Allora Mussolini sosteneva Lenin di Ferdinando Vegas

Allora Mussolini sosteneva Lenin Allora Mussolini sosteneva Lenin Angelo Tamborra: « Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917 », Ed. Laterza, pag. XII-272, lire 6500. Una ricerca tradita sino alle minuzie e tuttavia un'opera che si legge d'un fiato, proprio, secondo la frase fatta, come un testo di narrativa: questa la caratteristica generale, che subito s'impone, dello studio che il Tamborra (ordinario di Storia dell'Europa orientale all'Università di Roma, fra i maggiori spe cialisti italiani in materia) ha dedicato alle vicende degli esuli russi in Italia nel periodo che corre fra le due date rivoluzionarie: 1905-1917. Per condurre a buon fine l'impresa, come è riuscito all'autore, occorreva muoversi a pieno agio sui due versanti culturali e politici, il russo e l'italiano; e occorreva inoltre sapere districare, senza spezzare il tessuto unitario, i diversi fili che intrecciano l'un l'altro i vari aspetti dell'indagine. Un primo aspetto riguarda, ovviamente, la storia, per così dire, interna della diaspora russa in Italia, da Capri a Napoli a Sanremo, Nervi, il Golfo della Spezia, dove se ne costituirono i due principali nuclei: un capitolo non secondario d'una ben più ampia storia, quella dei rivoluzionari russi, in particolare la intelligencija, costretti alla «condizione tre volte maledetta di emigrato», come la chiamò una volta Lenin. Lenin stesso, appunto. Piechanov, il padre del marxismo russo, Gorkij, Lunaciar skij, futuro commissario del popolo all'Istruzione sin dal primo governo sovietico, Cernov, che sarà ministro dell'Agricoltura nei governi provvisori del 1917, lo storico Pokrovskij, il filosofo Bogdanov: ecco, per fare solo dei nomi ben conosciuti, alcuni dei maggiori esponenti della , Russia in esilio, marxisti e !no (Cernov era socialrivoluzionario), che in un momento o nell'altro fra il 1905 e il 1917, per periodi più o meno lunghi, si trovarono in Italia. Le divergenze già esistenti di idee e di programmi furono esasperate dalla condizione stessa in cui vivevano gli esuli, come suole avvenire in ogni ambiente ristretto di emigrati politici (l'osservazione è di Gastone Manacorda, nella recensione al presente lavoro), sino a tradursi in diatribe astratte o anche beghe interne. Basti ricordare l'opposizione di Lenin all'iniziativa di Gorkij di aprire a Capri una «scuola di partito» per operai rivoluzionari russi, poiché l'intransigente bolscevico si preoccupava delle tendenze idealistiche o persino misticheggianti che affioravano all'interno della socialdemocrazia russa nella fase di riflusso dopo l'impeto rivoluzionario del 1905-1907. In un bilancio complessivo, a ogni modo, gli aspetti meschini sono più che ampiamente superati da quelli elevati, la battaglia delle idee, il fervore morale, la partecipazione al dibattito politico-culturale che si svolgeva, non solo riguardo al socialismo, in Italia e in tutta Europa. Emergono così il secondo ed il terzo dei fili che s'intrecciano nella ricostruzione del Tamborra così come era avvenuto nell'effettivo svolgimento storico. L'appartenenza di buona parte degli esuli russi in Italia al movimento socialista fa sì che le loro discussioni ed anche i loro contrasti si inseriscano nel quadro generale della II Internazionale; rientrino cioè, in quel continuo, animato confronto di idee fra i socialisti dei vari paesi che, anteriormente alla prima guerra mondiale, esprimeva la dimensione appunto internazionale, del socialismo. Ed è naturale che, trovandosi in Italia, i russi stringessero rapporti particolarmente con i socialisti italiani, che offrono loro solidarietà, men- tre d* Par'e dei russi si pre sta attenzione e si porta interesse alle vicende del socialismo italiano. Si instaura così un rapporto bilaterale proficuo per tutte e due le parti, con un benefico effetto di sprovincializzazione per quanto riguarda il socialismo italiano. Ed è significativo l'episodio di Mussolini, direttore dell'Avanti.', che, tra la fine del 1913 e la primavera del 1914, rifiuta di pubblicare un articolo del menscevico Anan'in, perché, come questi riferisce, «Lenin rappresenta una grande forza rivoluzionaria e non è nel nostro interesse minare il suo prestigio». L'articolo, firmato con uno pseudonimo, sarà poi pubblicato sulla Critica Sociale di Turati: i moderati russi, insomma, si ritrovavano con i moderati italiani ed egualmente, nel settore opposto, gli uni e gli altri estremisti. Con Anin'in, in Italia Anagnine, studioso dei problemi del nostro Rinascimento, docente nel secondo dopoguerra all'Università di Venezia, tocchiamo un ultimo aspetto dell'affascinante panorama esplorato dal Tamborra, quello concernente i rapporti fra gli esuli russi e il mondo politico culturale italiano, a prescindere dal socialismo. Si vedano, solo per esemplificare, le pagine dedicate all'amicizia fra Gorkji e lo scrittore piemontese Giovanni Cena, allora redattore capo della Nuova Antologìa; o le altre in cui si tratta dell'incontro spirituale fra Umberto Zanotti Bianco e Gorkij stesso ed altri della «colonia russa». In fondo, come avverte l'autore nelle prime righe dell'Introduzione, il suo saggio «vuole soprattutto mettere a fuoco una vicenda umana, oltre che politica e ideologica»: il disagio e la sofferenza d'u- i na condizione, quella dell'emigrato politico, alla quale «bisogna guardare con grande rispetto». Ferdinando Vegas