In appello i quattro neofascisti della bomba sul Torino-Roma

In appello i quattro neofascisti della bomba sul Torino-Roma Da martedì a Genova il processo per l'attentato In appello i quattro neofascisti della bomba sul Torino-Roma (Nostro servizio particolare) Genova, 15 ottobre. Martedì mattina i quattro giovani neofascisti milanesi Giancarlo Rognoni, Nico Azzi, Mauro Marzorati e Francesco De Min compariranno davanti ai giudici della corte d'assise d'appello di Genova per rispondere, in secondo grado, del reato di strage per l'attentato, fortunatamente non riuscito, al direttissimo Torino-Roma, il 7 aprile 1973. Il 25 giugno del '74, in primo grado, Rognoni fu condannato a 23 anni di carcere. Azzi e Marzorati a 20 anni e sei mesi, De Min a 14 anni. Contro la sentenza fece ricorso la procura generale della Repubblica che ritenne troppo mite la condanna inflitta a Giancarlo Rognoni, considerato il capo e l'ideologo del gruppo eversivo neofascista « La fenice », organizzatore dell'attentato. Un attentato che soltanto per puro caso non causò innumerevoli vittime: i detonatori di un potente ordigno esplosivo, fatto con un chilo di tritolo, scoppiarono tra le gambe di Nico Azzi mentre questi, nella toilette di un vagone del Torino-Roma, poco dopo la partenza da Genova, stava completando l'innesco. La bomba era regolata da un timer che, secondo quanto accertarono i periti, avrebbe provocato l'esplosione mentre il convoglio si sarebbe trovato in una delle numerose gallerie della linea tra Genova e La Spezia: le conseguenze sarebbero state tremende, peggiori di quelle cella strage deU'«Italicusu. La te si difensiva degli imputati, che si trattava di un gesto puramente dimostrativo, che la bomba non sarebbe scoppiata se non quando il treno si fosse trovato all'altezza della Maremma, e che comunque prima dell'esplosione avrebbero provveduto a far bloccare ed evacuare il convoglio con una telefonata alle Ferrovie, non venne accettata dai giudici genovesi di primo grado. Al primo processo era assente Giancarlo Rognoni, riuscito a fuggire in Svizzera prima dell'arresto, dopo che Azzi, Marzorati e De Min avevano fatto il suo nome alla polizia. Il capo de «La fenice», arrestato nei mesi scorsi in Spagna, è stato estradato in Italia alla fine di luglio, ma, essendo già stato fissato il processo di appello, non ha potuto essere interrogato dai magistrati. Il mese scorso, temendo che si preparasse unpiano per farlo evadere, Rognoni è stato trasferito dal carcere di Marassi al penitenziario dell'Asinara, mentre Azzi è stato rinchiuso a Favignana. Rognoni e Azzi saranno riportati a Genova la vigilia del processo, che si svolgerà in un palazzo di giustizia presidiato dalle forze dell'ordine; Rognoni sarà interrogato per la prima volta dal presidente della corte, il dottor Mario Vasetti, davanti al quale dovrà difendersi dalle accuse che, sia in istruttoria sia nel primo processo. Azzi, Marzorati e De Min gli mossero. Da una parte, quindi, la posizione di Rognoni, dall'altra quella degli altri tre imputati. Rognoni, ben difficilmente, accetterà passivamente le accuse dei «camerati», cercherà di sostenere la sua estraneità al fatto, così come fece, in . primo grado, il suo difensore. JMa non rinuncerà a contrat| taccare Azzi e gli altri, per jcui dal confronto potrebbero emergere elementi nuovi, in grado di fare più luce di quanta ne sia stata fatta finora sulla vicenda dell'attentato e su tutte le trame eversive del gruppo «La fenice». Oltre che dagli atti processuali, la verità potrebbe venir fuori anche dai numerosi allegati che si trovano nell'ufficio corpi di reato del palazzo di giustizia di Genova: lettere di Almirante all'onorevole Servello, a quell'epoca «federale» del rosi a Milano, con l'invito a dissociare il partito dal gruppo «La fenice»; altre lettere di Pino Rauti; altri documenti che provano, inequivocabilmente, i legami tra il msi e il gruppo, e la natura eversiva de «La fenice», che si voleva sostanziare proprio in un sovvertimento dello Stato democratico. E' su questi elementi, quindi, che il sostituto procuratore generale Giorgio Jommi, cui è affidata la pubblica accusa, dovrà scavare per confermare la matrice eversiva dei neofascisti milanesi, gli stessi che furono implicati anche nel processo per la morte dell'agente di pubblica sicurezza Antonio Marino. Diversamente, il reato di strage potrebbe cadere, tramutarsi in quello di attentato ai trasporti pubblici e di porto abusivo di tritolo, punibile oltre tutto con la vecchia, e più favorevole agli imputati, normativa. Per cui Azzi, Marzorati e De Min potrebbero addirittura essere scarcerati. La posizione della pubblica | accusa, peraltro, dovrebbe avvantaggiarsi dal fatto che gli avvocati difensori ancora non sono riusciti a definire una linea comune. Ed è appunto giocando sulle diverse posizioni processuali degli imputati che il dottor Jommi potrebbe far leva per veder confermata la dichiarazione di colpevolezza degli imputati. Soprattutto se il confronto tra Rognoni e Azzi desse la stura alla scoperta di nuovi particolari. Giorgio Bidone Nico Azzi | Giancarlo Rognoni