Per l'economia è il momento di "riconvertire" i politici di Giuseppe Galasso

Per l'economia è il momento di "riconvertire" i politici Dopo anni di promesse mancate per il Meridione Per l'economia è il momento di "riconvertire" i politici Dal discorso di Berlinguer il 3 luglio a Potenza all'agitazione calabrese per Gioia Tauro, culminata nello sciopero regionale di mercoledì; dalle discussioni napoletane sull'Italsidcr ai timori irpini per Grottaminarda; dalle indiscrezioni circa la sorte degli impianti chimici già sorti o da far sorgere in Puglia e Lucania al convegno sul Mezzogiorno organizzato dalla de: non si può dire che la settimana scorsa sia stata priva di note di cronaca sul piano meridionalistico. Si ha, però, l'impressione che alla vivacità della cronaca non corrisponda l'avvio reale ad un piano o ad un intervento a scadenza più o meno diretta e immediata e con probabilità di effettiva incidenza. Il discorso di Berlinguer a Potenza è stato un'attestazione d'interesse da non potersi sottovalutare, ma, quanto ad indicazioni operative, siamo sempre al punto di partenza. Anzi, è tornata nel discorso di Berlinguer con molta forza la riaffermazione che il « fronte Nord » dell'economia e della società italiana non si tocca; non solo dal punto di vista dell'occupazione (il che è giusto) , ma anche dal punto di vista dei livelli e dei vantaggi contrattuali acquisiti (il che, riferito allo stato attuale, pure è giusto, ma, se è riferito ad una linea di tendenza da mantenere immutata anche nel futuro in tutta la sua forza divaricante rispetto all'accumulazione di risorse necessarie per il Mezzogiorno, non può non lasciare perplessi). Per Bagnoli siamo in pieno regime d'alienazione. Qualche anno fa lo stabilimento perdeva una trentina di miliardi. Oggi siamo sugli ottanta. La società parlava di ripianare lo sbilancio con un ampliamento della fabbrica e con un investimento di non piti di sedici o diciassette miliardi. Qualche ampliamento e qualche investimento saranno necessari ora per venire a capo di un deficit quasi triplicato? La Calabria, a sua volta, non può consolarsi neppure con l'italica certezza che, di riffa o di rafia, qualcosa si finirà per collocare nella piana di Gioia: Andrcotti e Tiri hanno dato assicurazioni in proposito. Ma sarà una nuova impresa rachitica, precaria, senza prospettive di successiva accelerazione, sarà solo una parte dei 7.500 posti promessi all'epoca dei moti di Reggio, e sarà una parte la cui salvaguardia dovrà essere strappata coi denti E non ha un sapore più che ironico il fatto che, mentre i sindacati stringono a Torino l'accordo contrattuale con la Fiat e ne ottengono l'impegno solito a nuovi investimenti nel Sud, contemporaneamente sembra sfumare l'investimento per il nuovo impianto automobilistico a Grottaminarda? Quanto, infine, al convegno della de, esso ha richiamato efficacemente — per bocca di De Mita, di Scotti e di altri — alla impossibilità di operare seriamente per il Sud senza considerare unitariamente i problemi del sistema produttivo nazionale. Ma non e certo per una scoperta del genere che valeva la pena di tenere, oggi poi!, un convegno sul Mezzogiorno del maggiore partito italiano. Così abbiamo una serie di proclamazioni, secondo cui il lavoro che c'è non si tocca (anche se apre falle paurose nella disponibilità delle risorse), il lavoro che non c'è va assicurato secondo gli impegni passati e recenti che egualmente non si toccano (anche se di essi non si è visto e non si vede un inizio di realizzazione eITcttiva o soddisfacente). E allora? Allora è forse giunto il momento in cui uno dei tanti organi competenti e concorrenti nel definire l'intervento pubblico nel Mezzogiorno prenda in mano l'intero problema dei grandi impianti in crisi, dei grandi impianti promessi e non avviati o solo parzialmente avviati a realizzazione, dei maggiori progetti d'altro settore che si trovano nelle stesse condizioni, e, con nuova e maggiore autorevolezza e con procedure di decisione che garantiscano tutte le partecipazioni necessarie, stabilisca chiaramente che cosa dev'essere salvato e che cosa dev'essere toccato. E' forse giunto il momento, cioè, di riconvertire, prima del¬ l'economia, le decisioni di chi la pilota, la governa e la condiziona. Una volta operata rapidamente questa ridelinizione generale e simultanea degli impegni maggiori, anche in rapporto con tutti gli altri impegni a qualsiasi livello e titolo sul piano nazionale, si potrebbe altrettanto rapidamente passare ad una riscoperta e ad un recupero degli interventi minori, nell'industria e fuori di essa, che possano surrogare o assorbire le fonti di lavoro ora in crisi o inoperanti ed avviare un processo di estensione dell'occupazione graduale, ma con scadenze definite e ragionevoli. Nella logica di un intervento unitario, gestito, così, sul piano e con coordinamento nazionale, emergerebbero anche le linee che sono suggerite dalla realtà attuale delle risorse del Paese e che non si capisce perché né in sede politica né in sede sindacale si vuole accettare col realismo indispensabile: politica idrau lieo-montana invece che grande viabilità; restauro degli edifici pubblici invece che investimenti industriali di prò blematica riuscita; i soldi delle grandi dighe andrebbero direttamente all'agricoltura. II ministro che coordina l'in tervenlo straordinario nel Mezzogiorno non dovrebbe, del resto, essere considerato, per compito di istituto, come il naturale titolare di una tale terapia di urgenza? Giuseppe Galasso

Persone citate: Berlinguer, De Mita

Luoghi citati: Calabria, Gioia Tauro, Grottaminarda, Lucania, Potenza, Puglia, Reggio, Torino