Ha nuovi padroni e nessuna Venere di Giovanni Arpino

Ha nuovi padroni e nessuna Venere BREVI NOTE DA CIPRO Ha nuovi padroni e nessuna Venere (Dal nostro inviato speciale) Nicosia. settembre. Il palazzo giallognolo dell'arcivescovado di Nicosia inalbera lunghi stendardi luttuosi. Le scritte sui muri — le uniche — a oltre quaranta giorni dalla morte del patriarca, dicono che Makarios « vive » nel cuore e nella memoria del suo popolo mite, all'abbandono. Brucia un sole ferocissimo, cicale stridono nel pieno della città, che è europea ma anche araba, s'allunga e si perde e si disquama tra case nuove, polvere, vicoli, poveri boulevards. E' difficile, a Cipro, vedere una bandiera cipriota, che nel rettangolo bianco mostra il disegno dell'isola. Questo disegno, d'un color arancio molto pallido, ha i contorni d'una lepre acquattata per la fuga. Ma nessuno può sfuggire al destino di questo arido avamposto d'una geografia moderna così assurda, sconvolta dagli eccessi politici. Alcuni greci di Cipro se ne sono andati a lavorare nei Paesi arabi, altri cercano invano di sognare fumosi progetti d'emigrazione in America. I più continuano una vita astrusa, temendo imminenti miserie, guasti, guerriglie. Il governo, grazie a Makarios, dopo la guerra del 74 ha dato una casa a tutti, sono sparite le baracche, il reddito medio supera il milione di lire annue. Ma seimila cittadini privilegia ti — ci dicono — tengono chiusi nelle casseforti di Londra tesori per miliardi, sono i seimila ricconi ciprioti, una entità non trascurabile, visto che la popolazione raggiunge appena i seicentomila abitanti. Quanti sono i turchi? Prima della guerra toccavano il diciotto per cento, oggi se ne ignora la forza: dalla Turchia continuano ad arrivare navi di contadini, artigiani, poveri in cerca di terra e di fortuna. L'emigrazione, spontanea o forzata, va cambiando il volto dell'antica isola. Il governo di Ankara ha occupato le sponde migliori, da Famagosta a Kyrenia. I bei luoghi marini, il verde degli uliveti e delle vigne, le zone di pesca sono tutti in mano turca. Se non arrivi da Costantinopoli, non potrai fare un bagno. Ci sono rimaste le stoppie e le capre, sorridono i greci, e non abbiamo alberghi per ospitare turisti. L'isola di Venere, di Otello, di Bragadin veneziano, di Riccardo Cuor di Leone, è ormai una trincea saracena. ★ * Ha sempre avuto padroni, Cipro. In migliaia di anni è stata vista come fortilizio dai Tolomei egiziani, dai greci e dai romani, da vizir e dogi, da crociali c inglesi. Sono cose che puoi « leggere » nei volti degli uomini al caffè, nella rassegnazione delle donne che, sedute a terra sul pavimento di casa o nei cortili, cuciono, china la testa a seguir aghi febbrili. Sono volti dolci e molli, inutilmente enormi baffoni o fazzoletti raccolti intorno alla nuca tentano di opporre una difesa agli sguardi altrui. Il vecchione, con le brache larghe che si stringono sopra il ginocchio e lasciano nudi i polpacci, regge la tua occhiata dignitosamente, ma la fierezza superficiale cede a poco a poco. Secoli di storia nemica gli schiacciano la schiena, intrugli di sangue hanno prodotto un carattere che è civile ma anche rassegnato. Ciò che si sperava e si ottenne con Makarios, oggi lo si spera da Atene, dove i colonnelli « tradirono » la vecchia Cipro indipendente. ★ ★ La guida che mi accompagna ripete la sua recita con un sorriso docile: siamo troppo vicini all'Asia, al Medio Oriente, a Israele, chissà i giochi che certi potenti fanno su di noi, chissà cosa vorranno i russi o Carter o la Cia o la stessa Inghilterra. Quest'ultima ci ha lasciato le misure, i galloni le miglia i piedi l'abitudine al the, ma poco altro. La guida è una donna, con un volto da maestra di provincia, il suo stesso sorriso ha qualcosa di storico: da gente che ha dovuto subire, sempre, una dominazione, e che ogni volta si è trovata costretta a chinarsi sul minuscolo orto, l'unica capra, il lavoro da sarto. In molte vetrine spalancate dlasgndeslaplousbllglacd—od—ctdstEbvdittatbcdg i n , » . n o i i i a i o. n oa e e, ni a o, re di Nicosia si vedono sarti al lavoro, vecchi uomini chini sulla macchina per cucire, ragazze che rapidissime agucchiano l'un l'altra parlandosi senza distogliere lo sguardo da tele e panni. Giovani passeggiano svogliatamente, non hanno nulla da fare ma sono privi di protervia, spingono avanti i loro baffi e i loro sguardi con una malinconia che addolora. ★ ★ Sulla collina, sul minareto, sul palazzo più alto, ecco le bandiere turche. Naturalmente la collina, il minareto, il palazzo sono in posizione strategica avvantaggiata rispetto all'altra collina, all'altra chiesa, all'altro palazzo in mani greche. I turchi guardano l'isola dai punti migliori. Al confine — segnato ora da un muretto, ora da una rete metallica, ora da cavalli di frisia arrugginiti — passeggiano militari, i mitra come zappe abbandonate dietro la schiena. I greci sorridono anche se si intestardiscono a vietare fotografie, i turchi guatano obliquamente. E poi appaiono loro, i berretti blu, i soldati dell'Onu. Hanno volti nordici che stonano, sono danesi e canadesi biondissimi, impigriti dal tedio. Non portano elmetti, solo quei berrettini che paiono già stinti. Si asciugano il sudore. Greci e turchi, all'ombra di magri alberi o di un muro a secco, giocano in circolo con dadi e domino. I berrettini blu mostrano occhi vuoti, noia, rispondono al saluto con una smorfia della bocca che smuove la Carnei. Nessuno di loro ricorda quanti uomini dell'Onu morirono sparati, qui nel 74. ★ ★ Il giardino del grande albergo d'una catena americana, alla sera, offre notti ben etichettate: mercoledì festa alla cipriota, venerdì festa internazionale, sabato festa del pesce. Tutto per rallegrare gli ufficiali dell'Onu e le loro mogli. I primi, se arrivano in divisa, paiono larghi e possenti armadioni a tre porte, butirroso baluardo dell'occidentalità. Se hanno svestito le uniformi, subito vantano brache a scacchettoni, magliette universitarie, sandali ridicoli e si rivelano impacciati turisti. Le loro donne portano abiti da sera fatti in serie, spalline di sottovesti sfuggono sulle spalle nude e talora vizze. Ridono. L'oasi dell'albergo potrebbe essere collocata a Honolulu o sulla Costa Smeralda. Le suggestioni della serata si rassomigliano in eterno: self-service di antipasti con ambigui colori di scatoletta, tre cuochi che riempiono piatti caldi, tutti i clienti in fila scrupolosa, e un'orchestra che suona Violino tzigano, Polvere di stelle e canzoni greche sempre identiche. Otello, almeno tu, vieni a liberarci. ★ * Un gatto nero si trascina tra i fichidindia. Ha la coda più lunga e più spessa del corpo, due occhi da tigre umiliata. Anche lui sa di essere una povera creatura di Cipro, ricordata da nessuno in nessun angolo del mondo. Nella chiesa ortodossa di San Giovanni, dove fu composto il corpo di Makarios, gli affreschi o sono stinti, quasi ammuffiti o appaiono ritinti in colori troppo vividi. I turisti si fanno fotografare accanto al pulpito dell'arcivescovo, impudicamente appoggiano il gomito sul leggìo dove i sacri testi mostrano lo stupendo intrico dei geroglifici neri e rossi. Qualcuno scruta un'icona. Ma è falsa, a stampo. Quella vera sta chiusa dietro una grata. I devoti la consumerebbero a furia di baci. Sulla strada che da Nicosia va all'aeroporto di Larnaca, corrono squarci di desolazione, pianure color pietra pomice, creste di colline pelate. Capre arrancano tra la stoppia. L'asfalto è in frantumi, ogni tanto una jeep mostra il cofano aperto e un soldato che vi fruga alla ricerca del danno. Prima di arrivare a Larnaca si attraversano un paio di villaggi. Oltre le porte spalancate, donne cuciono, bambine arrotolano gomitoli di lana, il battuto del pavimento lascia intuire frescura. Venere è fuggita da qui. E non solo per Cipro è sventura. Giovanni Arpino ccgLtdsgdrfmapvag Truppe d'occupazione turche a Cipro

Persone citate: Bragadin, Greci, Tolomei