Da alcuni senatori della de un «contropiano» economico di Sandro Doglio

Da alcuni senatori della de un «contropiano» economico Elaborato e illustrato al convegno dell'Arel Da alcuni senatori della de un «contropiano» economico (Dal nostro inviato speciale) Pordenone, 22 sette mbis. Una certa parte del'.a de ha già pronto — e forse anche già stampato in cento e più pagine — un piano economico a medio termine da contrapporre a quello recentemente reso pubDlico dal partito comunista. Ma questo piano verrà sottoscritto dall'intero partito? L'interrogativo resta per ora senza risposta ed è probabilmente uno dei temi politici sui quali maggiormente e con maggiore accanimento si discuterà nei prossimi tempi perché il documento è ferocemente critico nei confronti del passato, contiene velenose frecciate alla politica seguita sinora dalla stessa de e dal governo, ha proposte e ipotesi di scelta per l'avvenire che possono essere tranquillamente definite rivoluzionarie vista la prudenza e la faciloneria con cui politici ed economisti del regime si sono spesso mossi finora. A redigere il documento sono stati un gruppo di senatori democristiani — più tecnici, più economisti, più managers che politici puri — raccoltisi sotto l'etichetta dell'agenzia di studi Arel attorno ad Umberto Agnelli, a Nino Andreatta, a Urbano Aletti, a Franco Grassini con il conforto di autorevoli giornalisti stranieri e l'apporto del prof. Romano Prodi, docente di Politica Industriale all'Università di Bologna. L'occasione di rendere pubbliche alcune parti di questo presunto piano — infiorate da vivaci polemiche con il passato e il presente della de — è stato un convegno organizzato dalla Arel stessa a Pordenone oggi La de sta impegnando nella zona in questi giorni tutti i suoi più illustri esponenti: Moro ha parlato stasera a Udine, Andreotti parlerà domani a Palmanova, Fanfani sabato a Gorizia, Zaccagnini, infine, chiuderà le manifestazioni domenca. E stamane a Pordenone mentre è mancata la prevista presenza di Moro, un po' inaspettati dagli stessi promotori del convegno, sono capitati il vicesegretario politico del partito Galloni, il capo del gruppo senatoriale de, Bartolomei, e il ministro Donat-Oattin. Tanta autorevole udienza se ha dato rilievo politico al convegno, è parsa a qualcuno anche la dimostrazione delle preoccupazioni che la de ufficiale nutre per le parole e le idee dei suoi giovani e vivaci senatori. Se ne è avuta una prova quando Bartolomei stesso, al termine del convegno, ha gettato un po' d'acqua sul fuoco degli entusiasmi di chi si aspettava una pronta traduzione in un piano ufficiale economico-politico, dei propositi e delle critiche fatte da Prodi, da Agnelli, da Grassini, dalla senatrice Codazzi, da Aletti. Bartolomei ha detto che un governo può fare un piano a medio termine soltanto se ha alle spalle una solida maggioranza, mentre oggi siamo in un momento di sopravvivenza più che di rilancio «anche se stiamo agendo perché il quadro si modifichi e permetta la fase di rilancio». Ciò nonostante, ha ammesso Bartolomei, il dibattito di oggi a Pordenone rappresenta un fatto stimolante: «Non una ipotesi di piano per il partito o per il governo, ma un apporto completo al rinnovamento che sta vivendo la de». E Galloni, ringraziati gli oratori per il «contributo», ha concluso dicendo che «sarà il partito nella sua ufficialità e globalità a definire una eventuale proposta politica». Ma veniamo al «piano». Poche frasi — che lungo e difficile sarebbe dar conto di tutto ciò che si è detto oggi a Pordenone — dovrebbero essere sufficienti a capire con quale spirito e con quale linguaggio Agnelli e i suoi colleghi affrontano il problema del rinnovamento del partito e soprattutto come intenderebbero agire nel governo della società. «In Italia — ha cominciato col dire il prof. Prodi — siamo stati talmente preoccupati a tamponare le cose che succedevano che non ci siamo preoccupati di sapere perché succedevano e verso che cosa si stava andando. La stessa de non ha ancora capito che pluralismo non significa molti partiti, ma pluralità di centri di decisione nel Paese: ciò ci ha portati ad avere una società con paurose deviazioni, con il politico che media tut ta e tutti. La ricostruzione deve essere profonda; e non crediamo di poterci accontentare degli stessi uomini degli Anni Cinquanta, i quali sono in ritirata e non capiscono dove si va». Secondo Prodi la società di domani sarà «incredibilmente diversa» da quella di oggi e si deve cominciare a ripensare a tutto a cominciare dalla scuola: «Il nostro sistema scolastico è il più antindustriale e il più antiproduttioo che potesse essere concepito da una mente malata». E' ora, ha detto senza mezzi termini, che «chi agisce in politica si decida a seguire la realtà non adbdcctclntpsdn a inseguire i propri sogni: dobbiamo sbarazzarci delle balle sulle quali abbiamo viaggiato per anni». Franco Grassini già presidente della Gepi nata appunto per salvare le aziende in crisi, ha affrontato il problema dello Stato manager dicendo che per gestire oggi 1' Iri ci vorrebbero persone dotate «di capacità sovrumane», che l'Alfa Sud è ingovernabile, che l'ignoranza di fatti economici e industriali «domina troppo spesso il nostro sistema politico». Rivediamo il problema delle partecipazioni statali quindi a cominciare dal mito dell'investimento a tutti i costi, al quale sembrano essersi aggrappati i nostri governanti per tamponare lacune ed errori. Sfogate le polemiche sul passato e sul presente, Umberto Agnelli ha preso la parola per affrontare la costruzione dell'avvenire. «Ingenuità ed errore — secondo il vice presidente della Fiat — sarebbe pensare che i problemi dell'industria possano essere avviati a soluzione attraverso puri e semplici provvedimenti di legge: senza un profondo mutamento dell'atteggiamento e del comportamento dei partiti e delle parti sociali nei confronti dell'impresa, non c'è dubbio che non si esca dalla spirale di incertezza e di crescita al ralleilatore in cui si dibatte da un. decennio il nostro apparato industriale». Secondo Umberto Agnelli, la de deve avere il coraggio di sfoltire progressivamente la selva delle corporazioni che distorcono qualunque politica volta ad una più equa distribuzione del reddito, qualunque politica industriale, più in generale distorcono qualunque politica riformatrice. Ha aggiunto: «C'è l'esigenza di mettere fine alla deferente reverenza che ha indotto il nostro partito ad accettare mitologie e luoghi comuni di derivazione pseudo marxista. E' giusto denunciare il lavoro nero, ma che cosa si è fatto per consentire e tutelare il lavoro temporaneo o parziale che è una delle esi¬ genze dell'economia italiana? Chi Ita stabilito che il conflitto è l'unico modello dì rapporto possibile tra i lavoratori e l'impresa? Per quale motivo dobbiamo accodarci all'estensione crescente delle commistioni tra potere pubblico e impresa?». In conclusione Agnelli ha sottolineato che il suo vuole essere un invito alla de perché sia «il partito di massa che tratta gli italiani da adulti responsabili e non da minori sotto tutela cui si promette tutto, purché stiano buoni». Urbano Aletti esaminando la situazione del mercato dei capitali ha rilevato che in Italia la centralizzazione della mediazione dei mezzi finanziari, ha sottratto all'economia privata gran parte delle risorse destinate al suo sviluppo. Oggi, secondo il senatore Aletti, si impone un processo di ridistribuzione attraverso la diffusione dell'azionariato, con opportune modifiche agli ordinamenti tributari. L'economista Andreatta ha affrontato i problemi contingenti, la crisi di oggi, ma ha sottolineato che proprio perché oggi si vivono momenti difficili, si deve trovare la forza e il coraggio di combattere per il domani: senza una manovra sulle tendenze di breve periodo delle economia, senza una diminuzione progressiva del costo del denaro, non si potrà in alcun modo avere la ripresa degli investimenti e dell'occupazione. «Soltanto facendo fronte al breve termine in modo coraggioso e scegliendo una strada per il futuro, possiamo sperare in una collaborazione internazionale — ha aggiunto — perché nessuno investe in una società che non ha ancora scelto le linee fondamentali del proprio sviluppo sociale ed economico». Le notizie fresche di agenzia sull'andamento negativo della produzione industriale nel nostro Paese, hanno ulteriormente rafforzato Andreatta e gli altri senatori de riuniti a Pordenone nel ritenere urgente un cambiamento radicale nella politica economica seguita sinora per contrastare il trend discendente della produzione e per sostenere la domanda. Le cose dette oggi, ha sostenuto Andreatta nella conferenza stampa che ha seguito il convegno, e quelle che man mano si aggiungeranno, vogliono essere «una proposta» al partito: «Noi sfidiamo le correnti della de a non chiudersi nei loro ghetti più o meno dorati per contarsi i voti e per comprarsi le adesioni. Le sfidiamo a rendersi conto che fanno parte di un grande partito attraversato da v.n dibattito aperto, che la realtà del Paese sta cambiando, è cambiata». Un grosso sasso nell'acqua apparentemente quieta dello stagno democristiano, insomma qualcosa nel partito si muove: quali risultati darà? Sandro Doglio

Luoghi citati: Gorizia, Italia, Palmanova, Pordenone, Udine