Gli handicappati dramma italiano

Gli handicappati dramma italiano —Noi e gli altri Gli handicappati dramma italiano PETER NICHOLS Mi ha impressionato molto, nel racconto d'una giovane signora, il dramma delle persone che vivono fisicamente handicappate in questo bel Paese. Lei ha avuto un maschio poco più di un anno fa che era nato con certi riflessi non coordinati. A quell'età è difficile ovviamente prevedere le conseguenze di questa condizione ma, senza cure, il bimbo avrebbe avuto almeno un piede e una gamba che non funzionassero bene, e probabilmente altre difficoltà. Lei madre rifiutò di accettare fatalisticamente l'idea d'un destino così infelice per suo figlio, lo portò da una specialista a Roma sotto segnalazione del proprio medico di famiglia che aveva (con ragione) una grossa fiducia. Per più di un anno, la madre imparava e applicava una lunga serie di diversi esercizi ginnastici. La fatica in ogni senso era grossa, un tormento 4 volte al giorno pet più di un anno per tutti e due. I risultati però valsero la pena. II bambino ora sta perfettamente bene. L'altro giorno la madre ha subito uno shock. Mentre faceva la spesa col figlio ha sentito un gruppo di bambini Io additavano dicendo: «spastico, mongoloide». Apparentemente il capo gruppo dei bambini aveva udito e ripetuto qualche commento dei suoi genitori perché era ancora troppo giovane per pensare di inventare per se stesso delle cose simili. Rispecchiava probabilmente un punto di vista ancora largamente diffuso: la «diversità» vuol dire quasi una razza diversa: gli «handicappati» sono da tenere religiosamente a casa o — nell'impossibilità di questo — di essere mandati via da casa e nascosti fra le religiose degli istituti privati, se non ad- dirittura nascosti o seppelliti in qualche scantinato. Le spiegazioni di questo approccio sono tante. In testa c'è sempre l'adulazione del Bel Paese per la bellezza fisica (dove si sente altrove questo coro di: «che bell'uomo!» o «che bella donna!»). Anche la situazione legale è credo, sfortunatamente, inflessibile, cioè che, per legge, i membri più stretti della famiglia hanno la piena responsabilità per una persona invalida. Questo indirizzo cerlamente non è molto adatto a stimolare l'interessamento dei veri responsabili, cioè la società come tale. Non vorrei fare complimenti al mio proprio paese (però, una manifestazione d'orgoglio pattriotico qualche volta non è sempre fuori posto) ma mi piace che secondo la legge inglese ogni edificio pubblico dev'essere allestito anche in maniera che gli invalidi non solo mentalmente ma anche fisicamente abbiano un minimo di comodità: ascensori, per esempio, abbastanza grandi per accomodare una sedia a rotelle (quando vedi una sedia a rotelle nelle strade delle città italiane, che non sia di un mendicante professionale?), le toilette adatte, e così via: mi piace che un tipo di hubeas corpus funziona anche per gli invalidi di niente, e cioè un ritardato non può essere chiuso come pazzo ma dev'essere visitato dal medico entro tre giorni e poi a intervalli regolari. E, naturalmente, le cure e la permanenza seno al peso delle autorità locali. Sono regionalista convitilo, so che certe Regioni hanno già fallo dei passi avanti di grande importanza in questo campo dell'assistenza per gli handicappati. Quindi ho fiducia! Speriamo bene.

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