Torino partigiana e operaia risponde ai terroristi assassini: non passerete

Torino partigiana e operaia risponde ai terroristi assassini: non passerete La grande manifestazione popolare al Palazzetto dello Sport Torino partigiana e operaia risponde ai terroristi assassini: non passerete Bianchi, de, combattente della lotta di Liberazione: "In questi atti odiosi vi sono le aberrazioni che la Resistenza ha combattuto" - Levi: "Con la bomba a La Stampa si voleva la strage. Di fronte alla violenza lo Stato non sia debole né repressivo" - Reichlin: "La difesa della libertà è lotta per il rinnovamento sociale" Torino democratica, partigiana, operala, ha risposto Ieri sera con una gi.'ntfe manifestazione popolare alla sfida del terroristi. Al Palasport, di fronte a migliala di lavoratori, Celotto per 1 sindacati, la medaglia d'argento della Resistenza Bianchi, 1 direttori de « La Stampa », Levi, e de «l'Unità», Reichlin, hanno ribadito l'impegno per battere la strategia della tensione che, dalle bombe di piazza Fontana agli attentati degli ultimi mesi, si propone di sconvolgere 11 Paese. L'epicentro — come si è potuto constatare In questi giorni — è Torino. Lo dimostra l'aescalation» della violenza: tritolo contro 11 nostro giornale, rivoltellate al redattore de «l'Unità», Nino Ferrerò, bombe (ieri notte) al Palazzetto dello sport, incendio doloso alla Fiat. Qual è l'aspetto che ha maggiormente Indignato la città? Eccolo: 1 terroristi hanno sempre colpito e tentato di Intimorire 1 lavoratori. In una metropoli — come Torino — all'avanguardia delle lotte operale. La severa risposta di tutte le forze politiche e sociali ha smascherato 11 rigurgito fascista che tenta di minare, con la paura, 30 anni di conquiste democratiche, riportando la città ed 11 Paese al clima del più «bieco squadrismo». Alle 21 il Palasport era già quasi esaurito: tutti occupati 1 j posti In platea, almeno quattro- ' mila persone sulle gradinate circolari. Dietro il palco grappoli di gonfaloni di decine di comuni che hanno dato la propria adesione alla manifestazione contro la violenza, dappertutto striscioni di consigli di fabbrica, di associazioni operale e partigiane. Quando gli oratori sono saliti sul palco sotto la cupola del palazzetto è crepitato un lungo caloroso applauso: 11 presidente del Consiglio regionale Sanlorenzo l'ha subito ricambiato Insieme con 1 direttori de l'Unità e de La Stampa, e con il consigliere ex partigiano Bianchi. Dalla penombra della platea si sono alzate sventolando molte bandiere rosse, urla contro li terrorismo. Perfetto il servizio d'ordine: nel pomeriggio la polizia aveva trovato nei pressi del Palasport, ben nascosti nel verde del parco, sacchetti colmi di cubi di porfido, biglie d'acciaio. Si temevano Incidenti, per fortuna tutto Invece è filato liscio, 1 teppisti non si sono fatti vedere. La medaglia d'argento al valor militare della Resistenza Bianchi, capogruppo de della Regione Piemonte, ha detto alla fol- la del Palasport: « / naoui attentati che colpiscono le fonti d'informazione, minacciando l'esercizio d'una delle libertà storicamente più espressive della democrazia, confermano le valutazioni sul significato che l'estremismo politico ed il terrorismo assumono nel nostro Paese e in questa città dove tradizione storica, maturazione culturale e rapporti sociali forniscono anticipazioni e riferimenti forse decisivi. Si attaccano le istituzioni nelle loro strutture fisiche e in singole persone, pur qualificate, ma nelle quali si può riconoscere, e quindi si sente coinvolto e colpito, ogni cittadino ». Ha aggiunto: « Si rivela così una totale sfiducia, da parte di questi gruppi e di chi li fiancheggia, nelle possibilità di conquista delle coscienze, nella maturazione dei cittadini. Uno sfogo irrazionale che tende a colpire tutti ». Dopo aver affermato che > in questi atti odiosi vi è anche l'agghiacciante indifferenza per le possìbili conseguenze, magari indirette », Bianchi ha detto: « Quali le prime reazioni in ognuno di dfturm(l te prime reazioni m ug»u«u u. noi? Prima della repulsione e j della condanna, proviamo la profonda tristezza per l'impossibilità d'un dialogo, d'un rapporto umano ». Ha ricordato il giornalista Ferrerò e il consigliere provinciale de Puddu, contro 1 quali si è scatenata la violenza. Ha affermato: «I precedenti ispiratori si possono trovare soltanto nelle aberrazloni storiche più sanguinose che la Resistenza ha combattuto riscattando l'immagine umana e politica del nostro Paese in un patto di convivenza civile, democratica e popolare ». Ha preso poi la parola il direttore de La Stampa, Arrigo Levi, che ha dato un quadro preciso dell'attentato al nostro giornale: « Il pericolo è stato grande. Non fosse stato per un dettaglio tecnico, la bomba ad altissimo potenziale avrebbe distrutto tutto. Sarebbe stata una strage e che la si volesse è chiaro: si è scelta la notte, quando i reparti erano al completo ». Ha elogiato le maestranze del giornale: « Si sono fatti coraggio subito e, lavorando come dannati, hanno recuperato il tempo mlaccddn«lazdvs«st Ricordando l'aggressione j g glc.rnallsba de yrjnltà Nino Fer- « Sparare alle e a e o a a a e o i r a o . a noo. o oo e aro: di etoeie orero, ha detto gambe d'una persona non vuol dire dargli una specie di burbero rabbuffo, come sembrano credere questi praticanti dell'arte di sparare alle gambe. Vuol dire mettere in pericolo gravissimo la vita di un uomo ». « Ma perché 11 terrorismo? Perché in Italia? ». Levi ha precisato: « Le spiegazioni del terroristi, o quelle dei loro amici (quelli che li chiamano "compagni che sbagliano ma sempre compagni") non ci spiegano nulla ». Ha abbozzato una parziale risposta «che non spiega il terrorismo, ma sì la contestazione »: « L'Italia è un Paese dove c'è stato uno straordinario sviluppo, ma pur sempre sviluppo squilibrato. Così si sono scatenate tensioni fortissime. Ma il salto fra questo e il terrorismo, la costante incitazione alla violenza di cui si fanno interpreti gruppi politici piccoli, ma disperati, rimane un salto che ha dell'irrazionale ». « E perché terrorismo contro i giornalisti? ». Il direttore de La Stampa ha sostenuto che « /unzione del nostro giornale è di servizio », « ponte fra amministrati e amministratori », secondo « un costume dulie, democratico, di confronti di opinioni, non di armi ». « Chi discute, chi gusta il dibattito, non ama la violenza. Cosi, noi giornalisti siamo i nemici ». Ha continuato: « Il momento dell'unità ci dà la forza per andare avanti per la nostra strada. Ho scritto due giorni fa quello che pensavo sull'argomento delle responsabilità, mi rispondono che voglio criminalizzare quei poveretti che predicano sei giorni la settimana la violenza ed il settimo "sì dissociano" da chi la pratica. Tocca alla legge decidere quando le idee diventano armi. Ma le responsabilità politiche siamo in grado di riconoscerle e vanno denunciate, senza paura ». Levi ha concluso: « DI fronte al terrorismo bisogna che lo Stato democratico non sia debole, né cada nella trappola della repressione: deve saper regolare anche se stesso. Finora questo pericolo è stato evitato, sarà nostro preciso dovere continuare a denunciarlo ». Il direttore de «l'Unità», Altredo Reichlin, dopo aver ringraziato per la solidarietà manifestata a Nino Ferrerò e aver espresso ad Arrigo Levi, ai giornalisti e ai lavoratori de «La Stampa» la solidarietà dei comunisti per «ti folle attentato» ha detto: «Questa manifestazione fa riflettere sulla grave situazione italiana e sulla natura del problemi che sono di fronte al Paese». Si è chiesto: «Che cos'è l'Italia?». E ha risposto: «II Paese vive una crisi profonda che corrode le basi stesse dell'economia e dello Stato democratico, dove forze oscure ed eversive pongono in forse la convivenza civile, ma, al tempo stesso, ha un ampio movimento democratico, nel quale la classe operala ha una parte grande e non soltanto combatte e resiste, ma pone in modo concreto, in tempi ravvicinati, il problema di una svolta». Secondo 11 direttore de «l'Uni tà»,~ «se non vediamo' queste due facce della realtà non compren- diamo nemmeno l'attacco sangui- noso che si accanisce da anni con- tro l gangli nervosi della nazione, contro il regime di libertà che ci siamo conquistati con la Reststen- za e che tende a colpire sempre più direttamente il movimento popolare». Reichlin ha concluso: «Si può dire che assistiamo ad un rovesciamento dei ruoli storici. Sono i settori più retrivi della classe dirigente che giocano allo sfascio, ed ecco perché spetta al mnvi- mento popolare comprendere che la difesa delle istituzioni democratiche e della libertà coincide con la lotta per il rinnovamento della società, per il risanamento dello Stato e per l'avvento di una nuova classe dirigente». Lotta continua ha inviato una «lettera aperta» al presidente della Regione Viglione, all'Associazione stampa subalpina, pregando di comunicarla all'assemblea «dove ci sembra che per noi non ci sia posto». Dopo aver espresso la «condanna più recisa al terrorismo, agli attentati, alle stragi tentate ed eseguite», Lotta Continua afferma: «La condanna politica del terrorismo, da chiunque sia esercitato, non basta: è necessario, per ogni fatto specifico, andare al di là dei pronunciamenti ed entrare nel merito di mandanti e complicità. La lotta al terrorismo è interesse e compito dei rtvoluzlonarl democratici e non può essere delegata ad uno Stato che storicamente se ne è sempre avvantaggiato». La lettera accusa la manifestazione «di ambiguità» ed esprime critiche durissime contro il diretto de La Stampa, Arrigo Levi, e il direttore de l'Unità, Reichlin. Ex partigiani, operai delle fabbriche di Torino e provincia e molti giovani riuniti al Palasport contro la violenza

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