Il basket azzurro ora va sul letto dello psicologo

Il basket azzurro ora va sul letto dello psicologo Il basket azzurro ora va sul letto dello psicologo (Dal nostro Inviato speciale) Liegi, 24 settembre. Giancarlo Primo ci offre la sua testa, mette in mano ai giornalisti una ghigliottina e dice: « Se voi e l'opinione pubblica italiana non ritenete più opportuno che io resti alla guida della Nazionale, sono pronto a dare le mie dimissioni Non si capisce perché debba toccare alla stampa un potere del genere, almeno a parole, e all'improvviso: si capisce benissimo invece che Primo sa già di restare dov'è, al vertice della nostra pallacanestro, e ha già pronto un programma per le Olimpiadi del 1980, ben strutturato in teoria, da portare avanti con decisione anche se tutti I giornalisti d'Italia votassero l'ostracismo per lui e per la sua conduzione tradizionalmente molto lucida e poco comunicativa. La novità nella diagnosi del et. azzurro per commentare il quarto posto agli europei, che segna un amaro passo indietro del nostro basket dopo anni di progressi e successi, sta nei problemi psicologici sostituiti a quelli tecnici: La nostra Nazionale è crollata psicologicamente — dice Primo — al momento di incontrare la Jugoslavia e non è più stata capace eli ritrovarsi nemmeno il giorno dopo contro la Cecoslovacchia per conquistare la medaglia di bronzo. Queste due partite si potevano perdere ma non in quel modo, bisognava giocare meglio, molto meglio: non è questione di preparazione fisica o tecnica, la squadra si è davvero sciolta all'improvviso e ha sorpreso anche me. In otto anni non aveva mal avuto una reazione del genere >. Spiega Primo che tutta una serie di situazioni hanno creato un cocktail rovinoso per i nostri: troppa euforia dopo il successo con l'Urss, troppe complicazioni psicologiche per giocatori preoccupati anche da episodi (I titoli del giornali, I telegrammi di congratulazioni) che dovrebbero scivolare senza lasciar tracce sulla loro pelle di sportivi professionisti di latto se non di tessera, abituali ormai agli alti e bassi (nonché ai contratti e ai premi) della pallacanestro di oggi. Ai margini della squadra qualche dirigente afferma clamorosamente e irresponsabilmente che I giocatori avrebbero avuto il morale scosso da certe • voci » su//e loro « retribuzioni azzurre ». Come conclusione Primo fa capire che avrebbe bisogno di uno psicologo od uno psichiatra al suo fianco quando ammette che le Incombenze di un allenatore sono mutate: « Fino a qualche tempo fa si doveva dedicare il 45 per cento del lavoro alla preparazione fisico-tecnica e II resto a quella psicologica, adesso l'Importanza di quest'ultima è salita al 70 per cento ». Ma allora cosi Primo firma la sua resa, ritiene di non poter svolgere questo nuovo ruolo o si ripromette di provvedere, tacendo tesoro di quanto è capitato qui a Liegi? Naturalmente è la seconda la risposta giusta e Primo ha già abbozzato un canovaccio per la ricostruzione: « Bisogna chiarire I rapporti con le società, spiegare le esigenze della Nazionale e quelle dei giocatori, uscire dagli equivoci. Per parte mia posso impegnarmi ad essere più vicino In futuro agli allenatori di club, a collaborare con loro per risolvere i vari problemi dei gioca¬ tori e in più chiederei una maggiore assistenza medica, controlli più frequenti. Per il bene dell'Intero movimento cestistico bisogna far presente a tutti certe esigenze, così come otto anni fa cominciando il mio lavoro alla Nazionale imposi un certo programma tecnico generale per cercare ur. basket più moderno, basato sulla difesa, per esempio ». Allora parte un nuovo messaggio da Liegi: nel 1969 Primo predicò a tutti di curare la difesa, adesso dovremo larci tutti l'esame di coscienza e magari passa re un attimo dallo psicanalista, parlandogli sul lettino di canestri e controll-ball e passing-game e magari di titoli a nove colonne. Non è nemmeno troppo scherzosa, per Primo, l'ipotesi di arrivare un giorno ad avere lo psicologo e magari il training autogeno nella Nazionale di basket, prima però bisogna fare passi più semplici e chiarire bene le parti di una commedia che proprio forse I gioca tori rischiano adesso di non comprendere più: di sicuro ci offrono una sera una partitissima e due giorni dopo una figuraccia, alternando ruggiti e belati con un'altalena Inammissìbile per professionisti del canestro ben pagati e ben assistiti. Primo respinge l'accusa di essere un leader troppo freddo per la Nazionale, ricorda I meriti (innegabili) della sua conduzione tipo sfinge, e pensa già ad un nuovo organigramma tecnico di qui a Mosca contando sulla collaborazione del maestri dello sport, visto che gli allenatori esperti (e ben pagati) è difficile sottrarli alle società. Alla fine scopriamo che non s'è parlato nemmeno un po' di tecnica nel fare l'esame consuntivo di questi » europei », di questa Nazionale che dopo un paio dì giorni da leone ha fatto la pecora proprio nel momento decisivo. Come dire che ormai dovremmo essere bravi. In Italia, nel riempire e svuotare I canestri, nel dosare la preparazione e gli schemi, ma dobbiamo cercare nuove formule per poter chiedere Il giusto (né di più né dì meno) ai nostri campioni più o meno presunti. Il crollo c'è stato, tutto psicologico. Per interpretarlo speriamo di non dover ricorrere al testi freudiani, come troppo spesso rischiamo di fare andando In giro per II mondo dietro gli atleti Italiani (dì tutti gli sport), che confondono sovente dilettantismo e professionismo, diritti e doveri, cause ed effetti Antonio Tavarozzi

Persone citate: Antonio Tavarozzi, Giancarlo Primo

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Italia, Jugoslavia, Mosca, Urss