Amore con Robert De Niro e la Minnelli!

Amore con Robert De Niro e la Minnelli! LE PRIME VISIONI SULLO SCHERMO Amore con Robert De Niro e la Minnelli! New York, New York di Martin Scorsese, con Robert De Niro, Liza Minnelli, Lionel Slanciar, Barry Primus. Stati Uniti, colori. Commedia musicale. Cinema Ambrosio. New York, New York è la secca risposta a Hollywood, Hollywood. Affiora anche sullo schermo l'antico antagonismo tra le due «coste» statunitensi. La cultura dell'Est contro quella dell'Ovest, il realismo di New York e la fantasia di Hollywood, la critica contro il sogno. Il nuovo cinema americano delle minoranze emergenti, dall'ebreo Woody Alien all'italo-amcricano Scorsese, profondamente radicato nella fascia industriale dell'Atlantico, contrappone i suoi modelli espressivi ed i suoi sfondi sociali alla vecchia mitologia codificata e divulgata dagli «studios» californiani. Come si può fare oggi un musical, magari con gli stessi ingredienti, amore, canzoni, spettacolo, senza cadere nella mielosa e patinata falsità del genere tradizionale? Provano curiosamente a trovare una risposta tre divi italo-americani dell'ultima generazione cinematografica: Liza Minnelli, Robert De Niro e il regista Martin Scorsese (Mean Streets, Taxi Driver). Agosto 1945: il Giappone si è arreso, per gli Stati Uniti la guerra è finita ed è stata vinta. Le strade di New York sono percorse da una festosa follia collettiva: si canta, si suona, si balla. Jimmy Doylc (De Niro), reduce, suonatore di «sax», è in mezzo a quel mare di gente. Cerca vita, amore e musica, mentre l'orchestra di Tommy Dorsey nel «Victory day» offre in jazz ballabile la cifra dell'intero film. Trova tutto con Francane Evans (Liza Minnelli) che riesce a conquistare dopo un corteggiamento ai limiti dell'assedio. Lui suona il sassofono, lei canta, una «ditta» che funziona. In giro per la provincia, guadagnando a fatica un po' di popolarità, si sposano e hanno un figlio. Ma la famiglia non regge e i due artisti trovano carriere e fortune differenti. Franchie diventa star della canzone e del cinema; Jimmy raggiunge il successo con un motivo, «New York, New York», scritto ai tempi del grande amore. Si incontreranno ancora una volta, entrambi famosi. «Molla tutti e andiamo insieme al ristorante cinese», propone lui al telelono. «Sì», risponde lei. Scende con l'ascensore. Poi sulla porta ci ripensa. Schiaccia di nuovo il pulsante e torna indietro. Finale amaro, con panoramica sulle buie vie di New York e coda musicale. Luci surreali, fondali ostentatamente finti, la ricca colonna sonora, le canzoni, l'intreccio quasi banale, il ritmo di balletto nelle scene di massa, l'impasto fotografico, danno al film l'immagine di una commedia in musica. E' un'analisi sul «genere», in forma autocritica e in stile «nostalgia», così come piace oggi al cinema americano. Questo è il vero musical di Broadway, con taglio realistico e sfondi sociali, sembra proporre Scorsese, non le artificiose torte di panna che creava Hollywood. Il dialogo del film è esplicito in proposito. Francine-Minnelli, al vertice del successo, gira un film musicale, che è anche un omaggio alla madre |udy Garland. Incontra Jimmy e gli chiede. «Mi hai visto al cinema? T sono piaciuta?». «Abbastanza», risponde lui poco convinto. «Hai ragione», prosegue lei, «Quei film sono sempre uguali. Quando ne hai visto uno, li hai visti tutti». Ma sopra la polemica di squisita cultura cinematografica, rimane la storia d'amore del sassofonista e della cantante. E' una specie di scommessa a tre, due attori più il regista, risolta con bravura più che professionale. De Niro è un « meccanismo interpretativo » perfetto: una volta caricato sul personaggio non sbaglia una smorfia, un tic o un gesto della mano. E' così preciso che sembra programmato da un computer. La Minnelli è piena di calore, grinta e comunicativa, come cantante e come attrice. Il pubblico le crede ed affettuosamente rivede attraverso lei un po' (trucco e costumi aiutano molto) della grande Garland. Meno a tiro, nel trio, il regista Martin Scorsese, troppo impegnato sul sofisticato gioco intellettualistico del «come eravamo in musica»: lo spettacolo c'è ma non mancano i momenti di stanchezza e di freddo rallentamento narrativo. Un autore cinematografico certamente ha i suoi tempi espressivi: forse però, la fragile ideuzza di fondo non riesce a sostenere due ore e passa di film. Il sassofonista che doppia De Niro si chiama Geòrgie Auld e gli arrangiamenti musicali «d'epoca» sono firmati da Ralph Burns. Per gli appassionati di jazz: la colonna sonora, anche all'orecchio di un profano, sembra buona e ricca di calde suggestioni. L'edizione discografica pare sia già un best-seller. Sandro Casazza ★ ★ Certi piccolissimi peccati di Yves Robert, con Jean Rochejort, Daniele Delorme, Claude Brasseur, Victor Lanoux, Guy Bedos. Francese, commedia, colore. Cinema: Olimpia. I « piccolissimi peccali » ai 1 quali allude il titolo italiano (più originale quello francese, j Un éléphani, cu trompe enorme-1 meni, peccato che sia pressoché intraducibile) sono quelli di adulterio variamente consumati da quattro amici per la pelle (tre, a dire il vero, perché il quarto Daniel, interpretato dal secco Claude Brasseaur, deve avere altri gusti) e, per ripicca, anche dalla moglie del più pervicace e costante nel commetterli (Bouly: il massiccio Victor Lanoux). Sbrigatici in fretta del medico Simon (il bravo Guy Bedos) che, quando l'isterica mammina lo lascia in pace, corre a incornare il suo primario intento a tagliare e ricucire pance, rimane Etienne, cioè l'impagabile Jean Rochefort, i cui reiterati tentativi di tradire la moglie quarantaduenne ma rinverdita dall'uzzolo di laurearsi in legge (Daniele Delorme, simpatico e intramontabile musetto) tramano e innervano la sceneggiatura di Jean feoup Dabadie. Costui si è evidentemente ricordato del suo, e di Sautet, Tre amici, le mogli e (ajjettuosamente) le altre, sebbene anche la critica francese abbia esplicitamente riconosciuto che Yves Robert, regista di film garbatamente comico-familiari, si è ispirato al nostro Amici miei di Germi-Monicelli, non foss'altro per le «zingarate» che il quartetto combina. Che poi Etienne riesca davvero, e quando meno lo spera, a fornicare addirittura con l'immagine della Francia sui manifesti pubblicitari (Annie Duperey, frizzante Marianna col berretto frigio) sarebbe affatto irrilevante se non servisse al regista per costruire un finale ironico e fantastico — l'adultero in vestaglia sul cornicione di un grattacielo sotto il fuoco delle telecamere — abbastanza intonato alla leggerezza, e talvolta fatuità, di un film che, se manca di volgarità, e questo è un merito rispetto ai modelli della commedia all'italiana, diverte rimanendo però in superficie. Amici miei, se non altro, scavava più in profondità. a. bl. Liza Minnelli e Robert De Niro, un'amara storia d'amore su uno sfondo stile «musical»