Genova: hanno trovato le manette di Chiti Sono insanguinate, forse è rimasto ferito di Giorgio Bidone
Genova: hanno trovato le manette di Chiti Sono insanguinate, forse è rimasto ferito L'assalto del "conmando,, al furgone cellulare Genova: hanno trovato le manette di Chiti Sono insanguinate, forse è rimasto ferito (Nostro servizio particolareI Genova, 13 ottobre. Cesare Chiti, il bandito che un «commando» di amici è riuscito a far fuggire, ieri sera, assaltando a colpi d'arma da fuoco l'auto sulla quale, scortato da tre carabinieri, veniva trasferito dal carcere genovese di Marassi a quello di Trani, quasi certamente non ha lasciato Genova, ma ha trovato rifugio presso compiacenti amici del mondo della malavita in città. Chiti, inoltre, dovrebbe essere rimasto ferito nella sparatoria scatenatasi allo svincolo del casello autostradale di Genova est tra i suoi complici e i carabinieri che lo scortavano. Gli inquirenti basano queste convinzioni sul ritrovamento, in via Carso delle manette che serravano i polsi del bandito, perché erano sporche di sangue, così come lo erano i sedili dell'auto usata dai banditi. Il carabiniere Rocco Barbetta, che faceva parte della scorta, ha dichiarato, senza incertezze, di aver sparato contro Chiti, e di essere sicuro di averlo colpito. Le indagini di polizia e carabinieri, intanto, proseguono senza tregua, incessantemente. Il «commando» che ha liberato Cesare Chiti era composto da almeno tre uomini, forse tra di loro c'era anche una donna; hanno sparato contro i carabinieri con pistole calibro 9 e, nonostante la reazione dei militari, la sorpresa è riuscita. I banditi sono riusciti a far fuggire il temuto componente della banda di Mario Rossi, cui vengono attribuite le più clamorose rapine compiute negli ultimi due anni a banche e gioiellerie genovesi. Cesare Chiti, che era detenuto nel penitenziario di Cuneo, domenica è stato trasferito a Genova perchè martedì doveva comparire in un processo per oltraggio davanti alla seconda sezione della corte d'Appello. Il ministero della Giustizia, in un telegramma ai giudici genovesi, lo aveva definito «pericolosissimo», la sorveglianza era quindi stretta. Subito dopo l'arrivo a Marassi, Chiti aveva ricevuto la visita dei genitori, era parso tranquillo. Anche al processo (i giudici gli hanno concesso le attenuanti generiche, riducendogli la pena da 8 a 4 mesi) non ha dato segni che potessero far pensare a qualcosa di strano, non è vero che abbia pronunciato la frase «dopo la sentenza io me ne vado». Ma lo stesso giorno di martedì è arrivato al carcere l'ordine che doveva essere trasferito a Trani e il particolare è strano, visto che martedì 21 lo aspettava un altro processo davanti al tribunale di Genova. Radio carcere ha funzionato a meraviglia. «Ora i detenuti — ha spiegato il sostituto procuratore della Repubblica Bernardo Di Mattei, che coordina le indagini — possono usare liberamente il telefono, sema essere controllati. E, in carcere, Chiti aveva degli amici: chi può escludere che dall'ufficio matricola qualche detenuto abbia fatto filtrare la notizia, con tutte le modalità di ora e mezzo da usare, del suo trasferimento?» Sta di fatto che Cesare Chiti, detenuto definito «pericolosissimo» dal ministero, ancora ieri pomeriggio riceve un pacco dal padre, e la legge ora vieta che i pacchi siano sottoposti a controlli da parte delle guardie carcerarie. E poi, quando poco dopo le 21 la «Peugeot» con l'autista e i tre carabinieri di scorta e il bandito esce dal portone di Marassi, qualcuno segnala, con un normale radiotelefo¬ no, al «commando» che è appostato allo svincolo, distante circa un chilometro dal carcere, che l'operazione può aver inizio. Pochi minuti dopo, un'auto tampona la «Peugeot», un'altra le sbarra la strada, i banditi scendono a terra e fanno fuoco contro i carabinieri, ferendo gravemente il brigadiere Ruggero Volpi, il militare Rocco Barbetta e l'autista Maggiorino Tardito, mentre l'altro carabiniere, Nicola Aloia, si salva solo perchè una pallottola diretta al cuore è fermata da un pesante portadocumenti Ma anche i carabinieri sparano, e Chiti è ferito, e forse, insieme a lui, un altro bandito. Tutti però riescono a fuggire, a nascondersi in qualche posto sicuro. «Difficile che abbiano cercato di lasciare Genova, in altre città questa è gente sconosciuta, non troverebbe appoggi», dicono gli inquirenti. Però non escludono che, a far evadere Chiti, possa essere stata una grossa banda di rapitori di persona. Giorgio Bidone Genova: Il detenuto Cesare Chiti e i carabinieri feriti: Rocco Barbetta, Maggiorino Tardito e Ruggero Volpe
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