Imbarazzata deposizione dell'on. Tonassi Il gen. Vito Miceli lo ha atcusato di falso

Imbarazzata deposizione dell'on. Tonassi Il gen. Vito Miceli lo ha atcusato di falso Un'altra udienza tumultuosa al processo per la strage di Milano Imbarazzata deposizione dell'on. Tonassi Il gen. Vito Miceli lo ha atcusato di falso Oggi summit di giudici per decidere sull'incriminazione di Mariano Rumor (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 17 settembre. Dopo Mariano Rumor è caduto, clamorosamente, anche Mario Tanassi: travolto da una valanga di smentite (l'ex capo del sid generale Vito Miceli è stato inesorabile nell'accusarlo d'essere bugiardo) che sono la conseguenza diretta di quelle che soltanto eufemisticamente e benevolmente possono essere definite semplici inesatezze. L'ex ministro della Difesa ed ex leader socialdemocratico è stato per il momento più fortunato del suo illustre collega politico democristiano perché il pubblico ministero non ha accennato all'ipotesi di trascinarlo sul banco degli imputati riservandosi forse di farlo domani quando un summit di magistrati (procuratore generale, avvocato generale, procuratore della Repubblica) decide se incriminare l'ex presidente del Consiglio per falsa testimonianza. La disavventura di Rumor lo aveva indotto, prudentemente, ad essere cauto ed infatti da principio ha modificato certe sue affermazioni fatte in istruttoria ammettendo di avere parlato del caso con il suo consulente giuridico, generale Saverio Malizia, l i e o : è a magistrato della giustizia militare. Poi, però, ha escluso tassativamente che un identico discorso possa avere fatto con il capo del Sid, generale Miceli. «Mi dispiace per lui — ha insistito — ma non ho mai trattato l'argomento Giannettini. Sono sicuro di questo mio ricordo: infatti, non ho mai autorizzato nessuno ad opporre il segreto militare alle richieste di informazioni fatte da qualsiasi giudice». Il tono era categorico. Ma, guardi, signor ministro che il generale Miceli sostiene il contrario. Niente da fare: per Tanassi, l'ex capo del Sid o «sbaglia» o «ricorda male». D'altro canto, insiste Tanassi, il nome di Giannettini lo ha sentito soltanto quando dell'agente del controspionaggio cominciarono ad interessarsene i giornali. E neanche allora il problema lo preoccupò molto: stava per scoppiare una crisi di governo e, se permettete, la questione era molto più importante anche perché la poltrona in un ministero bisogna difenderla con le unghie e con i denti (l'ex ministro non lo ha detto ma questo è il senso) e un Giannettini era, almeno allora, davvero cosa di poco conto. Mario Tanassi, 61 anni, nato ad Ururi nel Molise, non sa nulla: né che il suo consulente giuridico, generale Malizia avesse partecipato ad una riunione del Sid per decidere se rivelare al giudice istruttore che Giannettini fosse un collaboratore del controspionaggio; né che Andreotti (giugno 1974) aveva criticato in un'intervista la decisione presa con il pretesto del segreto militare; né che abbia mai affrontato il discorso sull'argomento con Rumor, allora suo presidente del Consiglio; né che la risposta al magistrato sia stata concordata in una riunione politica a Palazzo Chigi. Un paio di avvocati si sono lasciati prendere dai nervi, gli hanno detto senza mezzi termini che era un «bugiardo»: ma, tutto sommato, Tanassi se l'era cavata seppure malamente. Poi, è arrivato il generale Miceli. Vito Miceli (personaggio complesso e tutto da studiare) sono anni che aspetta questo momento. «Quando il 27 giugno 1973 il giudice istruttore di Milano — è la sua versione — chiese al Sid informazioni su Giannettini, io convocai i miei collaboratori per conoscere il loro giudizio. Ma volli che alla riunione fossero presenti anche il comandante Castaldo, consigliere del capo di stato maggiore della Difesa ed il generale Malizia, consulente giuridico del ministro della Difesa...». Ma il ministro ne fu informato? «Se volli che alla riunione — ha puntualizzato il generale Miceli — partecipasse anche il generale Malizia è perché il ministro ne fosse informato, evidentemente». Gli ufficiali del Sid furono d'accordo che non bisognava dire nulla su Giannettini al magistrato (si seguì la prassi e il principio di coprire sempre gli agenti del controspionaggio) e Miceli, dice, andò dal ministro ovvero, da Tanassi. Il quale fu d'accordo: niente risposta al magistrato. Ma il capo del Sid suggerì al ministro di parlarne con il presidente del Consiglio e Tanassi fu d'accordo. Il generale Malizia gli riferì poi che la presidenza del Consiglio era sulla stessa linea del Sid; Miceli allora preparò una lettera di risposta al giudice istruttore la sottopose al ministro e la spedì a Milano. Confronto: Miceli a destra, Tanassi a sinistra. Che dice l'ex ministro? Niente: che lui con Miceli non ha mai parlato di Giannettini, che lui non ha mai visto la lettera del giudice istruttore in cui chiedeva notizia di Giannettini. Il generale Miceli allora è scattato: «Signor ministro, la verità bisogna dirla: mi dispiace per lei. Io non so perché nega di avere parlato con me di Giannettini: io so soltanto che ne abbiamo parlato persino dopo e cioè quando il giudice istruttore firmò il mandato di cattura. In quel¬ lccArtnnCsdrlmrp"NmndninMi l'occasione, anzi, io mi preoccupai di avere un parere tecnico dal Sid ed il generale Alemanno mi suggerì di tacere sino a quando il magistrato non avesse chiesto altre notizie e mi avvertì che il generale Malìzia e l'ammiraglio Castaldo condividevano questa opinione». Castaldo vuole dire ammiraglio Henke, allora capo di stato maggiore della Difesa; Malizia significa ministro della Difesa. «Io — ha incalzato il generale Miceli — non capisco perché lei abbia tanta paura di Giannettini. Ed è ora di finirla — è andato avanti lasciandosi prendere la mano ed il presidente lo ha subito bloccato — di considerare il Sid come una ditta privata. Io vorrei sapere da lei, signor ministro, perché non s'è mai mosso a difendere questo Sid che era al centro di tante polemiche; perché dice di non essersi mai interessato al caso Giannettini. Mi meraviglio, signor ministro che lei assuma questo atteggiamento Con tutto quel can can che era scoppiato lei dice che non leggeva neppure i giornali». Mario Tanassi ha tentato una debole autodifesa assu mendo il ruolo della vittima. «Secondo me, da tutto questo si evince — ha commentato, ma a bassa voce — il deside rio del generale Miceli di coinvolgere me in questa storia. Quando sorse il caso^ Giannettini non era neppure imputato: se ne parlava, ma in modo scandalistico sui giornali». «Ma noi ne abbiamo parlato anche dopo: quando Giannettini è diventato imputato — ha replicato Miceli — e lei è stato d'accordo nel tacere». Fine del confronto e tutti a casa, per ora. Guido Guidi (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 17 settembre. (g. g.) L'avvocato dello Stato interviene da Roma per difendere Mariano Rumor: ha inviato una istanza che il summit dei magistrati (procuratore generale, procuratore della Repubblica, avvocato generale della Corte d'appello e sostituto procuratore della Repubblica, Mariano Lombardi, che ha profilato l'Ipotesi di procedere contro l'ex presidente del Consiglio) convocato per esaminare il caso prende in esame domani. Si chiede che il problema venga risolto al più presto e si sostiene, nella istanza, che non esistono elementi validi per giustificare una eventuale incriminazione di Rumor per falsa testimonianza. In sostanza, nella istanza si invitano i magistrati calabresi ad accelerare 1 tempi per « dissipare » le ombre - che con la iniziativa del pubblico ministero nel dibattimento ( « Chiedo che siano trasmessi al mio ufficio 1 verbali delle udienze di giovedì e venerdì » ) possono gravare sull'ex presidente del Consiglio. Nello stesso tempo, si sottolineano le ragioni per cui sarebbe ingiustificata una incriminazione di Rumor per falsa testimonianza: l'ex presidente del Consiglio ha detto soltanto quello che in buona fede era in grado di dire; non ha taciuto nulla che possa bloccare le indagini dei giudici; non ha fatto cenno alla riunione politica in cui si sarebbe deciso di rifiutare qualsiasi informazione su Giannettini al giudice istruttore di Milano perché quella riunione a Palazzo Chigi non è mai avvenuta. La iniziativa dell'avvocatura dello Stato che ha assunto la difesa dell'ex presidente del Consiglio è stata accolta negli ambienti giudiziari calabresi con grande perplessità. Si contesta, infatti, il diritto all'organo che assiste lo Stato nelle sue vertenze giudiziarie di intervenire, come un legale qualsiasi, in difesa dell'ori. Rumor. Catanzaro. Mario Tanassi (a sinistra) e Vito Miceli durante il confronto (Telef. Ansa)

Luoghi citati: Catanzaro, Milano, Molise, Roma, Ururi