La pasta costerà più cara ma forse meno del temuto di Emilio Pucci

La pasta costerà più cara ma forse meno del temuto Braccio di ferro tra industriali e governo La pasta costerà più cara ma forse meno del temuto Le industrie chiedono 100-120 lire in più il chilo; il Cip sembra al massimo disposto ad allineare i prezzi sui livelli più alti, cioè le 540 lire il chilo che già oggi fanno pagare Balilla e Buitoni Roma, 25 agosto. «Il prezzo della pasta deve aumentare», sostengono i produttori che oggi hanno organizzato ima conferenza stampa per chiarire i motivi delle loro pressioni. Ma di quanto dovrebbero rincarare gli spaghetti? «Noi non chiediamo — ha risposto il presidente dell'Unione pastai, Giuseppe Menconi — un aumento uguale per tutti, in guanto le 360 aziende del settore dislocate in tutta Italia hanno costi di lavoro e di distribuzione differenti». Ma ci sarà un modo per regolarsi? «Diciamo allora — ha replicato Bruno Buitoni, titolare della Ibp di Perugia — che l'aumento dovrebbe oscillare mediamente tra le 100 e le 120 lire il chilo». I pastai sono molto arrabbiati con il Comitato dei prezzi (Cip) e con il ministero dell'Industria che finora hanno bloccato tutte le richieste di rincari, anche di quelli riconosciuti legittimi dai Comitati provinciali dei prezzi. A quanto si è appreso questa sera, il Cip ha avuto disposizioni dal governo di non concedere aumenti; al massimo, potrà acconsentire che i prezzi della pasta, diversi da una marca all'altra, siano tutti livellati al prezzo più alto, 540 lire il chilo, attualmente riconosciuto ai maggiori produttori (Barilla, Buitoni, eccetera). II segnale della battaglia si è avvertito anche nel lungo sfogo di Menconi sugli squilibri di gestione: il prezzo della semola (la materia prima, ndr) è salito in un anno del 27 per cento (da 24 a 31 mila lire il quintale); i costi del lavoro, del 30-35 per cento; le spese per l'energia elettrica e termica, del 35-40 per cento; gli altri costi fissi (materiali, spese generali) del 20 per cento. «Se questa situazione insostenibile non si sblocca — ha ammonito il presidente dell'Unione pastai — il settore verrà distrutto ». «Si facciano i conti ai pastai — ha aggiunto Menconi — ma una volta riconosciuta la realtà si proceda secondo la legge e si lascino vivere le imprese. Il nostro dovere è quello di rifornire il mercato, continueremo a farlo ricorrendo ad ogni mezzo possibile e in piena legittimità. Ma chi si farà carico dei danni irreparabili che saranno inferii ad un settore che in questo modo giungerà alla paralisi?». Per scongiurare il pericolo. gli industriali della pasta suggeriscono di liberalizzare il prezzo del prodotto, sulla scia di quanto deciso recentemente per i prodotti petroliferi minori. Quella della pasta è una storia che da molti anni si ripete con esasperante monotonia ad ogni fine estate. Quest'anno, oltretutto, la scarsezza del nostro raccolto di cereali (circa il 40 per cento in meno delle necessità per produrre la pasta) esaspera il problema. Bisogna infatti ricorrere necessariamente all'importazione. Sui mercati mondiali il grano duro c'è in abbondanza, ma si compra ad un prezzo sempre più alto, senza sconti. In passato, l'Aima (l'istituto ministeriale per gli interventi sui mercati agricoli) forniva ai pastifici grano duro a prezzo agevolato. Ora la manovra non potrà più essere ripetuta, in quanto la Comunità europea ha deciso che gli organismi di intervento debbono vendere i prodotti a prezzi di mercato. L'asta dell'Aima del 2 agosto scorso ha assegnato soltanto 275.474 quintali di grando sul milione di quintali offerto, poiché ha ritenuto valide solo le offerte superiori alle 23 mila lire il quintale. Il grano estero costa addirittura 28.500 lire il quintale, contro le 21-23 mila lire della precedente stagione. Emilio Pucci

Persone citate: Barilla, Bruno Buitoni, Giuseppe Menconi, Menconi

Luoghi citati: Italia, Perugia, Roma