dei portuali che ha parlato per tredici ore consecutive. Si è costituito al carcere di Poggioreale; al dottor Lancuba, che lo ascoltava con sospetto, ha fatto due nomi. «Mi è stato chiesto il rapimento di Guido De Martino ed il mio compito — ha confessato — è stato quello di sollecitare l'interesse al sequestro. Ci sono riuscito dicendo agli esecutori materiali che la famiglia De Martino possedeva in Svizzera grandi ricchezze e che l'estorsione non sarebbe stata difficile». Il magistrato inquirente, ancora stasera, valuta la confessione-fiume di Vincenzo Tene. L'ex sindacalista della Cgil ha parlato per tredici ore: tutto ha detto, nulla ha nascosto e il sostituto Lancuba sembra dargli credito. Il giovane magistrato si è chiesto perché abbia parlato e la risposta, subito, è venuta: Vincenzo Tene, negli ultimi giorni, aveva paura. Dopo l'arresto della banda temeva, addirittura, che qualcuno potesse eliminarlo. E' questo un passaggio delicato nell'indagine. Dalla confessione il dottor Lancuba ha avuto due nomi e qui il segreto istruttorio si fa ferreo: trapela soltanto che non vengono dagli ambienti del partito socialista e che servono a risalire a personaggi in vista. Ciò che nelle prime ore poteva apparire un depistage si concretizza. Si è a un passo dalla verità, mentre chi conosce Vincenzo Tene conferma che la sua statura non è in grado di orchestrare «politicamente» un episodio tanto clamoroso. «Necessariamente — dicono alla federazione socialista — Tene doveva essere manovrato». Si indaga sulla mente politica. L'inchiesta si allarga al resto del Faese, non si limita a Napoli. I>1 magistrato dà credito alla confessione di Tene che, sabato mattina, ha deciso di costituirsi dopo essersi consultato con l'avvocato Michele Cerabona. Subito si è voluto presentare a Poggioreale. «Ho avuto appena il tempo di informarmi sul processo — ha detto il legale — tanta era la fretta». Si apprende allora che il sindacalista temeva di essere in pericolo e, con una decisione a sorpresa, ha stabilito di parlare, di dire tutto sino all'ultimo affinché qualcun altro — in questo caso un magistrato — fosse il depositario della «sua verità». All'avvocato Cerabona do¬ mandiamo se mai ha avuto il sospetto che Vincenzo Tene possa essere un mitomane. «Lo escludo — ha risposto convinto — come escludo che possa avere agito per lucro». E' confermato, comunque, che una piccola quota del riscatto sia finita anche nelle sue tasche per la «funzione di collegamento». Aveva infatti il compito di spiare Guido De Martino e di riferirne gli spostamenti. Fu lui a segnalare, la sera del rapimento, che il segretario del partito socialista di Napoli aveva lasciato la federazione e si dirigeva a casa, in via Aniello Falcone. Vincenzo Tene ha parlato e il dottor Lancuba ha interrogato di nuovo i dodici della banda già in carcere. Ancora oggi è tornato a Salerno. Domani ha accettato di incontrarsi con i giornalisti. A Napoli c'è molta attesa per il «perché» di questo rapimento che ancora non si capisce. «E' una indagine difficile — dicono in procura — ma andremo avanti». Francesco Santini

Luoghi citati: Castelcapuano, Napoli, Salerno