Canada, una letteratura di grandi spazi di Alfredo Venturi

Canada, una letteratura di grandi spazi A COLLOQUIO CON LA SCRITTRICE MARGARET ATWOOD Canada, una letteratura di grandi spazi Milano, 6 settembre. Dai grandi spazi del Canada giungono voci nuove. E' il momento magico, in Italia, della cultura canadese, della letteratura canadese. Si fanno seminari, manifestazioni. Gli editori italiani si disputano le traduzioni. A Bologna è nato un « Centro di studi canadesi ». Autori canadesi sono al centro di una quarantina di tesi di laurea discusse in questi ultimi tempi, o sul punto di esserlo. Centinaia di studenti chiedono borse di studio per il Canada. C'è interesse, curiosità, desiderio di saperne di più. Ecco una delle « voci nuove », la voce di Margaret Atwood, che porta il titolo impegnativo di maggiore scrittrice canadese. In Italia è uscito il suo primo romanzo, La donna da mangiare (Longanesi, 1976): i due successivi, Surfacing e Lady Oracle, seguiranno fra poco. Margaret Atwood parla di una « riscoperta dell'identità culturale canadese », che indica alla base di questo rinnovato interesse internazionale. Una riscoperta, spiega, che si autoproclama in campo letterario prendendo le distanze da una « letteratura nordamericana », di fatto dominata dagli Stati Uniti, di cui il Canada aveva fin qui rappresentato niente più che un capitolo, u Bene, la letteratura canadese non è soltanto un capitolo della letteratura nordamericana; semmai è, con quella, parte del fenomeno generale delle letterature in lingua inglese ». Con una non indifferente presenza francofona. Che cosa distingue la narrativa canadese da quella degli Stati Uniti? Quest'ultima, dice la Atwood, è una letteratura utopica e romantica; la nostra ruota piuttosto attorno al concetto di sopravvivenza, e più di quella si serve dell'ironia. Sopravvivenza, Survival: è il titolo di un saggio (guida tematica alla letteratura canadese) che la Atwood, insegnante di storia e critica letteraria all'Università di Toronto, ha dedicato cinque anni fa al rinascimento culturale canadese in tema di lettere. Ironia: qualcosa di diverso, anche se non estraneo, dalla radice britannica; qualcosa che nasce dal « crogiolo degli spossessati », come lo chiama la scrittrice, dalla mutua influenza delle tante culture europee che hanno fatto il Canada. Cita un poeta del suo paese: « Nessuno deve sentirsi straniero in Canada: qui siamo tutti stranieri ». Sopravvivenza, ironia, e una natura che domina: perché una densità umana relativamente bassa, un decimo della popolazione degli Stati Uniti su una superficie maggiore, fanno del rapporto ucmo-ambiente una relazione di cui altrove s'è perduta la misura, una relazione che è un altro elemen- to specifico di questa cultura ansiosa di manifestarsi, nonostante le difficoltà che le hanno a lungo sbarrato il cammino. E si parla cosi della vigorosa pressione del gigantesco vicino meridionale; più del 95 per cento di ciò che si legge in lingua inglese nelle province canadesi viene dagli Usa. La natura, i grandi spazi, proprio quelli che, imponendo il rapporto fra gli uomini come problema insieme vitale e angoscioso, ha fatto sì che questo paese abbia finito col trovarsi all'avanguardia negli studi sulla comunicazione: e basti pensare a Marshall Mac Luhan. C'è dunque uno specifico della cultura canadese, dice la Atwood, che contribuisce a spiegare l'interesse con cui molti paesi, come l'Italia, guardano a quella direzione. Che nel nostro caso deve qualcosa anche alla folta presenza italiana nel Canada, alla parte dei nostri emigrati nel « crogiolo ». Nessuna meraviglia dunque se si moltiplicano le edizioni, se Bompiani si occupa di Marie Claire Blaise (la scrittrice canadese francofona che vinse il Médicis con la sua Giornata nella vita di Emmanuelle), Mondadori di un'altra « quebecoise », Anne Hebert, mentre Einaudi traduce il poeta Irving Layton, e Guanda prepara due antologie poetiche, una degli autori più recenti, un'altra dalle origini ai nostri giorni. Longanesi, oltre a Margaret Atwood, traduce Léonard Cohen (.11 gioco favorito, Belli e perdenti), e Marga¬ ret Laurence, che vide il suo Zimbello di Dio trasferito sugli schermi (Rachel, Rachel), per la regia dell'esordiente Paul Newman. Un filone che gli editori coltivano con grande interesse, e che assorbe con altrettanta facilità l'attenzione della cultura non strettamente produttiva. Segno che le voci canadesi hanno molto da dire, e che ci parleranno a lungo. Alfredo Venturi II poeta canadese Irving Layton