Agnelli: L'impresa è motore dello sviluppo Benvenuto: Attenti soprattutto all'uomo di Renzo Villare

Agnelli: L'impresa è motore dello sviluppo Benvenuto: Attenti soprattutto all'uomo Un convegno a Torino sull'industria italiana e europea Agnelli: L'impresa è motore dello sviluppo Benvenuto: Attenti soprattutto all'uomo Per rimettere in piedi le aziende non sono sufficienti operazioni d'ingegneria finanziaria Le linee di tendenza che l'impresa industriale avrà in Europa sono state individuate da Giovanni Agnelli, presidente della Fiat, nel suo intervento al convegno indetto dall'Assosvezia (Associazione per la promozione delle industrie svedesi) e dall'Unione Industriale di Torino ed al quale hanno preso parte il segretario generale della UH Giorgio Benvenuto — che ha sottolineato la «volontà del movimento sindacale di porsi, in termini nuovi, più chiari ed avanzati, il problema dello sviluppo» —, l'amministratore delegato della SKF Lennart Johansson e il sottosegretario di Stato svedese Gunnar Soeder. Dopo aver premesso che «il futuro è argomento da maneggiare con estrema cautela (prevedere tendenze economiche è ancora possibile, prevederne, invece, le conseguenze sociali è veramente difficile)», Agnelli ha così individuato le tre linee di tendenza: Prima linea di tendenza: la riduzione delle dimensioni operative delle unità di produzione. «Il gigantismo in molti settori — ha detto — ha condotto a diseconomie di scala interne, ma soprattutto esterne. Queste hanno assunto proporzioni tali da rendere gli impianti ingestlbili economicamente e socialmente. In questo senso premono le innovazioni delle tecnologie produttive che richiedono sempre maggiore specializzazione». Seconda linea di tendenza: il generalizzarsi di comportamenti internazionali nelle imprese europee. «L'accentuarsi dei processi di interdipendenza fra aree geoeconomiche fa si che l'impresa tenda sempre più, con le proprie produzioni, a travalicare 1 confini nazionali». Terza linea di tendenza: investe la qualità della domanda e dell'offerta di servizi («la più innovativa, ma anche la più problematica»). In proposito Agnelli ritiene che «la centralità dell'impresa nella società si misurerà anche sulla sua capacità di essere agente e portatrice di terziarizzazione, sia all'interno che all'esterno. Per essa si tratta, in sostanza, di rispondere in termini di efficienza alla crescita fisiologica della domanda». Per Benvenuto la «centralità dell'impresa» è, invece, un «principio inaccettabile perché — pur in un'ottica imprenditoriale — tende a scambiare un mezzo per il fine. Centrali in ima società democratica e socialmente avanzata — ha detto il segretario della UH — sono l'uomo e i suol bisogni essenziali. Centrale è quindi il lavoro per tutti, l'autosufficienza di tutti». Crescenti risorse Agnelli ha osservato che solo per mantenere costante la proporzione tra le realizzazioni terziarie e le altre produzioni, bisogna destinare a tale settore quote crescenti di risorse. «In vent'anni l'Italia ha dovuto destinare un decimo del prodotto nazionale soltanto per mantenere costante la proporzione di intervento della sua pubblica amministrazione». Ed ha aggiunto: «Ci si deve chiedere perché le difficoltà del terziario diventano patologie quando entriamo nel campo della pubblica amministrazione. Forse perché l'attività pubblica è priva di stimoli di competitività». Tornando a parlare dell'Europa, Agnelli ha detto che all'interno dei Paesi europei si possono vedere oggi squilibri con «connotati comuni» e ciò esiste perché «all'interno di queste connotazioni emergono situazio¬ ni strutturali diverse e comportamenti abnormi. Questi, se non saranno corretti in tempo da politiche comuni, altereranno ancor più le uniformità esistenti, dissociando, di fatto, le realtà economiche da quelle sociali». La politica industriale e sociale dei governi degli ultimi venVanni ha usurato l'impresa, togliendole la capacità di autofinanziamento. Questo vale in particolare per l'Italia dove il risparmiatore «non può accedere a forme sufficientemente sicure e redditizie di impiego produttivo delle proprie disponibilità». «Negli ultimi tempi — ha aggiunto — abbiamo dibattuto numerose proposte di risanamento e rifinanziamento delle imprese. Ma non è con la mera ingegneria finanziaria che si potrà permettere alle imprese di riprendere la loro funzione nel sistema. Per quanto poi riguarda lavoro e produttività in Italia, la prima considerazione è quella sulla Inamovibilità del fattore lavoro all'interno dell'azienda» e nell'ambito europeo «altrettanto rilevante è la sproporzione tra costi e produttività del lavoro». Il presidente della Fiat ha concluso affermando che «tutto questo richiede, evidentemente. Intese tra le forze politiche e sociali in chiave europea. Il problema che resta aperto per i sindacati europei — sia pure a vari livelli nelle varie dialettiche dei singoli Paesi — è come conciliare politiche che si definiscono contrattuali e confllttuallstiche con le richieste di influire sulle fondamentali scelte delle imprese». La «dialettica» italiana è stata interpretata da Benvenuto con un intervento impegnato e pieno di contenuto. «Io credo — ha detto — che la crisi del sistema economico italiano abbia tenden- ze di natura e di entità sociologica» ed ha definito «fuori luogo il crescente vittimismo» di «tanta parte del mondo industriale per una caduta di ruolo e di funzione dell'imprenditore nella società italiana». Molteplici sono le interpretazioni della nostra crisi, ma per Benvenuto due sembrano prevalenti: «Da parte imprenditoriale si tende a mettere In primo piano lo sfasamento tra costo del lavoro e redditività; da parte sindacale si pone come causa centrale della crisi lo stretto intreccio tra sistemi di potere e delle imprese, che ha consentito a quello di consolidarsi nelle sue trame parassitarie ed ha Impedito a questo di dare 11 meglio di se stesso alla crescita complessiva del Paese». Sfida dello sviluppo Dopo aver imputato al sistema imprenditoriale italiano di non aver saputo reagire all'impatta delle crisi cicliche del dopoguerra («dopo i floridi Anni Cinquanta, floridi per le imprese non certo per i lavoratori»). Benvenuto ha affermato che «è proprio dalla capacità dell'impresa di accettare la sfida dello sviluppo che dipende il futuro europeo non solo dell'industria, ma dell'intera società italiana. Io credo che, proprio in quest'ultimo anno, si sia avuta una dimostrazione concreta della volontà del movimento sindacale di porsi in termini nuovi, più chiari ed avanzati, 11 problema dello sviluppo». Sul piano internazionale Benvenuto ha detto che «il movimento sindacale si è dimostrato convinto assertore di un pieno inserimento dell'economia internazionale nel contesto europeo. Non è certamente interesse della comunità internazionale che l'Italia resti paralizzata dal suoi squilibri interni, né è interesse generale che il nostro Paese continui a subire gli effetti devastanti di uno squilibrio accentuato tra consumi privati e sociali. Esiste certamente un futuro, con prospettive molto più ottimistiche di quanto si sia portati a credere, dell'industria italiana in Europa solo in quanto essa saprà porsi obiettivi produttivi che — ha concluso — si pongano in modo correttivo rispetto alla crisi del Paese». Il sottosegretario svedese Soeder ha dedicato la relazione ad una analisi della situazione e dei problemi della libera iniziativa ed alla questione delle esigenze del capitale, argomento sul quale è vivo il dibattito in Svezia. Ha poi insistito sul concetto che i Paesi occidentali devono dirigere l loro sforzi verso la creazione di condizioni «effettivamente favorevoli alla libera iniziativa». Lennart Johansson, amministratore delegato della SKF, si è soffermato, invece, sullo stretto collegamento tra il livello dei salari, della produttività e della circolazione monetaria, documentandone le interrelazioni con una serie di grafici. Renzo Villare

Persone citate: Agnelli, Giorgio Benvenuto, Giovanni Agnelli, Gunnar Soeder, Lennart Johansson, Soeder

Luoghi citati: Europa, Italia, Svezia, Torino