Una scuola per il lavoro

Una scuola per il lavoro Spostamento di scelte, tendenza indicativa Una scuola per il lavoro Sono diminuite le iscrizioni ai licei classici e scientifici; il riflusso è avvenuto in parte a favore degli istituti professionali che licenziano "qualificati" - L'esempio del Plana E' di Ieri il trapasso dalla scuola selettiva alla scuola aperta a tutti e già si ritorna alla selezione, al calo degli iscritti, alle scelte dibattute e incerte: i giovani guardano con apprensione a laureati e diplomati costretti alla disoccupazione. Le cause? Innanzitutto la crisi economica che ha annullato ogni illusione di lavoro facile. Poi, il proliferare di diplomati e laureati, provenienti da una scuola inadatta ad accogliere la massa, ma soprattutto incapace di rispondere alle esigenze del mondo esterno. I nodi salgono a galla: tutti e contemporaneamente. La scuola è un termometro sensibilissimo. Nel momento delle incertezze e de? malessere sociale, la sua popolazione comincia a scendere e a orientarsi verso studi pratici, meno impegnativi, meno lunghi. Fenomeni che dipendono e dalla contrazione delle nuove leve (su scala nazionale oltre un milione nel '65, 750 mila nel '76) e da un generale atteggiamento di sfiducia. Com'è 11 quadro a Torino? Un lieve decremento di origine demografica nelle elementari e nelle medie Inferiori; uno spostamento di scelte nelle prime classi delle superiori. I ragazzi dimostrano di trascurare tipi di studio senza finalità immediate di lavoro. Sono infatti diminuite le Iscrizioni nelle prime dei licei classici e scientifici. « Un movimento minimo — affermano i presidi — ma indicativo di una tendenza. E' giustificabile pensare che il riflusso sta avvenuto in parte verso i corsi tecnici commerciali, che offrono, oltre al diploma, l'accesso all'Università senza discriminazioni. Sono in decremento anche gli iscritti agli istituti per periti industriali. La realtà, In effetti, dimostra che gli studenti si sono riversati in maggioranza in quelli professtonalt, nonostante le grosse falle che esistono per questo tipo di insegnamento ». Che cosa significa? «Il titolo di studto — affermano professori e presidi — sta perdendo la prerogativa di lasciapassare per il lavoro, ha perso anche quella di affrancamento sociale. La gente comincia a capire che non c'è necessità di camici bianchi, ma di braccia che sappiano svolgere un'attività qualificata ». Sentiamo qualche voce dagli istituti professionali. Il preside del Plana, prof. Ciccarelli, afferma: « Quest'anno abbiamo dovuto /ormare quattro classi in più. In totale sono 96 di cui 14 serali con 2400 alunni. SI fanno lezioni dalle S alle 23. Le aule ed t laboratori sono impegnati senza interruzione. Soltanto così riusciamo ad accontentare tutti ». In quale misura è valido l'insegnamento ai fini del lavoro? « Gli istituti professionali andrebbero ancora bene così come sono, purché potessero funzionare regolarmente. I loro "qualificati" e diplomati hanno larga utilizzazione da parte dell'industria, benché le richieste dei datori di lavoro siano meno assidue rispetto al passato. Ma questo non dipende dal tipo di insegnamento, bensì dalla crisi. Da noi ad esemplo si piazzano bene i giovani del settore meccanico, gli elettricisti. Mentre hanno ormai scarsi sbocchi gli odontotecnici ». Che cosa offre in pratica l'istituto professionale? « Che sia del ramo industria o del ramo commercio — afferma il prof. Ciccarelli — dopo ire anni qualifica per ti lavoro. E' poi possibile, per chi vuole, proseguire per un blennio fino alla maturità, che offre libero accesso agli studi universitari. La riprova che la qualifica e utile per l'impiego è data dal fatto che sono aumentate le iscrizioni ai corsi seralt. Vale a dire, 1 giovani che di giorno lavorano e dopo studiano ». La scarsa formazione culturale e la debolezza nelle materie scientifiche sono le accuse più frequenti ai giovani che escono dagli istituti professionali con ambizioni diverse. « Certo — sottolinea il preside Ciccarelli — 1 nostri ragazzi sono più esposti alla selezione degli studi superiori in quanto hanno una base più fragile in determinali settori. Ma d'altra parte la preparazione culturale è ormai scadente in ogni tipo di scuola. A farcela sono sempre quelli che hanno buone capacità personali di intelligenza e di volontà. La riforma che verrà presto, auguriamocelo, dovrà fare piazza pulita di tante incongruenze ». All'Avogadro, per periti indu¬ striali, le classi sono scese da 116 a 101. Dice il preside prof. Di Fazio: « I nostri periti si collocano a livello di capi officina e in questo settore la richiesta è molto diminuita. I "professionali", benché abbiano contenuti di preparazione modesti, aprono le porte al lavoro. La gjnle ha preso cognizione di questo fatto e cerca di adeguarsi ». E cosi da quest'anno gli istituti professionali sono sovraffollati. Tanto che parecchi studenti hanno dovuto cambiare la scelta della specializzazione perché certe scuole non erano in grado di accoglierli. E' dunque una strada sbagliata quella dell'istituto industriale? « Direi di no — continua II prof. Di Fazio —. Non si tratta tanto di carenze di impostazione, quanto di un'offerta superiore alle esigenze. La scuola Invecchia, ma prepara ancora. Piuttosto c'è un decadimento fra gli studenti, che non hanno finora capito una cosa importante: la scuola non è un lasctapassare per il lavoro, ma prepara per il lavoro. Una realtà che comincia ad essere recepita soltanto adesso ». Maria Valabrega

Persone citate: Avogadro, Ciccarelli, Di Fazio, Maria Valabrega

Luoghi citati: Torino