Carter, il momento del rischio

Carter, il momento del rischio In Usa incertezze e critiche dopo F attacco ai petrolieri Carter, il momento del rischio (Dal nostro corrispondente) New York, 18 ottobre. Le accuse che il presidente Carter ha rivolto ai petrolieri americani nella sua ultima conferenza stampa, le parole durissime, il riferimento alla guerra (dei petrolieri, il presidente ha detto che sono come i «profittatori di guerra», e riferendosi alla battaglia per l'energia ha affermato che «occorre una mobilitazione come per una guerra»), continuano a essere oggetto di discussione, e hanno creato un'attenzione intensa intorno all'immagine del presidente. Bisogna dire che si tratta di un'attenzione critica e piena d'incertezze. La figura del presidente, il suo stile e il suo modo di fare politica sono l'argomento di un grande dibattito. La conferenza stampa sull'energia non è stata che un momento della stagione delicata piena di ostacoli, segnata da qualche successo e da alcune importanti sconfitte, che il presidente sta attraversando. Un columnist del New York Times di ieri giungeva a domandarsi se «Carter non sia un pre- sidente per un solo termine» (cioè senza la forza di essere rieletto tra quattro anni). Lo stesso commentatore ammette che governare di fronte alle telecamere, in una situazione che ingigantisce ogni dettaglio, e smembra in episodi sensazionali la continuità degli eventi, è quasi impossibile. Ma il sospetto che Carter possa non essere rieletto tra quattro anni è un segnale d'allarme che vale la pena di analizzare anche se non è certamente, al momento, un sospetto fondato. II dramma della presidenza americana in questo momento consiste nel fatto che il dubbio possa essere sollevato e discusso. E in un'epoca di comunicazioni di massa che tendono a ingigantire e rimbalzare ogni dettaglio, c'è il rischio che alla fase dell'entusiasmo senza riserve segua un periodo di pessimismo senza ragioni, o almeno di grande sbilanciamento. In questo caso possono verificarsi fenomeni di panico politico simili allo sbandamento di una folla che si sente in pericolo. I protagonisti di questo delicato momento della politica interna americana sono il presidente, il Congresso e l'opinione pubblica, non solo i commentatori e i giornali, ma anche la gente. In mezzo vi sono i gruppi di pressione dal basso (per esempio la tenace azione dei negri per avere più voce nella nuova amministrazione) e dall'alto, come ha dimostrato la potente lobby del petrolio e del gas naturale. E' in questo paesaggio di tensioni contrastanti e confuse che si alza la voce dura dell'accusa di Carter, quando dice che il Paese, cedendo agl'interessi del petrolio, «si espone alla più grande truffa della sua storia». Ed è in questo clima che il presidente viene accusato di cercare una compensazione emotiva ed un errore che è soprattutto suo. Tutto è cominciato con il disordinato dibattito condotto al Senato sulla legge per l'energia presentata nelle settimane scorse dalla Casa Bianca al Congresso. Alla maggior parte della gente risultano chiari soprattutto il punto di partenza e il punto di arrivo di una vicenda politica. All'inizio era ben visibile una legge che viene giudicata in generale opportuna (chiede modesti ritocchi dei prezzi sulle risorse di energia naturale, e una serie di misure di controllo sullo spreco, sull'inquinamento e sull'importazione del petrolio) ma troppo carica di proposte e con impossibili aspirazioni universali (si citano le trecento pagine del testo della legge). E alla fine si vede che questa legge, smembrata e caoticamente ricostruita, quasi irriconoscibile rispetto alla visione di Carter, sta per essere esaminata in un incontro finale fra Camera e Senato per deciderne il destino. L'accusa a questo punto va al presidente e ai suoi uomini. Essi sarebbero stati ingenui nel presentare una legge così ponderosa, dunque cosi vulnerabile. E sarebbero stati deboli durante la prova legislativa, incapaci cioè di sostenere adeguatamente il «pacchetto» presso i senatori e davanti all'opinione pubblica. Psicologicamente viene ricordata un'attenuante per Carter: la legge era passata senza difficoltà alla Camera, dunque non c'era ragione di avere speciali timori al Senato. Carter ha messo i petrolieri sotto accusa davanti al Paese. Ma i commentatori politici, anche coloro che non gli sono nemici, tendono a far notare che il presidente ha una parte di torto. Riuscire a far approvare una legge in America, dove la divi sionc fra legislativo ed esecuti-vo è assoluta, e dove la preseti za dei gruppi d'interesse si svol ge alla luce del giorno, è un gio co che richiede forza e astuzia Tutte e due queste qualità sono ora in discussione, e il timore è che la discussione si allarghi alla credibilità della nuova amministrazione. Come sempre le difficoltà non vengono sole, e la debolezza, o l'immagine di debolezza, sembra attrarre altri attacchi. Le comunità negre protestano perché il presidente non avrebbe mantenuto la promessa di creare nuovi posti di lavoro. Gli ebrei americani sono scontenti della politica americana nel Medio Oriente. I sindacati chiedo1 no il protezionismo che la Casa Bianca rifiuta. L'ostilità conservatrice verso la ratifica del trattato di Panama resta forte, e qualcuno vede persino un legame fra Panama e la questione dei prezzi del petrolio. Dopo tutto, dicono, i gruppi di pressione che sostengono la liberalizzazione totale nel settore dell'energia coincidono in parte con il classico legame fra gruppi petroliferi e visione conservatrice nella politica americana. Su questo paesaggio difficile è calata negli ultimi giorni la dura speculazione contro il dollaro, che ha perduto terreno contro il marco tedesco, lo yen e la valuta svizzera. Ma forse dal punto più nero della giornata di Carter (la caduta del dollaro) si può risalire ad un'immagine complessiva meno catastrofica di quella che si deve in patte alla «mania di vivisezione dei grandi mezzi di comunicazione», com'è stato osservato dai collaboratori di Carter. Il dollaro, infatti, paga il prezzo di una generosa politica internazionale di sostegno alle economie più deboli, un prezzo che altri Paesi in buone condizioni, come Germania e Giappone, continuano a rifiutare. Questo fatto serve a risalire al rapporto fra l'immagine della realtà che guida la Casa Bianca in questo periodo e le difficoltà interne che sta attraversando. Tutte le notizie di queste difficoltà ci portano a notare squilibri tecnici, inesperienze pratiche, imprudenze tattiche. Ma la strada imboccata da! presidente continua a puntare su un ruolo americano nel mondo meno egoistico in generale, meno soggetto ai vari gruppi di pressione e di interessi. L'America paga dunque col dollaro il suo impegno internazionale, e Carter paga col suo prestigio una visione del mondo che resta nuova rispetto al passato. Nuova ma anche rischiosa. Carter sta imparando questi rischi, e dovrà mostrare di saperli superare. Furio Colombo Carter secondo Lurie

Persone citate: Furio Colombo Carter, Lurie

Luoghi citati: America, Germania, Giappone, Medio Oriente, New York, Panama, Usa