La corsa ha rischiato di essere mandata in frantumi dai molti "casi,, di doping

La corsa ha rischiato di essere mandata in frantumi dai molti "casi,, di doping La corsa ha rischiato di essere mandata in frantumi dai molti "casi,, di doping Thewenet ha vìnto un "piccolo,, Tour Deve cambiare formula se vuole sopravvivere Oltre a Zoetemelk, trovati "positivi" Ocana, Menendez, Agostinho e Mendes (si temeva di peggio) - Levitan polemico per i controlli - Gli ultimi successi a Thurau (cronom.) ed a Meslet La corsa in cifre Dicevano gli organizzatori: «E* il Tour a far grandi i campioni, non sono i campioni a far grande il Tour ». Un tempo forse era vero, ma adesso non lo è più. Un Giro di Francia sema gli italiani Moser e Gimondi, senza ì belgi Maertens e De Vlaeminck (e aggiungiamoci pure Pollentier, ormai lo merita) è una corsa che sta in piedi per miracolo. Un castello di carta, che solo un grosso exploit di Eddy Merckx poteva nobilitare. Ma Merckx, anche se ostinatamente continua a prendere a calci il suo viale del tramonto («ci sarò anche l'anno prossimo», ha detto) non è più Merckx, e si sapeva. Una volta vinceva senza dar l'impressione di soffrire, adesso soffre e non vince più. Così il Tour, corsa leggendaria che ricorda epici duelli, deve accontentarsi della sfida tra un francese che fuori dai confini ha vinto ben poco (Thevenet) ed un olandese che è stato campione E' indispensabile to rnare alle «nazionali del mondo ma che non è mai stato campione vero (Kuiper). Trionfa Thevenet, Parigi lo acclama, com'è logico (anche gli italiani acclamarono Bertoglio, quasi lo sospinsero con il loro tifo fino in cima allo Stelvio, eppure quello del '75 non fu un grande Giro). Ha vinto Thevenet ma il Tour ha perso. Aveva già perso in partenza. Perché? Perché l'«élite» del ciclismo non si lascia più affascinare dalla maglia gialla? Perché il Tour, la più grande corsa a tappe del mondo, rischia ogni anno di più di trasformarsi in una corsetta? I motivi sono parecchi. Innanzitutto, il calendario. Il Tour si disputa in un periodo in cui i corridori italiani e belgi sono stanchi: una volta il « doping » era permesso, ora i campioni sanno che se sbagliano pagano e che alla stanchezza non c'è più rimedio; quindi andare in Francia a corto di » - Giro d'Europa: se benzina significa figuraccia sicura. Teofilo Sanson disse dopo il Giro: « Il Tour mi costa trenta milioni. Per andarci, vorrei qualche garanzia ». Il calendario è sempre più pieno, i corridori non sono dei « robot » e devono fare delle scelte: Merckx riusciva a vincere Giro e Tour nello stesso anno, ma era Merckx, era il « campionissimo », l'unico ad aver meritato questo appellativo dopo Fausto Coppi. Merckx non può ancora essere un termine di paragone per nessuno, dietro di lui non c'è il vuoto, ma sicuramente non c'è neppure un altro Merckx. Un altro motivo: la « guerra» che Torriani e Levitan continuano a farsi, per accaparrarsi i corridori più forti. I francesi non vengono in Italia, gli italiani non vanno in Francia, i belgi sono praticamente all'asta, vanno dove conviene di più (e Torriani è bravissimo a far ne parla, si farà? pendere l'ago della bilancia dalla sua parte). In sostanza, passare quasi tutto il mese di luglio in bicicletta sotto il sole (magari scalando i Pirenei, e poi le Alpi) non costituisce affatto una calamita, specie per chi è dal mese di febbraio che corre quasi senza interruzione. Così il Tour vede pochi corridori alla partenza e pochissimi all'arrivo, anche se il traguardo è ai Campi Elisi. E allora? Allora per andare avanti bisogna tornare indietro: bisogna tornare alla formula delle squadre « nazionali », senza dover sottostare alle decisioni (od ai capricci) dei corridori e delle Case pubblicitarie. Dicono Levitan e Goddet: « Verrebbe a costare troppo ». Ma aggiungono: « Si potrebbe fare, però bisognerebbe fondere Giro e Tour in una sola grande corsa a tappe europea ». Certo sarebbe un'ottima idea. Tutti ne sembrano convinti, anche Torriani, eppure se ne parla e basta. Perché? Mentre italiani e belgi erano impegnati a raccogliere soldi in « kermesses » a pagamento, comunque, in Francia si è corso davvero, ed è stata una grossa fatica per tutti (levatacce all'alba, trasferimenti, due tappe nello stesso giorno, salite dure e grossi distacchi). Una grande corsa per piccoli corridori, verrebbe voglia di dire, se ciò non suonasse come offesa per Thevenet, che ha vinto senza rubare nulla a nessuno. E' stato il Tour che ha rivelato Thurau, un giovane che vale; ma è stato soprattutto U Tour che ha segnato il declino (ormai forse definitivo) di Merckx. Eddy aveva puntato tutto su questa corsa: voleva vincerla per la sesta volta, voleva il trionfo e il record; voleva soprattutto prendersi la rivincita proprio su Thevenet, che due anni fa lo aveva sorprendentemente battuto. Ha fallito ancora, il vecchio Eddy, anche per colpa di un mal di pancia che lo ha, fatto soffrire come mai, forse, aveva sofferto. Ha voluto arrivare ugualmente al traguardo, anche se ormai quello di Parigi per lui era un traguardo amaro. Ha detto: « Non voglio finire la carriera così, l'anno prossimo ci sarò di nuovo ». Potrebbe godersi i due miliardi che ha guadagnato nella sua carriera, e invece lancia ancora una volta la sfida. E' stato il Tour di Thevenet, ma è stato soprattutto il Tour della sconfitta di Eddy Merckx, «campionissimo» che non si rassegna. Neppure di fronte all'evidenza, forse. Maurizio Caravella Parigi. Il Tour sta per c (Nostro servizio particolare) Parigi, 24 luglio. A due anni di distanza Bernard Thevenet è risalito sul podio di un Tour che se non ha entusiasmato nella sua fase iniziale ha offerto alla distanza, in particolare negli ultimi dieci giorni, l'opportunità per recuperare e superare le più allettanti prospettive che la « Grande Boucle » poteva offrire. Ma se sotto un profilo sportivo la corsa ed il risultato hanno soddisfatto, come non soffermarsi — purtroppo — sulla vicenda che ha rischiato di mandare tutto in frantumi? Ieri sera e questa mattina, in effetti, a conferma delle anticipazioni alle quali ci eravamo riferiti sino da ieri si sono vissute ore drammatiche. Il «patron» del Tour, Felix Levitan, lasciando da parte la sua tradizionale freddezza e diplomazia perdeva le staffe: «sparava» duro dapprima nei confronti di Geminiani, che era stato il più accanito nel sostenere che una serie di controlli antidoping positivi era sul punto di sovvertire letteralmente il risultato del giro di Francia (si diceva che erano in nove gli incriminati) e poi con le norme che vigono nel ciclismo: « Il solo sport — proclamava Levitan — che accetta una discriminazione grave. Calcio, automobilismo, rugby, equitazione svolgono la loro attività senza imporsi mortificazioni che danneggiano chi la pratica e chi vi realizza le sue maggiori organizzazioni ». Se Thevenet era fuori dalla « lista nera » c'erano invece — si diceva — Thurau, Kuiper e Knetemann. Alla resa oncludersi sul magnifico scenarlo dei Campi Elisi con il trionf gerito una certa qualità di stimolante. Evidentemente non era nella lista proibita, quel prodotto. Ne usarono anch'essi ed ora si trovano tutti nei guai (in particolare Agostinho, con una vittoria di tappa annullata, quella di St-Etienne). Si temeva l'uragano, è solamente piovuto. Meglio così? Certo, ma non è in questa dei conti, fortunatamente, dei nove che ci si aspettava ne sono rimasti quattro: due spagnoli, Ocana e Menendez e due portoghesi, Agostinho e Mendes. I « poverini » sono caduti in una ben banale trappola: il loro comune amico Melerò, esaminato dopo la conclusione della quinta tappa, venne giudicato « negativo » e confidò di aver in¬ PRIMA SEMITAPPA (a cronometro): 1) Thurau (Ger. Occ), 6 km in 7'52"10, media km 45,753; 2) Knetemann (Ol) a 3"; 3) Thevenet (Fr) s.t.; 4) Merckx (Bel) a 9"; 5) Bruyere (Bel) a 11"; 6) Zoetemelk (OI) s.t.; 7) Van Impe (Bel) a 16"; 8) Kuiper (Ol) a 18"; 9) Cima (Sp) s.t.; 10) Pronk (Ol) a 19". SECONDA SEMITAPPA (in linea): 1) Meslet (Fr), km 90,700 in 2 ore 09'0-1"; 2) Karstens (Ol) a 49"; 3) Kobau (Gb) a 54"; 4) Sibille (Fr); 5) Merckx (Bel); 6) Eclassan (Fr); 7) Seznec (Fr); 8) Le Denmat (Fr); 9) Villemiane (Fr); 10) Kuiper (Ol). Segue il gruppo, col tempo di Hoban. CLASSIFICA FINALE 1) Thevenet (Fr), 115 ore 38'30". 2) Kuiper (Ol) a 48". 3) Van Impe (Bel) a 3'32". 4) Galdos (Sp) a 7'45". 5) Thurau (Ger. Occ) a 12'24". 6) Merckx (Bel) a 12'38". 7) Laurent (Fr) a 17'42". 8) Zoetemelk (Ol) a 19'22". 9) Delisle (Fr) a 21'32". 10) Meslet (Fr) a 27'31". 38) Cavalcanti (It) a 1 ora 33'07". 39) Santambrogio (It) a 1 ora 34'29". o di Thevenet (Telefoto) maniera che si manda avanti il ciclismo. Restiamo al Tour, comunque. Era incominciato in maniera sbagliata per gli organizzatori che avevano impostato un percorso irrazionale, s'è rifatto bene nonostante la situazione scabrosa che s'è vissuta nell'ambiente per la questione dell'antidoping. La vittoria di Thevenet è quella della regolarità nell'eccellenza, illustrata dall'affermazione nella cronometro di Digione. Il secondo posto di Kuiper è la prova della classe di un corridore in continuo progresso, i piazzamenti di Van Impe e Zoetemelk sono il segno di delusioni di varia portata, quello di Galdos una conferma che vale, il comportamento di Merckx ha fatto apprezzare in lui più l'uomo del campione: ma il vero protagonista dell'anno è lui, Thurau. Ha indossato la maglia gialla in 19 episodi ed ha vinto cinque tappe, l'ultima stamane a cronometro sui Campi Elisi davanti a Knetemann ed a Thevenet, che aggiungeva altri 12" al suo margine su Kuiper. Nel circuito finale, avversato dalla pioggia, una caduta di Thevenet ha sollevato una piccola emozione, alla fine ha vinto bene il giovane francesine Meslet per distacco. La Francia ha esultato con Thevenet in giallo per la maglia fattagli indossare dal sindaco Chirac. Gli italiani? Santambrogio è stato superiore ad ogni attesa, ha vinto una tappa ed è finito secondo nella classifica a punti. Complimenti. Cesare Diaz