Il Comecon fa la corte alla Comunità europea

Il Comecon fa la corte alla Comunità europea Nel 1978 i negoziati veri e propri Il Comecon fa la corte alla Comunità europea Dalla porta chiusa della Comunità Europea la testa di un omino spunta attraverso una fessura e guarda preoccupata i mazzi di fiori, nonché una falce e un martello, che gli offre una piccola folla straripante dalla porta accanto, semi spalancata, del Comecon. Così vede umoristicamente il dialogo tra le due grandi organizzazioni economiche europee il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung. Sono infatti occorsi tre anni di contatti preliminari perché i responsabili della Cee e del Comecon decidessero il 21 settembre scorso a Bruxelles di iniziare nella prima metà del 1978 negoziati veri e propri per la conclusione di un accordo di cooperazione economica. Tanto è durata la schermaglia procedurale che ha visto il presidente del comitato esecutivo del Comecon proporre trattative all'omologo presidente del Consiglio dei ministri della Cee, e non ai rappresentanti della Commissione esecutiva della Comunità, cioè l'organismo sovrannazionale delegato a negoziare accordi in nome dei 9 paesi membri. Le questioni di procedura hanno però celato da sempre un problema politico di fondo: il riconoscimento reciproco e su piede di parità tra le due organizzazioni che simboleggiano due diversi modelli di integrazione economica ad Est ed a Ovest. In seno al Comecon, l'atteggiamento determinante dell'Urss, contrario all'integrazione europea occidentale per i suoi potenziali sviluppi politici e militari, si è gradualmente modificato negli Anni 60 di fronte ai primi successi economici della Cee e al suo allargamento alla Gran Bretagna. Mosca incominciava inoltre a vedere qualche vantaggio nella crescente indipendenza della Cee nei confronti degli Stati Uniti, che rispondeva in qualche modo alle previsioni marxiste di un « aggravamento delle contraddizioni tra i paesi capitalisti ». Fatto sta che Breznev nel 1972 affermava pubblicamente che l'Urss non ignorava l'esistenza della Comunità e considerava la possibilità di futuri rapporti tra la Cee e il Comecon. Nel 1973 iniziavano i primi contatti tra Cee e Comecon, che dopo vicende alterne hanno condotto alla situazione odierna. L'Urss non ha finora riconosciuto formalmente la Comunità inviando un ambasciatore a Bruxelles, anche se di fatto ha trattato direttamente in febbraio con la Commissione della Cee un accordo sulla pesca, seguita a ruota da Polonia e Germania orientale. I sovietici continuano a nutrire forti riserve soprattutto sull'integrazione politica della Cee ed hanno recentemente preso posizione contro le elezioni dirette al Parlamento europeo (previste per il 1978), considerate una minaccia alla sovranità nazionale dei singoli Stati. Il Cremlino in genere non si preoccupa troppo per le barriere tariffarie e doganali della Comunità, che non colpiscono le sue principali esportazioni verso Ovest, cioè petrolio, gas naturale e materie prime. Inoltre la pubblicistica sovietica non ha perso occasione di sottolineare in questi ultimi tempi la profonda crisi economica della Comunità Europea, e non è mai stata una regola politica per Mosca riconoscere un interlocutore in posizione di debolezza. Vi sono però altri motivi per cui l'Urss ritiene necessario proseguire il dialogo con la Cee: come l'esigenza di non lasciarsi scavalcare dalla diplomazia cinese sul teatro europeo; e già Pechino nel maggio 1975 aveva giocato un brutto tiro ai «socialimperialisti sovietici» annunciando il riconoscimento diplomatico della Comunità Europea e l'apertura di negoziati per un accordo commerciale. Ma, soprattuto, l'Urss deve tener conto delle pressioni degli altri paesi europei del Comecon, in primo luogo Polonia e Ungheria, (per non parlare della Romania), perché si trovi una forma di intesa generale tra le due organizzazioni che permetta poi ai singoli paesi dell'Est di negoziare per proprio conto accordi bilaterali con la Cee. Con l'adozione della politica commerciale comune della Cee, a partire dal 1973 nessun nuovo accordo in questo campo può essere concluso se non direttamente con la Commissione di Bruxelles e molti paesi socialisti sono fortemente colpiti dalie barriere comunitarie sulle loro esportazioni Il problema all'interno del Comecon è dunque raggiungere un compromesso accettabile tra l'interesse dell'Urss a mantenere il controllo generale della politica esterna dell'organizzazione, dando un'impressione unitaria e mirando a fare accettare il Comecon come interlocutore paritario della Cee, e la necessità degli altri paesi socialisti di negoziare accordi commerciali bilaterali direttamente con la Comunità. La questione per il momento appare tutt'altro che definita e ciò si riflette sulla stessa proposta di accordo-quadro fatta alla Cee, che rimane tuttora assai generale e aperta a varie interpretazioni sul tipo di rapporti instaurabili sia tra Cee e Comecon che tra i loro stati membri. Da parte della Comunità Europta le posizioni appaiono più nette, anche se restrittive: sul piano formale gli eurocrati hanno per ora prevalso, facendo riconoscere la competenza esclu¬ sClinCcLnlpcspgn siva della Commissione della Cee, con il cui commissario alle Relazioni Esterne Haferkamp, il vicepresidente romeno Marinescu, presidente di turno del Comitato Esecutivo del Comecon, ha accettato di trattare. La Cee però non intende riconoscere il Comecon come interlocutore egualmente dotato di pieni poteri a negoziare accordi commerciali: questi possono essere solo conclusi con i singoli paesi socialisti. Il carattere intergovernativo e non sovrannazionale del Comecon può tuttalpiù permettere una serie di accordi di cooperazione, proposti dalla Comunità in alcuni settori ben precisi come lo scambio di dati, l'ecologia e lo sviluppo tecnico-scientifico. Il rifiuto attuale di trattare qualcosa di più a livello generale rivela d'altronde la preoccupazione di non favorire un ruolo già troppo dominante dell'Urss nei confronti degli altri paesi del Comecon. Ma il « mandato ristretto » conferito alla Commissione di Bruxelles tradisce anche incertezza e reticenze in campo occidentale, quale la riluttanza di molti governi a lasciare alla Comu- nità il controllo e il coordinamento degli accordi di cooperazione industriale con i paesi dell'Est, talora assai più importanti dei semplici accordi commerciali, sia per le cifre in gioco che per le prospettive di una crescente interdipendenza economica tra le due parti del continente europeo. Lo sviluppo dei rapporti Est-Ovest in campo commerciale e industriale, proceduto ad un ritmo elevato fino al 1975 ha inoltre risentito nell'ultimo biennio di un relativo rallentamento dovuto in parte alla crisi economica ad Ovest, che ha contenuto temporaneamente le importazioni dall'Est, ed ha contribuito all'accrescersi del debito estero dei paesi del Comecon grandi importatori di macchinari e tecnologie occidentali. Stimato a fine 76 ad un massimo di 60 miliardi di dollari, questo deficit, secondo l'ultimo rapporto del Joint Economie Committee del Congresso americano, potrebbe frenare gli scambi Est-Ovest nell'immediato futuro, Sergio A. Rossi Frinkturttr Allgfneìna Zeitung

Persone citate: Breznev, Joint, Marinescu, Sergio A. Rossi