Tutto il Piemonte mobilitato per i licenziamenti Montef ibre di Remo Lugli

Tutto il Piemonte mobilitato per i licenziamenti Montef ibre La decisione lo investe con particolare gravità Tutto il Piemonte mobilitato per i licenziamenti Montef ibre A Pallanza 800 rischiano di perdere il lavoro - Le forze politiche sono accanto ai dipendenti decisi a non abbandonare la fabbrica - Iniziative in corso ad ogni livello Verbania, 15 ottobre. La conferma da parte della Montefibre di procedere a seimila licenziamenti nelle aziende del gruppo, su ventisettemila dipendenti, trova i lavoratori della fabbrica di Pallanza pronti alla battaglia. Qui, secondo le voci che da tempo circolavano, dovrebbero perdere il posto di lavoro ottocento persone, la quarta parte dei 3197 dipendenti. Ieri in stabilimento c'è stata un'assemblea aperta alle forze politiche: per due ore duemila lavoratori hanno discusso di questa gravissima decisione, che già si annunciava imminente. «Ne è uscita una ferma volontà di resìstere e di opporci a questo provvedimento — dice Daniele Galafassi, membro dell'Esecutivo del consiglio di fabbrica —. Nessun segno di scoramento né dì cedimento. Sappiamo che abbiamo molte carte da giocare; ne» solo lo sciopero, trovere- mo altre forme di lotta. Lo stabilimento non l'abbiamo mai fermato, nemmeno nel dicembre '75, quando Montefibre voleva cessare la produzione del nailon. Per sei giorni, dal 18 al 23 dicembre, gestimmo la fabbrica e ciò ci permise di raggiungere un accordo in base al quale noi ci aumentammo il carico del lavoro di un trenta per cento e l'azienda si impegnò ad effettuare modifiche agli impianti e a dare corso a una serie di attività sostitutive. Delle due cose ha fatto o sta facendo soltanto la prima, la ristrutturazione degli impianti; per quanto concerne le attività sostitutive non c'è nulla di avviato». Queste nuove attività dovevano essere: la testurizzazione (400 posti di lavoro), la produzione di lana di vetro (120 posti), la produzione di acrilici (100), la creazione di una fabbrica per la produzio¬ \ne di macchine per lavori stradali (230). Si è dato corso ai lavori di preparazione del terreno per quest'ultima fabbrica, ma vanno a rilento ed è chiaro che i capannoni non sorgeranno mai (secondo gli accordi già a settembre si doveva iniziare la produzione del primo capannone, che ancora non esiste, e a marzo avrebbero dovuto avere inizio i corsi di qualificazione del personale). Arturo Todisco, un altro membro dell'esecutivo, si associa a Galafassi in una ferma dichiarazione: «Dalla fabbrica non ci manderanno fuori. Noi resisteremo fino all'impossibile. Però è necessario che tutto il movimento sindacale italiano partecipi a questa vicenda. Martedì si riuniranno a Roma le segreterie Cgil, Cisl e Uil per valutare il comunicato della Montefibre e per prendere delle decisioni. Per il 21 ottobre è comunque già indetto uno sciopero di tutto il gruppo Mon- tedison di cui la Montefibre fa parte. Le tre Confederazioni hanno promesso di estendere lo sciopero a tutta l'industria». A Verbania, dove la popolazione attiva è di diecimila imita, gli ottocento licenziamenti spaventano. Il sindaco, ingegnere Francesco Imperiale (psi), dice: «La città e la zona del Verbano non sono in grado di subire un taglio così netto all'attuale già deficitaria forza del lavoro. Non vogliamo e non possiamo accettare questa decisione». Anche la democrazia cristiana è decisa a prendere posizione. Afferma il capogruppo consiliare Sergio Bocci: «Questa conferma dei licenziamenti non è che l'epilogo dei continui ricatti che Montefibre ha posto in essere dal 1972, quando minacciò una serie di trasferimenti di lavorazioni a Novara. La decisione di ieri, vergognosa, non è accettabile né a livello cittadino né a livello di gruppo della Montefibre. E' chiaro che qui bisogna ritrovare l'unità delle forze politiche che si era formata nel '72 e che si è ricostituita via via nelle sequenze successive, come nel •75. «Il governo deve essere investito in prima persona da questo problema pretendendo chiarezza di programmi da parte di Montefibre e ponendo questa chiarezza come unica condizione per un intervento pubblico nei confronti del gruppo. Domani l'onorevole Zaccagnini sarà a Novara. La de di Verbania ne approfitterà per presentargli il quadro della situazione occupazionale nella zona chiedendo un impegno del partito a livello nazionale». Anche il segretario della Camera del Lavoro Roberto Cogrossi giudica inaccettabile un provvedimento così drastico per tre motivi: 1) la scelta unilaterale di Montefibre è per sfuggire alla richiesta di inserire l'azienda fra le partecipazioni statali; 2) la Montedison deve essere garante delle attività sostitutive promesse da Montefibre per mantenere l'occupazione; 3) un simile licenziamento in massa causerebbe una caduta dell'economia della zona perché ora non esistono altri sbocchi produttivi. L'on. Mario Tamini (pei) ex dipendente Montefibre, spiega che partito comunista e partito socialista stanno cercando di far sì che tutte le azioni pubbliche della Montedison ora sparse in quattro gruppi principali (Eni, Iri, Imi e Icipu) siano raggruppate in una finanziaria creata con una legge in modo che poi la si possa controllare e darle un indirizzo politico. «Ciò consentirebbe di emettere delle obbligazioni per incentivarla, ricapitalizzarla e, in sostanza, risanarla — dice Tamini —. Abbiamo chiesto che il ministro del Bilancio Morlino e dell'Industria Donat-Cattin vengano a riferire alla Commissione Bilancio della Camera, di cui faccio parte, sui licenziamenti chiesti dalla Montefibre. E' ovvio che tutto deve rimanere fermo fino a che queste relazioni non saranno fatte». L'on. Tamini sottolinea poi la necessità di varare un piano nazionale delle fibre, che permetta di muoversi verso direzioni sicure. «Per il Piemonte, comunque, non è più questione di fibre: qui sono praticamente già state abbandonate. E' invece un problema di industrie sostitutive». Remo Lugli

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