Quanti profeti nella dc di Vittorio Gorresio

Quanti profeti nella dc Taccuino di Vittorio Gorresio Quanti profeti nella dc Vorremmo tutti sapere se di qui a non molto ci sarà davvero, come da più parti è stato annunciato, una nuova corrente de. Essa dovrebbe avere il nome di «Rinnovamento», che è senza dubbio un'etichetta di prestigio e fa bene sperare. Se le notizie che arrivano in questi giorni sono esatte, nel prossimo dicembre sarà indetta una costituente dalla quale prenderà vita il nuovo gruppo, ed allora sapremo quanti e quali democristiani eminenti vi aderiscono, che cosa insomma noi possiamo aspettarci dal loro impegno. Per il momento — aspettative e speranze a parte — siamo in una situazione di incertezza, che ci è molto penosa. Questo «Rinnovamento» — stando alle informazioni confidenziali della prima ora — avrebbe dovuto essere capitanato dall'onorevole Arnaldo ForIoni, ministro degli Esteri in carica. E' un uomo circonfuso di molto prestigio, ed appariva quindi impersonare un buon augurio: purtroppo, tuttavia, egli si è subito defilato, e a chi gli domandava se fosse lui l'ispiratore della nuova formazione gelidamente ha risposto di non saperne nulla. Con quel poco di spocchia che gli è caratteristica ha dichiarato anzi di avere l'intenzione di battersi per un «impegno unitario» della de, al di sopra delle correnti. Allora, chi sa come, è stato detto che il leader carismatico del «Rinnovamento» democristiano sarebbe stato l'onorevole Gian Aldo Arìiaud, uno dei tre attuali sottosegretari alla presidenza del Consiglio: era un buon nome anche il suo, trattandosi di un uomo politico piemontese di notevole esperienza. Ma ha smentito anche lui di essere immischiato nella faccenda, e le argomentazioni che ha sviluppato sono apparse convincenti. Ma, allora, chi? Chi sarà che ci guida sulle vie della speranza? E' saltato fuori il nome del famoso Ivo Butini che a suo tempo era stato considerato un toscanaccio capace di ridurre al colore bianco la sua rossa regione, un fanfaniano come ce n'è pochi, demiurgo di prima grandezza, sia pure in dimensione provinciale. Ma anche il Butini è stato v~. po' elusivo. Alla do- manda se egli fosse sul punto di staccarsi definitivamente dal suo grande padrino Amintore Fanfani per dare vita a una nuova corrente, ha cominciato a dire: «Per quanto mi riguarda, a Firenze e in Toscana l'esperienza fanfaniana è finita nel gennaio 1976». Va a sapere il perché di quella data; per capirlo bisognerebbe conoscere gli affari interni della de molto meglio di quanto sia alla portata della generalità degli italiani. «Ma allora — gli hanno domandato nel tentativo di aggirarlo capziosamente —, ma allora voi Fanfani lo lasciate solo?». Ha risposto Butini con una certa nobiltà: «Chi ha storia, idee, proposte, responsabilità nella de non resta mai solo». Mi è stato detto che il Butini non va più tanto d'accordo con Fanfani perché costui avrebbe mancato di aiutarlo nella scalata alla segreteria regionale della de in Toscana, e saremmo quindi di fronte ad un caso di amarezza e delusione personalissime; ma questa motivazione potrebbe anche essere nient'altro che una di quelle malignità di cui tanti sono prodighi nei confronti degli uomini de. In ogni modo, resta il quesito di fondo su chi sarà il portabandiera dell'auspicato «Rinnovamento» della de, ed a questo riguardo mi è stato segnalato il nominativo dell'onorevole Giovanni Prandini (Gianni per gli intimi), deputato di Brescia da due legislature, dottore in economia e commercio e dirigente amministrativo ospedaliero, mem¬ bro della commissione parlamentare per il parere al governo sulle norme delegate relative alla riforma tributaria. Trentasettenne, di aspetto amabile, dallo sguardo vivo reso autorevole dagli occhiali, si sa che è uno dei settanta parlamentari sostenuti dal Mille (Movimento Italia libera nella libera Europa), ciò che dà garanzia di progresso nell'ordine («ordem i progreso», come è nell'insegna del Brasile). Con tutta sicurezza, l'onorevole Prandini non ha esitato a dire la sua in tema di «Rinnovamento» della de: «Facendo tesoro delle esperienze di autonomia e di superamento delle vecchie esperienze di degenerazione correntizia e muovendosi coerentemente alla diffusa anche se non sufficientemente soddisfatta esigenza di rinnovamento, diamo vita ad una aggregazione che si ponga in atteggiamento di disponibilità a concorrere ed a stimolare la segreteria Moro-Zaccagnini per rendere la presenza e l'iniziativa della de più adeguata alla nuova stagione politica». Siamo dei semplici cronisti, ma un diritto-dovere tuttavia lo abbiamo. Ed è quello di fare osservazioni, e stavolta mi sembra di poterle tradurre in qualche consiglio spassionato: se la costituenda corrente di «Rinnovamento» vuole riuscire a qualche cosa, deve anzitutto scegliere un altro portavoce, perché chi parla come l'onorevole Prandini la discredita in partenza, nonostante lo sguardo meditativo che traluce dai suoi occhiali. Secondo consiglio spassionato, e anche più serio perché riguarda tutti i de e non solamente i Butini e i Prandini: smettano tutti di giocherellare con le loro correnti, con i loro raggruppamenti, con i loro rinnovamenti e le loro rifondazioni. Facciano politica. La politica è una cosa molto grave, che non ha niente a che vedere con queste esercitazioni da dilettanti del gioco degli scacchi. Sono al governo, codesti insostituibili democristiani, e quindi pensino a governare, smettendo una buona volta di farsi la forca gli uni con gii altri. Dato che gli impiccati finiremmo per essere noi, i loro giochi non ci divertono per niente.

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