Il crollo deir«impero» Boussac cioè le colpe della cattiva gestione

Il crollo deir«impero» Boussac cioè le colpe della cattiva gestione LE GROSSE DIFFICOLTÀ DELL'INDUSTRIA TESSILE FRANCESE Il crollo deir«impero» Boussac cioè le colpe della cattiva gestione Era soprannominato il Re Mida, tanto stupefacente la sua capacità di cambiare in oro e di far prosperare qualsiasi cosa su cui mettasse la mano. Oggi l'« impero » di Marcel Boussac sta morendo. E' una tragedia sociale per i 12 mila lavoratori alle sue dipendenze nel Centro e nell'Est della Francia; quest'agonia è anche la fine di un simbolo e di una leggenda. Simbolo di un'epoca e di un tipo di datore di lavoro in via di estinzione: quello dei procacciatori di affari, dei re dell'industria, dei padroni assoluti di un impero di cui essi soli conoscevano le ramificazione. Gli Stati Uniti hanno avuto Henry Ford, Paul Getty; la Francia i tre « Marcel »: Marcel Beghin, Marcel Dassault e Marcel Boussac. La leggenda ha invece origine dopo la prima guerra mondiale quando questo tiglio di un industriale di Chaleauroux, acquistati a buon prezzo avanzi di materiale delle armate alleate, avvia un'industria cotoniera che diventerà il pernio dei suoi affari. Nel 1925 Io si diceva già multimilionario in franchi oro. La crisi degli Anni 30 invece di indebolirlo lo rinforza e così egli continua ad acquistare fabbriche di tessili in difficoltà. Dopo la seconda guerra mondiale finanzia Christian Dior che lancia il « new look » e le sue gonne a ruota a vantaggio delle fabbriche del gruppo. La banca, gli elettrodomestici (Bendix), la stampa — è proprietario di « L'Aurore » e di « Paris-Turf » — tutto riesce a questo prodigioso uomo d'affari. Continua la sua ascesa, solo rifiutando di cedere anche un solo pollice della sua potenza, fino all'estremo limite delle sue forze. Alla fine degli Anni 60 Marcel Boussac ha superato gli ottant'anni, il suo gruppo ha 15 mila dipendenti suddivisi in un centinaio di società diverse — tessili, finanziarie, immobiliari e di partecipazione — raggruppate attorno a due società guida. In esse tufo fa capo a lui: benché, indebolito per l'età, incapace di governare da solo questa galassia, egli non si rende conto che è venuto il tempo di cedere le redini. Da questo momento « l'affare Boussac » affiora periodicamente sui giornali; le soluzioni miracolo si succedono senza che alcuna abbia valore definitivo, è l'inizio del crollo. La lista delle cose non fatte è lunga. Nel febbraio 70 Boussac e Jean Prouvost annunziano di voler coordinare le loro attività, ma non se ne fa nulla. Alcuni mesi dopo Boussac affida a Jacques Brunet, ex governatore delli Banca di Francia, l'ideazione di un piano di rinnovamento, che non viene mai applicato. Nel gennaio del '71 il re del cotone si rivolge all'I.D.I., diretto da Maurice Schloegel, per risanare la situazione iel suo gruppo. Questi domanda i pieni poteri, Boussac preferisce disfarsi della sua partecipazione nei profumi Dior e resta alla testa dei propri affari. Nell'aprile '74 iniziano negoziati, senza seguito, con il gruppo Courtaulds. Nel dicembre dello stesso anno Boussac affida la direzione degli affari a Claude-Alain Sarre, giovane manager che aveva dato buona prova alla testa dei lanifìci di Roubaix. Si crede che infine il problema sia risolto. Non è così; nell'aprile '75 Boussac si ritira clamorosamente e passa la mano al nipote JeanClaude. Dopo otto mesi di intense trattative un piano di salvataggio è messo a punto. Con l'apporto di importanti fondi di Boussac (150 milioni di franchi), della finanza pubblica (80 milioni) e delle banche (40 milioni) il gruppo è riportato a galla. Jean-Claude Boussac si dice sicuro di uscire dalle secche in tre anni. Diciotto mesi più tardi si è di nuovo al punto di prima: le casse sono vuote, la cifra degli affari precipita, i debiti si accumulano: fornitori, contributi della sicurezza sociale, fìsco non sono stati soddisfatti da parecchi mesi e non si sa come provvedere alle successive scadenze. I lavoratori, stanchi delle promesse non mantenute, sequestrano per parecchie ore Jean-Claude Boussac in uno dei suoi stabilimenti nei Vosgi. E' Io scandalo nella zona dove nessuno avrebbe mai potuto immaginare « t//i Boussac maltrattato dalla sua gente». La società continua a sgretolarsi, tutti lo ammettono, ma è sulla causa di questa erosione che i pareri differiscono. Secondo la direzione soltanto la crisi del mercato tessile, il rialzo delle materie prime e la lentezza dei poteri pubblici a tener fede ai loro impegni possono spiegare la situazione. Dice Jean-Claude Boussac: « Il piano di risanamento è stato rispettato ». Ciò è vero ma soltanto in parte. Certamente la congiuntura non ha facilitato le cose; ma il piano comportava quattro punti chiave: riduzione del personale (20 per cento circa del totale) ; importanti investimenti p~r modernizzare gli stabilimenti e ricon¬ vertirne una parte; lancio di nuovi prodotti caratterizzati da un valore aggiunto più importante; infine liquidazione progressiva degli enormi stocks assurdamente pesanti sulla cassa patrimoniale. Se i due primi punti sono stati realizzati compiutamente o quasi, lo stesso non è accaduto per gli altri due. I nuovi 'prodotti dovevano consentire al gruppo di rialzare la cifra degli affari che invece non ha cessato di diminuire dopo i primi mesi del '77, tanto che è stato necessario riprendere la produzione di vecchi articoli, abbandonati qualche mese prima perché non sufficientemente rimunerativi, per mantenere gli stabilimenti in attività. Per quanto riguarda gli stocks è vero che una parte importante delle vecchie giacenze è stata liquidata, ma essi rappresentavano sempre, alla fine del '76, qualcosa come 480 milioni di franchi e cioè poco meno che un anno prima. Come si spiega tutto ciò? Se si scarta l'ipotesi di una sopravvalutazione degli stocks per far apparire meno gravi le perdite del gruppo (nel '76 ufficialmente 65 milioni di franchi) ciò vuol dire che si è ripreso ad accumulare prodotti nuovi che non si vendono. Fallito in campo commerciale, il piano di risanamento lo è pure in campo finanziario. Tutti i fondi promessi sono stati immessi nell'azienda, complessivamente 250 milioni di franchi nel volgere di due anni. La realizzazione degli investimenti previsti ha assorbito più di un centinaio di milioni. E il resto? « Il gruppo dilapida in media ogni anno 80 milioni di franchi », dichiara un dirigente. 11 fatto è che restano solo debiti. Gli stessi terreni, le sedi sociali, le officine sono coperti di ipoteche. Restano alcuni negozi per i saldi, una casa privata in strada « des petits champs ». poca cosa rispetto alla ricchezza immobiliare del passato. Il fatto è che oltre la mancanza di investi¬ menti e di dinamismo commerciale il gruppo soffre soprattutto delle strutture di gestione centralizzate, imprigionate, imbrogliate, vittime dei metodi quasi monarchici di Marcel Boussac. Non era certamente facile modificare tale situazione in un giorno. Per prima cosa sarebbe stato necessario volerlo fare e, per farlo, bisognava creare una solida équipe di direzione. Sembra che JeanClaude Boussac si sia dimostrato degno nipote di suo zio. La differenza è che lo zio aveva saputo per lungo tempo condurre da solo il suo gruppo evitando gli scogli. Aveva saputo anche dar vita a uno spirito di corpo eccezionale: che si appartenesse alla base o al vertice si era un « Boussac » e lo si rimaneva per tutta la vita. I sindacati dei Vosgi si strappano i capelli quando sentono gli operai inquieti per il loro avvenire sospirare: « Con il signor Marcel non saremmo arrivati a questo punto ». Di questo spirito di corpo non rimane più niente. Le fughe dei dirigenti si sono moltiplicate, pochi se la sentono di difendere il « nipote del signor Marcel ». Ci si stupisce del suo tenore di vita; si dice che possieda uno yacht, un appartamento a due piani in una delle strade più care di Parigi, un aereo, mentre il suo stipendio non supera i 500 mila franchi all'anno, ci si scandalizza dei processi e degli antecedenti delle persone che lo circondano. La recente condanna del suo braccio destro Noyal da parte della Corte di Appello del Tribunale di Rennes a un'ammenda di 300 mila franchi per la sua attività nel posto di lavoro che occupava prima di entrare nel gruppo ha fatto l'effetto di un'autentica bomba. E' detto nella sentenza: « Gli può essere rimproverato di essersi prestato a certi maneggi del presidente direttore generale che ha applicato dei prezzi di vendita inferiori ai reali costi e che ha accettato per interesse personale... dei ritardi nel pagamento di importanti fatture... E' stato anche accertato che egli ha... presentato delle note spese di rappresentanza eccessive in rapporto alla situazione e alle possibilità della società ». Circolano voci; c'è da sperare che non siano fondate, tuttavia sono la testimonianza della profonda degradazione di un impero industriale le cui crepe, invece di saldarsi, ogni settimana si allargano un poco di più. « Salvare Boussac? ». Non ci si crede più. A meno che « il signor Marcel » non sacrifichi ancora una volta una parte della sua fortuna personale, già molto decurtata, per conservare in vita a qualsiasi costo ciò che resta del suo colosso. Capitalista da leggenda, da sette anni a questa patte egli ha « regalato » più di 600 milioi. di franchi alla cassa del suo gruppo, una trasfusione che rischia di non essere sufficiente per salvare il malato. Véronique Maurus \ ^^'^ ^^^^^^^^^^ •* \W * $é II , i (MB 10 ; * #' il uAltiM

Persone citate: Christian Dior, Henry Ford, Jacques Brunet, Jean Prouvost, Marcel Beghin, Marcel Boussac, Marcel Dassault, Maurice Schloegel, Paul Getty

Luoghi citati: Francia, Parigi, Stati Uniti