C'era un chilo di tritolo "non per una strage,,
C'era un chilo di tritolo "non per una strage,, La difesa al processo di Genova C'era un chilo di tritolo "non per una strage,, (Nostro servizio particolare) Genova, 22 ottobre. (g. b.) Quattro ragazzi; un attentato da burla; «La Fenice»? Niente altro che una specie di foglio parrocchiale: così l'avvocato Mario Gregorio, difensore di Mauro Marzorati, ha cerreto di inquadrare, oggi, nel', sua arringa difensiva, i quattro protagonisti dell'attentato, fortunatamente fallito, al direttissimo Torino-Roma. In pratica, quindi, la mattina del 7 aprile 1973 non è accaduto niente di grave: un chilo di tritolo, due detonatori, un «timer» e quanto altro serve per confezionare un potentissimo ordigno esplosivo sono stati portati da Milano a Genova per una semplice azione dimostrativa. Parlare di attentato alla sicurezza dello Stato, di strage con fine eversivo, quindi, secondo i difensori di Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Mauro Marzorati e Francesco De Min è assolutamente fuori luogo. Dopo l'arringa pronunciata ieri dall'avvocato Franco Alberini, uno dei legali di Giancarlo Rognoni, oggi è stata la volta degli avvocati Matteo Celeste per Francesco De Min e Mario Gregorio per Mauro Marzorati, per i quali, al pari di Nico Azzi, il procuratore generale Jommi ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Per Rognoni, invece, il rappresentante della pubblica accusa, in riforma della sentenza di primo grado, ha chiesto l'ergastolo. In sostanza, per il collegio di difesa, i quattro neo-fascisti milanesi sono responsabili di poco più di una bravata. Parlare di strage sia politica sia comune, pertanto, non è possibile, in quanto mancherebbero gli elementi della pericolosità e della idoneità che sostanziano questo reato. L'avvocato Celeste, per parte sua, ha anche accennato al clima in cui si è svolto il processo di primo grado, sfavo¬ revole agli imputati, clima che si è ripetuto, sia pure in misura minore, nell'attuale dibattimento. «Eppure si è voluto colpire i quattro giovani — ha affermato il legale —, anche se è certo che essi non intendevano assolutamente mettere in pericolo la sicurezza dello Stato. L'ordigno non era stato confezionato in modo da provocare una strage, questo non era assolutamente nelle intenzioni degli imputati, che miravano solo ad una azione dimostrativa».
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