Visita a Trifonov scrittore ufficiale di Livio Zanotti

Visita a Trifonov scrittore ufficiale POPOLARE TRA I GIOVANI IN URSS Visita a Trifonov scrittore ufficiale (Dal nostro corrispondente) Mosca, ottobre. Sulla strada per l'aeroporto di Sheremetievo, ancora in piena città, si gira a sinistra, e appena oltre l'ingresso alla stazione Sokol della « sotterranea », abita Jurij Trifonov. Al quarto piano di un enorme palazzo comunale, con il solito cortile alberato e il solito ascensore che sferraglia. In due stanze di una dozzina di metri quadrati ciascuna: una per dormire, l'alira foderata di libri nella quale ogni mattina lavora fino a mezzogiorno, come un travet qualsiasi. Così vive uno scrittore russo, forse il più amato dalle giovani generazioni, benestante ma non ricco malgrado il successo in patria e le traduzioni all'estero. Trifonov, i capelli grigi pettinati con troppa cura fin sulla fronte per nascondere l'avanzata calvizie, si siede su un divanetto accanto allo scrittoio. Sulla parete alle sue spalle è appesa una manchette del romanzo Obmen, lo scambio, che il regista Jurij Ljubimov ha messo in scena al teatro Taganka, il salotto dell'avanguardia moscovita. Ha un volto di cinquantenne e gli occhi di ragazzo, questo Trifonov corposo ma forte, come un atleta appesantito da una lunga inattività. E la voce timida esprime curiosità, voglia di vivere. Certo, l'osservazione è banale, eppure lo scrittore somiglia ai suoi personaggi. Commenta: « Chissà, Flaubert diceva "Madame Bovary sono io" e il "banale trova senso nel quotidiano". Ne ho parlato con Moravia, l'anno scorso, quando venne al congresso degli scrittori sovietici. Mi è sembrato che ci trovassimo d'accordo ». Queste cronache del giorno per giorno, di cui lei parla, facendovi vivere i protagonisti delle sue narrazioni, sono il romanzo della piccola borghesia sovietica? « No, no perché questo termine in russo ha ormai un tono negativo. Ci sono dei critici, lo so, che mi considerano un ritrattista del piccolo borghese, dicono persino che io riveli il piccolo borghese. Ma non sono d'accordo. Il mio soggetto è la gente comune e io non cerco affatto di scoprirla, meno ancora di condannarla. Questa visione della letteratura è unilaterale. 10 scrivo della vita abituale, che praticamente comprende tutta la vita umana ». Non ci sono sentimenti di classe, dunque? « Certi sentimenti sono universali, questa è la nozione di vita abituale ». Universali e permanenti? « I sentimenti convengono con la storia ». 'Amo Hemingway' E lei in quali epoche della storia della letteratura crede di avere le sue origini? « Dopo Turgheneev, che aveva forti tratti romantici, è venuta la prosa fine e analitica di Cechov: io mi considero un suo alunno e non credo di essere il solo, Cechov ha influito anche su Moravia, per esempio. Ma su ciascuno di noi cadono mille piogge e ciascuna di queste porta la sua radiazione. Io ho sentito molto 11 fascino di Dostoevskij e di alcuni occidentali. Quando appena cominciavo a scrivere, ero ancora studente all'Istituto letterario, sul finire degli Anni Quaranta, mi appassionavo agli americani che hanno chiamato della lost generation, quelli di Parigi, del salotto Stein ». «Mi piaceva Hemingway, continua Trifonov, cercavo i suoi libri al mercato nero, li pagavo una fortuna perché erano edizioni di molti anni prima, quasi scomparse dalla circolazione. C'era un grosso volume, La quinta colonna e i quarantanove racconti: questo libro mi impressionò molto. E non soltanto impressionò me ma molti altri, nell'istituto Hemingway era un idolo cosi come dieci anni dopo lo sarebbero stati Andreij Platonov, Bulgakov, e cercavamo di imitarlo. Eravamo ragazzi e la suggestione dei miti era forte ». E poi? « Io sono moscovita, sono cresciuto qui, in questo ambiente che ha la tanto vaga definizione di intellettuale. Cosi ho cominciato a scrivere di quello che conoscevo per averlo sotto gli occhi. Prima centinaia e centinaia di pagine, ero un grafomane. Con il tempo ho trovato una misura. Se l'immagine della società sovietica che si ricava dai miei libri sembra tanto più sovietica, cioè diversa dallo stereotipo di una certa altra letteratura, il merito non è mio, bensì dei nostri editori che pubblicano troppo frequentemente ciò che non dovrebbero editare. Io racconto l'uomo medio sovietico, che qualche volta può vivere più comodamente di altri o essere più colto, ma in ogni caso rappresenta settori molto ampi della società, milioni di persone ». E la censura? Quali sono le loro aspettative? « E' una domanda difficile. Non ne so più di quanto ne abbia scritto. Uno vive da qualche parte, conosce un Ivan o un Plotr o un Nikolai, può al massimo intuire ciò che costoro desiderano oggi, ma domani? Io stesso non so che cosa voglio dalla vita. Sento il bisogno di lavorare, di scrivere, non so fare altro. Ho l'impressione che la gente non si ponga obiettivi straordinari, anche se talvolta può aspirare a essi inconsciamente. Una volta mi piaceva lo sport, fare viaggi. Nel 1960 ho fatto i salti mortali per andare a vedere le Olimpiadi di Roma. Adesso mi vado scoprendo un semisedentario. Vedo molto meno gente. Mi muovo soltanto in certi casi come per l'invito dell'Università del Kansas, per cui andrò presto negli Stati Uniti». Come si diventa scrittori nell'Urss, lei come è arrivato ad essere scrittore? « Terminato l'istituto letterario, non avevo alcun lavoro e scrìssi una novella che portai ad una rivista nella speranza che la pubblicasse. La novella piacque e mi affidarono ad un redattore anziano per rivederla, tirarla a lucido. Ebbi fortuna, perché la rivista era Novi] Mir di Aleksandr Tvardovskij ». Qual è il rapporto che ha con le case editrici? Ha problemi di censura? Come la pagano? « Io non ho particolari problemi in questo momento. Come tutti gli autori affermati, ricevo un anticipo del 25 per cento sul compenso concordato per un lavoro... ». Quanto è un compenso medio? « Qui è diverso dall'Occidente, dove si paga per ogni copia venduta e l'autore non conosce a priori quale sarà il suo guadagno. Fatto il contratto, la nostra retribuzione è assicurata in ogni caso. Anche se per ipotesi assurda non si dovesse vendere una sola copia. La differenza tra l'anticipo e il totale ci viene pagata a rate ogni volta ohe consegniamo un plico, che sono ventiquattro pagine dattiloscritte di 70 lettere ciascuna ». Per il pagamento degli scrittori in Urss esistono parametri diversi per genere letterario e per categoria di autore. Fissato il numero delle pagine, dipende dalla firma. Sebbene amministrato dall'alto, un mercato editoriale in parte esiste. Un romanzo di richiamo, lungo 250-300 pagine, dovrebbe rendere all'autore tra gli ottomila e i diecimila rubli, che tradotti in lire fanno all'incirca una decina dì milioni. E' quanto guadagna in un anno un accademico delle scienze, Ire volte abbondanti un salario operaio. E le tirature dei suoi libri? «Sono grandi. Lungo addio, apparso adesso in Italia, è stato diffuso in centomila copie, non molte qui da noi, e perciò subito esaurite. Il lettore russo è straordinario, al contrario degli scrittori, che sovente non lo sono tanto ». Quali sono i generi letterari più popolari? « I russi leggono di tutto, la passione per i libri è tale che li comprano a qualsiasi prezzo. II grande pubblico preferisce i racconti di avventura, quelli polizieschi e di guerra. Il lettore più preparato, critico, ama invece la narrativa moderna, realista, di questi ultimi anni, ed autori sinceri, di talento, che dicano la verità e che pertanto hanno grande successo: Rasputin, Belov, Abramov, Bitov, Akudzhava, Iskander. I loro romanzi sono impossibili da trovare nelle librerie, e nelle biblioteche ci sono file interminabili per leggerli. C'è sempre attesa per i loro nuovi lavori ». E per i suoi, sta per pubblicare qualcosa di nuovo? « Sì, un romanzo non molto lungo che si intitola II vecchio. Tratta dei nostri giorni, ma anche di quelli della guerra civile, della rivoluzione. E' la memoria del vecchio a fare la saldatura ». Chi è questo vecchio? «Era un rivoluzionario. Giovanissimo, a Pietroburgo, prese parte alla lotta in prima fila. Perse molti amici, ne ha perduti ancora durante i sessantanni trascorsi fino ad oggi, come tanti altri ha sofferto enormemente nel periodo precedente la guerra... ». Durante lo stalinismo? « Sì ». Che mestiere fa il vecchio? « Faceva l'ingegnere. Ormai è in pensione, vive in una grande famiglia; figli, nuore, nipoti e incomprensioni a non finire. Ma questo non è il più importante. La storia è che lui riceve una lettera da una ragazza della quale era innamorato tanti, tanti anni prima. E' una riapparizione improvvisa, dopo mezzo secolo di distacco, e il vecchio alla fine della storia va a visitarla. Ma neanche questo è il centro del romanzo. Il protagonista principale, infatti, non è il vecchio, bensì un eroe della guerra civile, un capo militare fucilato ingiustamente nel 1921 ed ora riabilitato. Ma nel romanzo questa riabilitazione costituisce l'impegno costante del vecchio, lo scopo della sua lunga vita ». Livio Zanotti

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