Mosca ricorda senza feste

Mosca ricorda senza feste Mosca ricorda senza feste (Dal nostro corrispondente) Mosca, 3 ottobre. A meno di un annuncio improvviso, inatteso anche se non impossibile, il ventesimo anniversario del lancio di Sputnik 1, che diede il via all'esplorazione del cosmo, sarà per i sovietici una celebrazione in più. L'attenzione dei grandi mezzi d'informazione è concentrata soprattutto sulla nuova Carta costituzionale, che il Soviet Supremo approverà domani, aprendo così le cerimonie di questo ottobre, il sessantesimo dalla vittoriosa rivoluzione bolscevica. Proprio tale coincidenza aveva fatto credere nella possibilità di una nuova, sensazionale impresa oltre i confini della Terra. Un'idea che si era rafforzata quando nei giorni scorsi i responsabili di Baikonur avevano lasciato cadere distrattamente la richiesta di alcuni scienziati occidentali per visitare il noto cosmodromo. « No, nessun lancio speciale è in programma sul momento », ha detto infine stamane il fisico V. N. Petrov, accademico delle Scienze e presidente del consiglio Intercosmos. Sono cessate allora le aspettative. Con il direttore dell'Istituto delle ricerche spaziali, l'accademico R. Z. Sagdeev, il direttore dell'istituto medico-biologico, O. G. Gazenko, e gli astronauti Chatalov, Leonov, Feoktistov e Eliseev, il prof. Petrov si è presentato ad una conferenza stampa all'associazione dei giornalisti, ma soltanto per rievocare « quel giorno », in cui un acuto « bip-bip » ricevuto a terra da centinaia di stazioni radio annunciò all'uomo che era cominciato il suo viaggio nella galassia e oltre, verso un nuovo ignoto. « / cinquemila e più satelliti artificiali che vorticano adesso attorno al pianeta Terra sono tutti discendenti di Sputnik 1, da esso comincia l'albero genealogico degli apparecchi cosmici », egli ha osservato. A Sagdeev è stato domandato se la stazione Saliut 6, in orbita da quattro giorni, sarà raggiunta da altri ordigni per un esperimento combinato. La risposta è stata negativa. E quando avverranno altri lanci umani? « Ci stiamo preparando ». La prossima spedizione avrà a bordo anche astronauti di altri paesi socialisti? « Probabilmente non ancora ». I sovietici sono attualmente impegnati in un programma di comunicazione spaziale a mezzo di satelliti tipo « Ecran ». Questo nuovo sistema dovrebbe svolgere le funzioni di una gigantesca torre ripetitiva per la diffusione delle trasmissioni della televisione centrale, qui da Mosca. Gravitando in perfetta sincronia con la Terra, il sistema « Ecran » resterebbe sospeso a 36 mila metri di altezza sull'Oceano Indiano. Le enormi spese finora affrontate nella ricerca spaziale, sembrano avere indotto i sovietici (come del resto gli americani) ad una fase di riesame e sfruttamento dei risultati già raggiunti: « Avevamo cominciato a lavorare ancor prima della grande guerra patriottica », ricorda l'accademico Nikolai Piliughin sulle IzvesUja. E prosegue: « Sul piano organizzativo, nel coordinamento dì numerosi collettivi di ricerca, i primi risultati li ottenemmo ìiel 1946. Serghiei Korolev dirigeva già allora un consiglio dei costruttori che contava su centinaia di scienziati e tecnici e su intere fabbriche. Fu una mobilitazione gigantesca di ingegni e di risorse ». Oggi, trent'anni dopo, i satelliti immaginati allora, osservano la Terra con occhi che spaziano a 180 gradi e forano la sua coltre per rivelarne il contenuto delle viscere, scrutano nelle oscurità più lontane e toccano realtà prima appena intraviste. Sopra le nostre teste, lo spazio è già affollato. Da più di dieci anni la rete « Molnia-orbita », che riunisce settanta stazioni terrestri, si serve degli Sputnik per tutti i collegamenti. Tre satelliti Meteor svolgono servizio meteorologico di previsione ruotando in permanenza lungo un'orbita circumterrestre. Altri Meteor sono utilizzati da qualche mese per una serie di esplorazioni delle zone immediatamente esterne alla Terra. La massa d'informazioni trasmesse da tutti questi laboratori cosmici impegna a terra migliaia di specialisti, distribuiti nei ministeri dell'Agricoltura, della Geologia, delle Bonifiche, della Pesca, oltre che dei gabinetti dell'Accademia delle Scienze. Sono i frutti talvolta ignoti d'imprese che hanno da tempo ormai cessato di sbalordirci. Altre ancora, di cui meno si parla, riguardano l'impiego bellico delle ricerche spaziali e rappresentano il volto iniquo di un'avventura che vorremmo solo esaltante ed è invece anche terribile. Ce lo ricordano le vite umane ad essa già sacrificate, quelle degli astronauti sovietici Dobrovolskij, Volkov e Patsaev, forse avvelenati dai gas della Soyuz 11, mentre viaggiavano sulla strada del ritorno nel giugno 1971, e di Komarov, immolatosi quattro anni prima. Alla triste lista può aggiungersi Yuri Gagàrin, che per primo infranse la barriera stratosferica librandosi nello spazio celeste, morto poi durante il collaudo di un aereo supersonico. Otto loro colleghi americani sono il contributo di vittime pagato alla conquista del cosmo dall'altra parte dell'Atlantico. Eppure è ancora e sempre l'uomo, la sua presenza nei minuscoli scafi delle navicelle interastrali, che ci rende intera la percezione della nostra impresa nell'infinito. Perciò oggi è un anniversario commovente e di straordinario interesse, ma senza il palpito per quei nostri simili lontanissimi, lassù. Livio Zanottì Gagàrin, il pioniere

Persone citate: Komarov, Korolev, Leonov, Nikolai Piliughin, Petrov, R. Z. Sagdeev, Sagdeev, Volkov, Yuri Gagàrin

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