È la Svizzera il paradiso dei malati? di Franco Giliberto

È la Svizzera il paradiso dei malati? ASSISTENZA E OSPEDALI NELLA CONFEDERAZIONE E IN ITALIA È la Svizzera il paradiso dei malati? Abbondanza di personale e di mezzi, pace interna, brevità delle degenze consentono il buon funzionamento delle cliniche pubbliche - Sussidi ingenti ne colmano i grossi deficit -1 costi (proibitivi) delle cliniche private e le assicurazioni volontarie Berna, ottobre. Dicono che per i malati dell'area mediterranea esista un paradiso in Terra, la Svizzera: dove gli ospedali funzionano, le diagnosi sono accurate, le terapie irreprensibili. Un'esplorazione in questo Eldorado della medicina applicata — fra i poli di Ginevra e San Gallo — può darne conferma rispondendo al quesito: «Perché gli ospedali in Italia non funzionano e in Svizzera sì?». Innanzi tutto cerchiamo di capire come vanno le cose sanitarie nel Paese di Guglielmo Teli. Il cronista che viaggia con quest'obiettivo verso il confine s'è portato in valigia alcuni ricordi: polemiche di nostri medici che accusano d'esterofilia sia chi espatria per farsi curare sia chi avalla il mito della miracolosa medicina elvetica; lettere ai giornali di malati che, dopo avere sperimentato tante disillusioni nazionali, illustrano trattamenti sopraffini ottenuti Oltralpe; resoconti di collette popolari promosse da parrocchie, quartieri, maestranze aziendali per mandare un bimbetta o una fanciulla senza salute nell'ospedale in cui lavora il grande specialista ginevrino o basilese. La calamita degli ospedali svizzeri è l'efficienza. In ogni paradiso un ipotizzabile difetto non può che riguardare la troppa luce, ed ecco che in questi giorni l'efficientissimo ospedale cantonale di Ginevra risplende in eccesso. I suoi quattromila dipendenti, e i quattrocento in organico nei policlinici collegati, hanno ricevuto in dono altrettante penne laminate d'oro, con i propri nomi e cognomi incisi sul cannello. Di buona marca, acquistabili in qualsiasi discreta cartoleria al prezzo di 81,50 franchi, quelle brillanti penne hanno un valore commerciale di 130 milioni di lire. Il signor Marcel Haas, direttore dell'ospedale, respinge le accuse di sperpero. Dice: «Avevamo organizzato un ricevimento per cinquecento personalità in occasione della cerimonia inaugurale del terzo edifìcio ospedaliero, da poco costruito e pronto a funzionare. Non avevamo potuto irritare al rinfresco tutto il personale per evidenti Trioni di spazio. Ma ci tenevamo a gratificare l'insieme dei dipendenti che ogni giorno si prodigano instancabilmente per i malati. Quelle penne sono dunque un regalo in segno di riconoscenza. Non va dimenticato che nel 1966, quando fu inaugurato il secondo lotto ospedaliero, avevamo offerto a tutto il personale una crociera sul lago. Chi ha pagato? L'ospedale, naturalmente, per decisione della sua commissione amministrativa». Presidente della commissione amministrativa è Willy Donzé, consigliere di Stato e «ministro» cantonale della Sanità e della Previdenza sociale. Fra poche settimane la sua carica potrebbe essere confermata dai cittadini, chiamati a nuove elezioni. C'è chi a Ginevra sostiene — tutto il mondo è paese — che il regalo delle 4400 pen¬ ne sia da mettere in relazione con il prossimo voto. Anche senza questo supposto risvolto preelettorale la vicenda rimane significativa. Testimonia di una felice condizione di lavoro: non soltanto scioperi e assemblearismo sono sconosciuti negli ospedali svizzeri, ma addirittura esiste uno scambio di gentilezze, come accade a Ginevra, fra pubblici amministratori e personale. Tanto può dunque la ricchezza? E' questo uno dei principali motivi del buon funzionamento ospedaliero elvetico? Vediamo i fatti un po' più in profondità. Nel 1976 l'ospedale cantonale di Ginevra (1800 letti) ha ottenuto una sovvenzione statale di 161 milioni di franchi, pari a circa 60 miliardi di lire, per coprire il proprio deficit di gestione. La vicenda delle penne d'oro male s'inquadra dunque nella politica del risparmio che dovrebbe essere raccomandata. Ma le spese e i debiti per la sanità pubblica continuano nel Paese, anche se i richiami di taluni amministratori e dell'opinione pubblica cominciano a diventare insistenti. Il terzo edificio di otto piani che l'ospedale ginevrino ha appena inaugurato è stato costruito con una spesa di 72 miliardi di lire. Non ospiterà alcun letto per malati, conterrà solo nuove attrezzature cliniche, laboratori meccanografici, una divisione d'informatica e servizi vari «utili a diagnosi e terapie ancora più funzionali delle odierne». Al «cantonale» la durata media delle degenze era di 22 giorni nel 1960, oggi è ridotta a 15 giorni per malato. «Fra un anno o due arriveremo a 12 giorni», prevede il direttore Marcel Haas. Spendendo denaro, anziché riducendo gli esborsi e i programmi di sviluppo, si persegue una costante razionalizzazione del sistema ospedaliero, che pure l'altr'anno ha visto un passivo quotidiano di 90 mila lire per letto e un indice medio di occupazione dei letti del 72 per cento. Naturalmente, anche se per lunghi periodi dell'anno metà ospedale è vuoto, il personale non è lasciato a riposo. Così capita che ogni giorno, al «cantonale» ginevrino — contando anche i piccoli policlinici che gli sono collegati — ci siano in attività almeno tre dipendenti per malato. La stessa cosa accade in molti altri ospedali svizzeri. Quest'abbondanza assistenziale è il secondo importante motivo di buon funzionamento, ancora una volta legato alla disponibilità di denaro, visto che le spese per il personale in genere ammontano al 70 per cento di quelle generali. Nelle grandi città sedi di Facoltà mediche universitarie, i contributi statali a copertura dei deficit sono notevoli, spesso pari a metà delle spese sostenute (come a Ginevra o a Zurigo, considerate accademie universitarie-ospedaliere). Ma anche in ospedali meno famosi, che egualmente danno grande affidamento, i sussidi dei governi locali sono rilevanti. Un esempio. In quello cantonale di San Gallo — a 80 chilometri da Zurigo —, che ha 1400 posti letto e 1500 dipendenti, nel 1976 il contributo a copertura del disavanzo è stato di 11 miliardi di ""e (le spese furono di 25 miliardi e le entrate 14 miliardi; nell'anno erano stati ricoverati 18.932 malati, media di degenza 12 giorni ciascuno; mentre negli ambulatori erano affluiti 62.810 pazienti esterni). Giocano vari fattori nella definizione dei parametri per il sussidio statale: le attività di ricerca scientifica, le alte specializzazioni, gli insegnamenti universitari e le scuole professionali per il personale paramedico che ciascun ospedale possiede e mette in conto. Anche il numero dei posti-letto e dei dipendenti ha un peso nelle determinazioni dei contributi statali, mentre fra gli ultimi indici presi in considerazione vi è la morbilità territoriale: le statistiche sulle malattie degli svizzeri sono uniformi nel Paese; non esistono sacche epidemiologiche particolari; sono limitati gli infortuni sul lavoro e «accettabile» il numero dei traumatizzati in incidenti stradali con invalidità temporanee o permanenti; le malattie infettive come salmonella, paratifi, epatiti virali, gastroenteriti da intossicazioni alimentari e gli esantemi da scarsa igiene, che contribuiscono a riempire gli ospedali italiani, qui hanno incidenza minima. Tariffe incerte Gli svizzeri sono in genere soddisfatti delle cure ospedaliere che ricevono. Un po' meno del loro prezzo. Ogni cittadino, pagate le tasse e i vari contributi per le forme previdenziali di base, deve provvedere ad assicurarsi di propria iniziativa contro le malattie. Sono circa quattrocento le «casse malattia» alle quali può ricorrere. Le tariffe variano da Cantore a Cantone, pur rispettando alcune regolamentazioni e controlli federali. A seconda delle convenzioni che ogni «cassa malattia» ha siglato con gli ospedali dei rispettivi territori (e perciò in base alle rette stabilite dai vari consigli di amministrazione degli ospedali), mutano le tariffe che il cittadino può scegliere di pagare. Non vi è uniformità nemmeno nel campo delle parcelle dei medici generici, le cui associazioni cantonali malvolentieri acconsentono a fissare tabelle di onorari per le prestazioni. Di frequente capita che un cittadino, pur assicurato, paghi la visita nello studio del medico più di quanto gli rim¬ borsi la propria mutua privata. Capita anche che numerose «casse malattia» siano in contrasto con gli ospedali più spreconi, non riconoscendo loro che una parte delle rette pretese (ma questi dissidi non si riflettono sulla borsa dei pazienti). Ogni svizzero previdente, anche se è sano come un pesce, versa in media a una «cassa malattia» liberamente scelta 80 franchi (trentamila lire) al mese in cambio di eventuali cure mediche, analisi di laboratorio, ricoveri ospedalieri e medicinali da ritirare in farmacia dietro prescrizione. Ma anche gli acquisti «liberi», cioè per iniziativa del singolo, sono alti: le statistiche dicono che quotidianamente cinquantamila svizzeri comprano medicine senza rimborsi mutualistici per un valore di duecento milioni di lire. La spesa globale in farmaci di ciascun abitante è pari a trentottomila lire l'anno; in Italia, dove pure ci sono molti buoni mangiatori di pillole, è di 30 mila lire. Un'autocritica Gli ottanta franchi mensili spesi dai cittadini mediamente per assicurarsi contro le malattie sono un considerevole onere per le famiglie numerose e meno abbienti (la cifra va moltiplicata per ogni componente del nucleo familiare) e pesano soprattutto sulla grossa fascia di popolazione che ha pensioni e salari netti di 300-450 mila lire al mese. Il ricorso alle case di cura e ospedali privati — sono 260 nel Paese e garantiscono un confort assistenziale spesso superiore a quello degli ospedali cantonali e distrettuali — è proibitivo per chi non ha abbastanza quattrini da permettersi rette quasi doppie. PoM giorni fa a Buergenstock, in un simposio dell'Unione svizzera delle «casse malattia», sono state sottolineate le discrepanze di questo sistema sanitario «senz'anima»; che funziona sì assai bene, ma a caro prezzo. Si è fatto l'elogio degli sforzi in atto da un anno per contenere i costi ospedalieri (un esempio da Basilea: nel 1976, caso forse unico in Europa, i medici ospedalieri hanno deciso di ridurre i propri sti¬ pendi del 25 per cento); si è lanciata un'ennesima proposta al governo federale perché sia stabilito un indice delle spese sanitarie in genere, tale da eliminare le preoccupanti difformità d'oggi. In Svizzera la spesa per la salute della popolazione è di 282.000 lire l'anno prò capite (in Italia 132.000 lire, altra differenza da meditare nei paragoni), e si tratta di un alto costo. «Soltanto misure di riduzione e di risparmio, da applicare a breve termine, potranno prevenire una statalizzazione del settore, così com'è praticata all'estero», hanno ammonito i responsabili delle «casse malattie» da Buergenstock. Il peggiore spauracchio per i ceti che contano nella Confederazione è questa paventata perdita della «libera economia di mercato sanitario». Al quadro generale non sarà inutile aggiungerne uno più dettagliato: la descrizione del funzionamento di un ospedale elvetico che permetta altri possibili confronti con la situazione italiana. Scelta la città di Friburgo — dove passa lo spartiacque linguistico fra Svizzera tedesca e romanda e dove più naturalmente si fondono caratteristiche di gestioni ospedaliere un po' differenti fra Nord e Sud — non rimane che fare i conti in casa di amministratori, medici, infermieri e malati. Friburgo è divisa in due, la città alta e la più antica città bassa. Dalla parte superiore si può raggiungere il centro storico con una funicolare che ha un recipiente sotto la navicella, riempito di volta in volta con gli scarichi liquidi della gente che abita a monte. L'operazione permette la calata della cabina e la contemporanea risalita della sua gemella, senza zavorra. Arrivato in basso, il recipiente sotto la cabina è vuotato e il suo alleggerimento prepara la successiva risalita, grazie al tempestivo carico cloacale della navicella superiore. In questo modo gli abitanti di Friburgo alta fanno generosamente approfittare delle proprie fogne bianche i concittadini del centro storico. Quasi un moto perpetuo, da decenni. Come funzionerà l'ospedale in una comunità tanto ingegnosa e previdente? Franco Giliberto

Persone citate: Cantone, Cantore, Guglielmo Teli, Marcel Haas, Trioni, Willy Donzé