Dai primi missili di guerra ai "laboratori,, nello spazio

Dai primi missili di guerra ai "laboratori,, nello spazio Dai primi missili di guerra ai "laboratori,, nello spazio Come l'energia nucleare e come l'elettronica, così l'attività spaziale — in pratica, la missilistica — è nata male. Per l'atomo, la prima realizzazione fu la bomba di Los Alamos, subito tradotta in un terrificante strumento di morte a Hiroshima e a Nagasaki, e il primo battello propulso da una reazione a catena fu un sommergibile, il Nautilus, cioè, ancora un'arma; per l'elettronica, rifacendosi indietro di qualche decennio, il primo appoggio a Marconi per il suo telegrafo senza fili fu assicurato dall'Ammiragliato britannico allo scopo preciso di « facilitare le comunicazioni tra le unità della Flotta in navigazione », U radar fu ideato in Inghilterra (e per la verità quasi contemporaneamente in altri Paesi, fra cui l'Italia) per avvistare a distanza gli aerei e le navi nemiche in avvicinamento, i primi giganteschi calcolatori americani a valvole termoioniche, grossi come stanze e pulsanti di luci e di bagliori ottennero il concorso (e ì dollari) del ministero della Difesa. La stessa cosa deve dirsi per l'astronautica. Al principio del 1936 in Germania la Stazione sperimentale militare di Kmtmersdorf contava già 120 jmqpne — fra le quali lo scienziato Von Braun e il generale Dornberger — ed aveva il compito di sviluppare un razzo a combustibile liquido « capace di scaricare una tonnellata di esplosivo con la precisione dei cannoni moderni, ad una distanza almeno doppia di quella del cannone che nel 1918 aveva bombardato Parigi, cioè 250 chilometri ». Nel giugno dello stesso 1936 venne aperta la grande stazione baltica di Peenemuende, segretissima, dove nacque VA 4 dalla quale sarebbe derivata la V 2. E subito alla fine della guerra Stati Uniti e Unione Sovietica fecero a gara nell'assicurarsi i servizi, più o meno volontari, degli scienziati e dei tecnici tedeschi: tra le foreste e le montagne della Baviera venne scatenata una vera caccia all'uomo. Da parte russa, il primo satellite artificiale venne realizzato da due carcerati dei lager staliniani, Korolev e Voskresenskij, che già avevano ideato durante la guerra il lanciarazzi multiplo Katjusha, il cui nome venne reso pubblico soltanto dopo la morte, rispettivamente nel 1965 e nel ii>66: dopo una movimentata seduta al Cremlino (sembra che Kruscev fosse piuttosto scettico) vennero messe a loro disposizione cifre enormi e fu creato un gigantesco complesso di fabbriche lungo il basso Volga, ma non ottennero mai il diritto di vivere come uomini liberi e il merito delle loro scoperte ed invenzioni fu attribuito ufficialmente ad un accademico, Sedov, la cui incompetenza, come ebbe a dire Von Braun (in una conversazione privata fatta accuratamente trapelare e poi subito smentita), era di « un'evidenza solare ». Misteri sovietici. Ma è certo che. contrariamente a quanto si ritenne all'epoca anche da molti esperti statunitensi, i primi razzi sovietici, dallo Sputnik al Vostok alla Sayuz alla Salyut. non furono mai dotati né di carburanti, né di sistemi di guida, né di leghe metalliche che gli occidentali già non conoscessero almeno nei principi generali. L'origine « bellica » dell'attività spaziale (e le implicazioni che il fatto militare conserva tuttora nel- Vesperimentazione) non deve comunque influenzare il nostro giudizio complessivo sulle immense possibilità « di pace » che l'esplorazione del cosmo, cioè dell'universo in cui ci troviamo, riserva per il nostro futuro. Quali sono le prospettive concrete che si offrono oggi all'astronautica, dopo vent'anni dal primo Sputnik, dopo otto anni dalla discesa sulla Luna? Lasciamo da parte tutto ciò che, pur presentandosi come possibile, appare improbabile o eccessivamente costoso, come invio e insediamento nei prossimi decenni di colonie permanenti (parlo di colonizzatori in senso stretto, non di esigue squadre esplorative di scienziati) sulla Luna, su Marte e su Venere, sui sateiliti di Giove o di Saturno, protetti da cupole di plastica, con atmosfere artificiali, con generatori autonomi di energia al plutonio, con colture idroponiche di cibi, con trasformazioni locali di minerali e così via. Tanto meno dobbiamo sperare di riuscire a varcare l'abisso che ci separa dalle stelle; per imprese del genere occorre aspettare nuovi mezzi di propulsione, come il famoso razzo a fotoni che per ora esiste soltanto come idea non realizzabile praticamente. Meno ancora dobbiamo cullarci in fantasie di lunghi, velocissimi viaggi nel cosmo extrasolare, quasi a sfiorare la velocità della luce, così da far ritorno giovanissimi su una Terra ormai invecchiata. Parliamo soltanto di ciò che è immediata mente possibile, di ciò che verrà realizzato. Sono già oggi possibilità da mozzare il fiato. Vent'anni di ricerche e di imprese (e anche di vittime, russe e americane, come i tre astronauti periti nell'incendio a terra della cabina Apollo e i russi della Soyuz caduti al momento del rientro nell'atmosfera) hanno ormai dimostrato che possiamo esplorare, strumentalmente e se sarà necessario anche con viaggi umani, l'intero sistema solare. Negli ultimi dieci anni abbiamo appreso sulla nostra « patria d'origine » più di quanto siamo rr. riusciti a conoscere in tm. la lunga storia dell'umanità. Ciò che ormai sappiamo sulla Luna, sulla sua età e struttura, sulla stessa Terra vista dal cosmo, sui pianeti più vicini come Marte e Venere, sulla composizione e sulle radiazioni dello spazio interplanetario, appare forse deludente ad uno spirito non formato scientificamente ma costituisce il primo vero passo conoscitivo compiuto sulle sponde di un mare sterminato. Sarebbe stolto, infantilmente stolto, il ritenere che una più approfondita ed estesa conoscenza di questo angolo di universo dove il destino ha voluto collocarci non debba apportare conseguenze, anche pratiche, di importanza decisiva. E dicendo conseguenze pratiche intendo fonti di energia, spazio dove vivere, cibi da consumare, metalli da adoperare, progressi nella diagnostica e terapia mediche, nella coltivazione e mutazione delle piante; oltre, naturalmente, a tutto ciò che non si può prevedere ma che l'esperienza del passato dice che dovrà avvenire certamente. Vent'anni di imprese spaziali hanno anche confermato che i costi (specialmente quando sarà realizzata la navicella spaziale « Space shuttle » e sarà avviata la costruzione di grandi stazioni spaziali orbitanti come comodi « punti di ormeggio») sono fondamentalmente sopportabili per le attuali strutture economiche, in particolare se vi concorrano diversi Paesi che uniscano i loro sforzi. Come adesso per la verità sta facendo l'Europa, molto molto timidamente. E' verosimile che prima della fine del secolo, prima del fatidico Duemila, astronavi con uomini a bordo visiteranno diversi pianeti del Sistema solare. Si può anche ritenere che saranno viaggi meno incerti, meno lunghi e avventurosi di quanto non lo siano stati la scoperta dell'America da parte dei Vikinghi o di Colombo o il viaggio circumterrestre delle caravelle di Magellano. Le caravelle del futuro saranno le astronavi. Umberto Oddone Cape Canaveral. Il Saturno B pronto al lancio (Upi)

Persone citate: Cape, Korolev, Kruscev, Marconi, Sedov, Space, Umberto Oddone, Von Braun