Con Ionesco vent'anni dopo

Con Ionesco vent'anni dopo Rinasce il «Teatro delle 10» Con Ionesco vent'anni dopo « Quel passante che in una sera nebbiosa del lontano inverno del 1957 si fosse aggirato sotto la volta della galleria San Federico di Torino in cerca di svago o di conforto sarebbe salito, attratto dalle voci, a un mezzanino sopra un bar, e in una saletta avrebbe visto, su una minuscola pedana, alcuni attori recitare con gesti sconnessi e parole di colore oscuro. E subito avrebbe esclamato: Ah, questa avanguardia! ». Più o meno questo potrebbe essere l'attacco di un feuilleton di stampo ottocentesco che si proponesse di narrare la storia e il mito del « Teatro delle dieci » del quale si annuncia, a vent'anni di distanza, la seconda nascita. La prima corrisponde abbastanza alla succitata descrizione di un immaginario romanziere: il « Teatro delle dieci» è nato veramente in un bar di via Roma, l'Augustus, dall'entusiasmo del regista Massimo Scaglione e di alcuni attori usciti dalla scuola dello Stabile, Ed è nato proprio per proporre i testi di quell'avanguardia che oggi non è già più tale ma che allora faceva rumore e scandalo: Ionesco, Beckett, Adamov, Tardieu, Genet, De Obaldia ecc. senza trascurare un repertorio italiano che spaziava da Pavese a Primo Levi, da Campanile a Flaiano, da Buridan a De Maria, Vasile, Pugnetti, Terron e altri ancora. Il locale aveva una settantina di posti, ai tavolini naturalmente: la consumazione era già compresa nel biglietto d'ingresso (mille lire). Ma le sedie non erano sempre tutte occupate: il primo spettacolo — La contatrice calva di Ionesco con altri due atti unici di Tardieu e di Neveux — fece una serie di esauriti, ma poi il pubblico si diradò salvo di quando in quando tornare ad affollarsi per cause che rimangono tuttora misteriose come i motivi di certi « forni » che costringevano il « Teatro delle dieci », così chiamato dall'ora in cui avrebbero dovuto cominciare le rappresentazioni, a ritardare anche di mezz'ora l'inizio per racimolare nei dintorni un paio di indispensabili spettatori. L'altalena dei vuoti e dei pieni continuò anche al « Ridotto del Romano », nella galleria Subalpina, dove due stagioni dopo il gruppo si trasferì: ancora in un bar — era destino — ma questa volta trasformato dallo spirito d'iniziativa di Lorenzo Ventavoli in un teatrino con sessanta-settanta poltroncine, una ribalta piccolissima (ma, insomma, un vero e proprio palcoscenico) e persino una balconata in miniatura installata tout court sopra il banco del caffè espresso. Una sede dignitosa, per lo meno, che consentì al « Teatro delle dieci , grazie anche a un cartellone nel quale tra l'altro spiccavano, novità assolute, L'ostaggio di Behan e Le serve di Genet, di essere riconosciuto come compagnia primaria. In questa sede il « Teatro delle dieci » ha rappresentato ininterrottamente sino al '72 una settantina di spettacoli, quasi ignorato dalla critica (Bernardelli, il rigoroso critico de La Stampa ammoniva il suo vice: « Poche righe, mi raccomando»), spesso trascurato anche dal pubblico tanto è vero che i suoi maggiori allori andava a raccoglierli altrove: a Venezia, per il festival della prosa, a Milano, dove presentò il primo spettacolo n dada » italiano e le farse quattrocentesche dell'Alione, sui transatlantici durante le crociere estive. Poi il gruppo si sciolse: chi andò da una parte, chi dall'altra, chi spiccò il volo per gli Stabili e per altre compagnie, chi ancora si rincantucciò alla Rai-tv. Ora il « Teatro delle dieci » ci riprova. Intorno al regista Scaglione si è riunita una cooperativa nella quale, accanto ai nomi di Adolfo Fenoglio, Carla Torrero e Franco Vaccaro che già comparivano sulle lccandine dei primissimi spettacoli, appaiono quelli di Enza Giovine, Eligio Irato, Susanna Maronetto e altri attori torinesi che prenderanno il posto tenuto negli Anni Cinquanta da Bob Marchese, Wilma D'Eusebio, Annamaria Mion, Piera Cravignani, Luciano Donalisio e, subito dopo, da Franco Alpestre, Elena Magoja, Giovanni Moretti, Luigi Angelino... Con quali intenti si presenta la nuova formazione? Lo dice il programma dello spettacolo che andrà in scena alla sala Valentino del Teatro Nuovo il 12 ottobre: La contatrice calva (già cavallo di battaglia del gruppo con quasi settecento repliche) e La lezione di Ionesco. Ancora l'avanguardia, dunque. Ma, s'intende, un'avanguardia ormai « storica » che tuttavia molti, soprattutto i I giovani, non conoscono o conoscono per sentito dire. Quanto al resto, piuttosto che imitare i modi dell'odierno teatro di ricerca e di sperimentazione, la cooperativa preferirebbe rimanere nell'ambito del teatro tradizionale, rivolgendosi agli autori italiani e coltivando magari particolari filoni come il « giallo » (un altro revival?). Ma intanto sarà interessante vedere come le nuove generazioni reagiranno, se reagiranno, a quel teatro dell'assurdo del quale sembra che tutti si siano dimenticati. A cominciare dallo stesso Ionesco. Alberto Blandi

Luoghi citati: Milano, Torino, Venezia